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Idrovia, la grande incompiuta da 150 milioni

Post n°68 pubblicato il 30 Gennaio 2008 da adbvigonovo
 

L’INCHIESTA del Gazzettino del 30 gennaio 2008 / Doveva essere un’alternativa alle strade per unire Padova e Venezia: è un fatiscente ammasso di cemento in mezzo alla campagna.
Il progetto iniziale risale al 1955, ma da allora sono stati realizzati solo 17 chilometri di scavi. Poi tutto si è bloccato.


Di giorni, dal 9 giugno 2006, ne sono trascorsi quasi seicento senza che qualcuno trovasse il tempo di sciogliere la domanda: «Quali motivazioni stanno alla base della immotivata sospensione dei lavori necessari all'ultimazione dell'idrovia Padova-Venezia»?

Il nostro viaggio nelle incompiute di un Nordest che fortunatamente non è paragonabile al Mezzogiorno d'Italia, non può che cominciare da qui. Dal foglio rimasto lettera morta nei palazzi del potere veneziano, e dall'argine dell'Idrovia, in quel di Piazza Vecchia, a Mira, che racconta una storia di sperpero e disillusioni. Basta uscire dalla Romea a Conche ed entrare nell'area della "chiusa", recintata da una rete piena di buchi. C'è una lapide illeggibile, con le lettere che il tempo ha fatto cadere. Nome e cognome dell'ingegnere Giuliano Gusso, erano immortalati sul marmo. Ora sono un monumento all'incapacità dell'uomo di terminare ciò che ha progettato.

La "chiusa" è una sequenza di scale in cemento armato che portano verso il nulla. La cabina di comando sopra il canale è un manufatto divelto e senza vetri. I tombini sono trappole senza ripari. I 10 metri di dislivello sono trattenuti da paratie che nessuno apre da chissà quanto tempo. Verso ovest - Padova dove nasce l'Idrovia che non c'è - si stende un lago, con paperette, gabbiani e sulle rive le piste ciclabili. È la pianura, con le case dei pescatori e qualche barca. Verso est - l'Adriatico, Venezia - l'Idrovia continua come un'autentica, maestosa, inutile autostrada.

Chi volesse trovare una logica in tutto questo si perderebbe nei labirinti della burocrazia. Alcuni anni fa, Chiara Semenzato, allora studentessa della scuola di giornalismo di Urbino, calcolò fino all'ultimo euro lo sperpero di denaro, quantificandolo in 150 milioni di euro. PNE cita per la quota regionale 51 milioni di euro. Il computo in realtà è arduo.

Il primo progetto risale al '55, quando se ne occupò il Genio Civile. Si cercava già allora un'alternativa alle strade. Dapprima si pensò a un tracciato che seguiva il Naviglio del Brenta e sfociava a Fusina. Poi si passò a sud di Mira, per Piazza Vecchia. Padova e Venezia impegnate assieme, l'industria cercava sbocchi al mare. Ventisette chilometri e mezzo di lunghezza, una decina di metri di larghezza. È del '65 il consorzio. Del '68 l'appalto delle prime opere, a cominciare dalla laguna. Del '77 gli interventi dalla parte di Padova.

Si scavano i canali, si fanno le chiuse, si innalzano opere complementari. I soldi mancano, vengono ingoiati dalle manutenzioni. La Regione prende in mano la situazione dal 1985 (ventitrè anni fa...), si comincia a lavorare al porto di Padova. Ma il sogno evapora. Dal 1993 i lavori sono fermi. Cosa è stato fatto? Tredici ponti stradali sul Brenta, un ponte ferroviario e quasi 5 chilometri di canale fino al '75. Una chiusa mobile (a Vigonovo) e 6 chilometri di canale (fino al 1982) che si schiantano contro l'argine del Brenta. Un ponte e un'altra chiusa fino al 1985.

I lavori della Regione Veneto? Un sottopasso portuale e il banchinaggio al porto interno di Padova (400 metri lineari). Le Ferrovie? Hanno realizzato un terminal per il trasbordo di container dai natanti ai treni.

Tutto fermo, tutto inutile. Hanno scavato 17 chilometri in tutto, ma poi il canale - frantumato in pezzi - muore nel nulla. Chiara Semenzato ha calcolato che si è proceduto, fino al 2004, al ritmo di poco meno di 470 metri all'anno. Le infrastrutture sono sbriciolate. E intanto le autostrade sono intasate, i tir provenienti dall'Est si sono moltiplicati, la pianura è una camera a gas. Gli obiettivi virtuosi, teoricamente, rimangono intatti: l'opera serve a salvaguardare il territorio dalle alluvioni, è un'alternativa alla viabilità su gomma, può accelerare lo sviluppo dell'economia, è un fattore di disinquinamento.

Ma cercare paragoni con il Centro Europa - i Paesi Bassi, Rotterdam, Duisburg, Amburgo - a questo punto è quasi patetico. Come calcolare che una motonave lunga 75 metri, larga 10 e dalla portata di mille tonnellate toglierebbe 35 camion dalla tangenziale, un chilometro di coda.

Ciò che resta dell'Idrovia che non c'è è un paradiso artificiale, illusorio. Con i camper delle prostitute parcheggiati sugli argini, qualche cavana di fortuna dei pescatori, uccelli sull'acqua e cicloturisti sulle rive. Il canale è diritto come un'autostrada, ma per passare alla quinta classe europea (chiatte larghe fino a 13 metri) dovrebbe essere allargato ancora. Ma se non riescono nemmeno a finirlo, come possono pensare di renderlo più moderno? Dalla Regione Veneto fanno sapere che il progetto appartiene più al mondo delle utopie che a quello delle realtà possibili. Peccato che ufficialmente non lo abbiano ancora detto a nessuno.
(Giuseppe Pietrobelli)

 
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