Creato da traggogolone il 14/11/2012

Ada vede

Punti di domanda e qualche risposta su di noi e la società, con un pizzico di umorismo

Messaggi di Maggio 2016

COS'E' IL FOCUSING

Dopo il terzo incontro conoscitivo-esperienziale sul Focusing, mi sento in grado di raccontare/trascrivere qualcosa a proposito di questa chiamiamola tecnica, che ultimamente va molto di moda, ma, all'atto pratico se ne capisce poco..

Premetto che ho già fatto 2 incontri con Laura T., la quale ha proposto un percorso basato su 3 incontri successivi a cadenza settimanale, e ieri ne ho fatto uno anche con Claudia D., che è stata molto più chiara, per cui ora mi sento in grado di riversare questo piccolo sapere, a beneficio di chi voglia leggerne/saperne qualcosina.

La premessa è che, un po' tutti noi, ci siamo allontanati dal nostro sentire corporeo, siamo un po' tutti “nella mente” oppure, per dirla con un'immagine più easy: siamo delle menti che camminano.. focusing

Dunque il focusing ci aiuta a metterci in contatto con il corpo. Come?

Ecco in breve la tecnica:

Prima di tutto ci si mette in un luogo tranquillo, senza telefono e rumori.

A questo punto occorre farsi una domanda, rivolgerla a sé stessi, dentro. Tipo: com'è la mia vita ora? Oppure, dato che parliamo di una tecnica che agisce bene sulle situazioni congiunturali, potrei chiedermi: come mi sento in questo nuovo lavoro? Oppure, come mi sento dopo il litigio con Giovanna?.., ecc.

A questo punto, a occhi chiusi, ascoltando il proprio respiro, si aspetta che arrivi il cosiddetto “FELT SENSE” , cioè la sensazione pregnante che in qualche modo il corpo lega alla domanda che gli abbiamo posto.

Questa sensazione ci può mettere un po' ad arrivare, ma bisogna avere pazienza, anche perché questa del Focusing è veramente un tecnica molto sottile.

Quando ci arriva la sensazione chiave, io provo a trovare una parola o una immagine che possa corrispondergli.

Poi cerco di mettere insieme le due cose, di associarle: la sensazione e l'immagine o parola che sia.

Se la sensazione si amplifica o se ne va, abbiamo trovato la strada giusta, era quello che cercavamo.

Altrimenti, se non c'è alcun input di ritorno, dobbiamo raffrontare alla sensazione iniziale un'altra parola o immagine, da cercare.

Se la parola o immagine è corretta, succede che la sensazione iniziale cambia (FELT SHIFT),

e quando cambia, cambia di seguito anche la consapevolezza del problema e noi abbiamo una risposta!

E la risposta del corpo non mente! A differenza della mente..

Quando poi decidiamo che, per ora, la nostra sessione di lavoro col focusing è terminata, salutiamo la sensazione, o quella parte di noi stessi su cui avevamo lavorato.

Possiamo anche riporre le cose in un luogo simbolico a cui tornare, che abbiamo creato nel frattempo, tipo un cassetto arancione nella nostra mente che sappiamo solo noi come e quando ritrovare ed aprire.

Concludendo, è possibile fare anche degli scambi tra due persone col focusing, un po' come lo si fa col reiki, anche se qui la persona che accompagna non deve fare molto, a parte far sentire protetto e ascoltato chi focalizza.

Concludendo, il Focusing aumenta la consapevolezza di come viviamo le situazioni della nostra vita e, aggiungo io: se il corpo è aperto, rilassato e disponibile, per esempio dopo una seduta di ginnastica dolce o di bioenergetica, i segnali che da esso ci arrivano sono molto più chiari e facilmente leggibili.

Buon lavoro su voi stessi!

Trag

 
 
 

Mostrare le carte

Delle volte mi capita di guardare questo genere di film sul tubo  e mi pongo qualche domanda, dato che non è mai un caso che ci siano un certo tipo di “proposte mediatiche” , nell’aria.
In altre parole, ritengo che non ci sia mai nulla ad Hollywood (e dintorni) che non abbia il compito, sottile, di veicolare un qualche altro messaggio alle persone oltre a quello evidente, quello in primo piano, che spesso coincide solo con il mero intrattenimento.
il Fuoco della Vendetta - filmIl film in questione come molti altri prima ( e altri lo seguiranno ), mette in evidenza tutto il lato più duro della vita, in cui, in fondo, sei da solo, e l’unica scelta che hai è quella di trovare delle risorse dentro di te (se ci riesci), o altrimenti morire come un cane, perché la società, per come è strutturata - le istituzioni stesse che presiedono alla società - non ti aiutano, ma anzi ti vogliono seppellire.
Letteralmente.
Ho vissuto negli Stati Uniti circa nove mesi, ormai tra i lontani anni ‘97 e ‘98, vi ho lavorato (per caso più che per scelta) e già allora il sentore di un sistema così “configurato”, mi appariva piuttosto evidente: ricordo un uomo sulla cinquantina che veniva a giorni alterni nell’albergo in cui facevo il receptionist, e mi chiedeva sempre gentilmente se poteva utilizzare il telefono dell’hotel per chiamare la famiglia e gli amici, ed evitare così di farlo in strada, col rumore del traffico.
Dopo un pò di volte che era venuto, scambiammo quattro chiacchiere: mi raccontò che faceva un lavoro normale, tipo l’impiegato, poi un giorno s’era ammalato, aveva dovuto permanere un buon paio di mesi in clinica e, a seguito di questo evento, aveva perso il lavoro e gli ultimi soldi che aveva.
Così era finito in strada.
Come lui, ricordo una America piena zeppa di homeless, dato che oltre a San Francisco, ho visto, viaggiando in pulmann, parecchie altre città degli Stati Uniti.
Ancora, c’era una donna di colore su una sedia a rotelle, avrà avuto trentacinque anni, che tutte le notti si metteva in terra, dall’altra parte di Market Street rispetto al mio albergo, issandosi sui braccioli della sedia da sola, per adagiarsi poi sul marciapiede e trovare una qualche condizione possibile per dormire.
Ma, tornando a bomba: è quasi che questi film, di cui parlavo, mitizzino in qualche modo la condizione dell’uomo che riesce a sopravvivere in un sistema divenuto nel frattempo inadatto alla vita.
Ad una vita normale, dignitosa.
E’ molto probabile che qui si voglia far riemergere, volutamente, il solito “tema saturniano” (mai sopito e sempre ben occultato), dell’uomo che, sulla croce che gli spetta, deve sopportare il proprio supplizio, per riuscire a venire a capo delle carni, dei suoi desideri, degli scompensi e delle colpe delle carni, sicchè possa finalmente riuscire a far emergere, in sè, lo spirito rivelato e rivelatore della Verità.
(La carta 16 dei Tarocchi parla un pò di questo, può essere uno spunto di approfondimento ulteriore.)
Se è questo, per l’uomo contemporaneo (come credo che sia), lo scopo ultimo portato avanti dalle elite mondialiste, nell’applicazione sistematica dei loro “protocolli”, a tutti i livelli del vivere umano, io credo che forse sia venuta l’ora di tirar giù la maschera, aprire il sipario, e dichiarare apertamente le ragioni celate del “gioco”.

 

 
 
 

Storielletta & Riflessioncine sulla Morte

Post n°55 pubblicato il 02 Maggio 2016 da traggogolone
 

Una storielletta e qualche riflessioncina sulla morte

Tarda mattinata di un giugno caldo  e appiccicoso.
M’ero appena staccato dalla bara di mio zio, nella sala della camera ardente, e m’incamminavo per raggiungere il gruppetto compatto di parenti che stavano andando, mogi, verso il cancello principale. 
Non m’ero accorto che una zia, di non so chi, una vecchia megera incartapecorita, con veletta nera, s’era staccata dopo di me dal feretro e da dietro mi fa:”Francesco, bisogna far chiudere subito la bara col coperchio.. con questo caldo!”piazza della morte
Lì per lì ho pensato che la zia dovesse avere un valido motivo per dire una cosa del genere: cos’è? Lo odiava a tal punto, quel mio povero zio, che non voleva manco concedergli qualche altro minuto a contatto con la realtà terrena?
“Adesso, lo dico a papà..”, le riferii, con un tono che, forse, credo, voleva dire: dirò a papà della tua crudele intenzione. A quel punto non è detto che, papà, non voglia far chiudere anche te, nella bara, insieme allo zio!”
Ma la megera si dileguò, dopo avermi sorpassato e aver velocemente salutato il parentame, ora tutto fermo, compatto, a chiacchierare, mesto, prima del cancello.
Il caldo prevaleva su tutto e tutti, e restai lì, qualche metro prima del gruppo, a chiedermi come fosse stato possibile che la megera mi avesse sorpassato con tanta facilità.
Misteri della prossimità con la morte, pensai.

 

Vanno tutti di fretta: è una vita, un intero sistema che è del tutto incompatibile con il fatto di fermarsi un attimo a pensare.
Di giorno tu li vedi, è una corsa continua, scappano a destra e a sinistra, nel solo ed unico tentativo di ingannare la morte.
Questo c’è, dietro il paravento del tuo lavoro, dell’ora in palestra, del riempire il carrello della spesa con i prodotti: il reiterato (e fallimentare) tentativo di dimenticare, ancora per un giorno, il fatto di dover morire.
E’ un errore madornale, anzi, è il più grande errore che si possa commettere.
Certamente il mondo sarebbe un posto migliore, se ci si ricordasse ogni tanto del fatto che pure noi siamo come le Simmenthal del supermercato: un giorno, tu, scadi..


Ci sono poche città in cui c’è una piazza intitolata alla morte.
Sembra una scelta assurda da parte della municipalità, invece è ingegnoso ed è indice di lungimiranza..
Le informazioni oggi ridondano, ed ognuno ha il suo retino personale, per trattenere ciò che crede migliore per sè stesso.
C’è chi si squadra con reverenza la targa con su scritto “piazza della morte”, e c’è chi invece  lo ha sempre ignorato.
Ma va bene così.


Mi soggiace or ora quel tizio al balcone, in quel film, che ripeteva a Troisi:”ricordati che devi morire!”
“Sissì, ora me lo segno!”

 

 

 
 
 

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