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Uranio e petrolio. Picchi in parallelo? Di fronte alla presa di coscienza dell'imminenza del picco del petrolio, la prima reazione emotiva è, spesso, "allora useremo l'uranio". In effetti, l'energia nucleare viene spesso presentata come il toccasana che risolve tutti i malanni e che ci permetterà di superare senza danni la crisi energetica ormai in corso da qualche anno. Ma, ahimé, le cose non sono così semplici e i fautori dell'energia nucleare spesso glissano elegantemente sulla questione della disponibilità di uranio; il quale è una risorsa minerale, limitata così come lo è il petrolio. Quanto uranio abbiamo, realmente? E' possibile che siamo vicini al "picco dell'uranio", allo stesso modo in cui ci stiamo avvicinando al picco del petrolio? Il problema è complesso e difficile, ma qualche elemento di valutazione lo possiamo ottenere dai dati. Un primo elemento lo possiamo ottenere dall'andamento dei prezzi (da www.uxc.com). Vediamo che il prezzo dell'uranio si è quasi decuplicato dal 2001. E' oggi di quasi 50 dollari la libbra, mentre era circa 5 dollari la libbra nel 2001. La differenza fra produzione e consumo di uranio è stata coperta dal 1980 a oggi smantellando vecchie testate nucleari. Di per se, questa di trasformare "spade in aratri" è un'idea encomiabile, ma la quantità di materiale fissile che se ne può ricavare è limitata. Basta guardare il diagramma per vedere che stiamo utilizzando per i reattori l'uranio estratto negli anni '50 e '60 che era stato immagazzinato nelle bombe. Questo uranio non potra durare ancora a lungo, anche ammesso che i paesi che hanno armi nucleari vogliano liberarsene totalmente. Cosa sta succedendo? Perché non si riesce a produrre uranio dalle miniere in quantità tali da soddisfare la domanda? E' possibile che siamo vicini alla "fine dell'uranio"? Dal punto di vista puramente fisico, sembrerebbe di no, L'uranio, a differenza del petrolio, è un minerale relativamente abbondante nella crosta terrestre; il problema è che è raro trovarlo sufficientemente concentrato da poter essere considerato "estraibile". L'andamento dei prezzi e della produzione suggerisce che i giacimenti di uranio concentrato siano stati in gran parte sfruttati e che ora sia necessario estrarre da giacimenti piu' diluiti. Questo richiede forti investimenti, il che spiega l'andamento dei prezzi, sui quali i maggiori costi di estrazione si riflettono. Vediamo quindi per l'uranio lo stesso andamento che stiamo vedendo con il petrolio, dove i costi di estrazione sempre maggiori causano quello che viene chiamato il "picco del petrolio". Sembrerebbe che anche l'uranio sia vicino, o abbia già passato, il proprio picco di estrazione ("picco dell'Uranio") anche se l'andamento irregolare della produzione non ci permette di dirlo con certezza. Di fronte a questa situazione, le prospettive dell'industria nucleare sono incerte. Al momento c'è un evidente tentativo di ripartire con la costruzione di nuove centrali, ma il rilancio del nucleare non può esimersi dal considerare la scarsità di uranio minerale. Il problema si potrebbe fronteggiare investendo ancora di più nell'estrazione di uranio oppure investendo in tecnologie nucleari più efficienti, ovvero che usino meno uranio. Entrambe le strategie richiedono costi di investimento immensi, nonché tempi molto lunghi. A lungo andare, comunque, non sarebbero che dei palliativi di fronte al progressivo E' ancora possibile produrre abbastanza uranio per mantenere attivi i reattori esistenti, che possono supplire in parte al declino dei combustibili fossili. Tuttavia, mantenere la produzione, o anche espanderla con nuove centrali, è destinato a costare sempre più caro. Ne consegue che l'energia nucleare non potrà mantenere la promessa che aveva fatto negli anni '50 e '60, ovvero produrre energia talmente abbondante e a buon mercato che "non sarebbe valsa nemmeno la pena di farla pagare agli utenti". Tanto vale prenderne atto e non farsi troppe illusioni che il nucleare per magia ci risolva tutti i problemi. |
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