Creato da guarneri.cirami il 18/07/2009
 

Racconti&altro

Le storie di Alberto Guarneri Cirami: i suoi romanzi, i suoi racconti e il suo teatro.

 

 

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L'Asino e la Farfalla

Post n°1034 pubblicato il 19 Luglio 2013 da guarneri.cirami
 

Tu ti posavi ogni volta sulla mia testa e lì ti addormentavi, ed io me ne rimanevo immobile, senza ragliare, per paura che tu volassi via...

Sono un asino con un pedigree di tutto rispetto. A tacere dell’asinello del presepe, voglio ricordare a lor signori che fu un mio antenato ad ispirare ad Apuleio il suo Asino d’Oro; così come una mia antenata diede lustro di sé nientemeno che nel Libro dei Numeri. Essa aveva, infatti, il dono della parola, così come fra l’uomini (ad esempio il mio padrone..) c’è chi ha il dono di essere una vera “bestia”! Nel ’99 pensate diedi il mio logo ad un partito politico e con quello che vedo in giro oggigiorno, se trovassi cento asini del mio livello fonderei io stesso un partito e magari otterrei anche la maggioranza assoluta. Che ci sono asini peggiori di me che vanno in televisione ogni giorno! Gli uomini – quelli peggiori in verità e senza cultura – ci disprezzano, tranne a paragonarsi a noi - in modi alquanto volgari e da stigmatizzare -, nelle chiacchiere da bar o dal barbiere. Mi riferisco alla mania di paragonare il loro “membro” al nostro, vantandosi in maniera esagerata della fortuna di aver ricevuto cotal prezioso dono da madre natura. Posso anche comprenderli: trattandosi per gli uomini di un’eccezione quella che per noi asini è la normalità! Voglio però liquidare in fretta questo argomento! Sono un gentiluomo. Diciamo che ognuno ha la misura che si merita, e per ciò che mi riguarda ringrazio Iddio d’essere un asino, e se rinascessi cento volte, cento volte vorrei rinascere asino! E’ vero che non ho il dono della parola, ma raglio, e a volte di brutto, specie quanto ho mal di testa con le mie orecchie da somaro piegate in giù! Ma sapeste quanti uomini ragliano peggio di me e senza alcun pudore! Non sono il tipo d’asino che si lamenta della sua vita, masticando con la testa bassa giù nella mangiatoia. Io guardo in alto: mi piace osservare le nuvole e sono innamorato della luna! Questa mia mania, invero, mi ha procurato non pochi guai: figurarsi che il padrone voleva persino farmi esorcizzare, convinto che non fossi un asino con le rotelle a posto. Se fossi nato nel medioevo, con questa mia mania di guardare il cielo, di sicuro mi avrebbero scorticato e mandato al rogo. Il fatto è che gli altri si fanno di te un’opinione, un modello, e guai a scostarsene, ad uscire fuori dallo schema, ad andare oltre...A volte confesso vorrei fare un viaggio su quella bella luna, a cercare il senno degli uomini. Ma avete mai visto un asino volare..? Ma a parte questo – che poi poco mi importa dell’opinione della gente - il peggior guaio che mi è capitato, guardando il cielo, è stato quello di innamorarmi…La prima scemenza che avevo fatto nella mia vita! Una cosa di cui, in verità, non potevo gloriarmi. Ero un asino fatto, via, eppure ci ero sono cascato come un pivellino. Uno scivolone niente male non c’è che dire per un somaro della mia esperienza. Ed io che prendevo in giro il figlio del padrone per le sue scelte discutibili in fatto di ragazze! Io signori avevo fatto di peggio! Almeno così la pensavo allora… Una scelta che non stava né in cielo né in terra, una scelta contro natura, si contro natura, come mi urlava imbestialito il decano dei somari! Se lo avessero saputo quelli del mio circolo, frequentato anche da dei muli, che vergogna! Riuscii però a mantenere il segreto. Innamorarsi va bene, ma innamorarsi di una farfalla non era roba per un asino saggio quale ero io. Così, mi dissi, impari a guardare il cielo “testina”! Non puoi rovinarti un curriculum di tutto rispetto per un amore impossibile! Hai visto mai un asino con una farfalla? Non c’è proprio possibilità d’intesa! Due mondi diversi. Due modi diversi di vivere: lei variopinta e leggera, che vola di fiore in fiore; io grigio, appesantito, maldestro, che calpesto ogni cosa incontrata sul mio cammino, anche il fiore più bello. Eppure vi assicuro che questa farfalla, come direste voi umani, era davvero una “gran brava ragazza”. Certo uno spirito libero poco adatto al matrimonio, poco propenso a dimorare per lungo tempo in uno stesso luogo, una viaggiatrice, ma con un’anima sensibile, d’artista! Pensate che Vanessa, questo era il suo nome, per venire a svernare al sud, aveva percorso migliaia di chilometri, partendo dall’Islanda, sorvolando Londra, Parigi, Roma…Un vero prodigio per quell’essere così fragile e luminoso, che, sbirciando dalla mia stalla, vedevo ora danzare meravigliosamente tra i fiori del giardino. E più mi rendevo conto che essa nulla poteva avere a che fare con me, più io me ne innamoravo…Divenni così distratto nel mio lavoro di somaro e eccessivamente guardingo lungo i miei tragitti, nel tentativo di non calpestare ogni fiore che mi parlasse di lei. Questo mio aspetto soave e gentile dette parecchio fastidio al mio padrone che non riconosceva più il suo somaro. Così una notte pensò a raddrizzarmi prendendomi a frustate; non contento, affinché capissi meglio la lezione, pensò di prendere un bastone in fondo alla mia stalla. Al che, spaventato che avesse deciso di accopparmi, il mio spirito di sopravvivenza mi indusse a sferrargli un calcio sullo stomaco. Gli feci male, tanto che se lo portarono in ospedale. La figlia – un essere adorabile – per salvarmi dall’ira degli stallieri, mi portò al mare e disinfettò con l’acqua salata le mie ferite. Lei, Vanessa, che aveva preso l’abitudine di dormire su una trave della mia stalla, aveva assistito spaventata al fattaccio. Così, con mia grande sorpresa me la ritrovai al mare, a fare giri attorno al mio testone. Ma vedendo le onde essa non resistette, e si mise a danzare tra le creste ricamate dei cavalloni, ridandomi il buon umore. Per essere felice mi bastava essere lì dove era lei, anche se le nostre profonde diversità mi impedivano di toccarla. Tuttavia, felice per la mia ritrovata salute, Vanessa scrisse il mio nome – Toti - sulla sabbia col mio stemma nobiliare: due lunghe orecchie d’asino. Toti e Vanessa! Saremmo stati una bella coppia se un mago avesse trasformato me in farfalla, o Vanessa in somara. Pazienza, ti dissi, forse le nostre anime si ritroveranno in un’altra vita, cercandosi tra la movida d’una città d’arte. Ma tu preferivi un concerto, della musica barocca, o una biblioteca. Così, con la complicità della giovane padrona, passammo le ultime sere prima della tua partenza ascoltando Beethoven e Chopin. Tu ti posavi ogni volta sulla mia testa e lì ti addormentavi, ed io me ne rimanevo immobile, senza ragliare, per paura che tu volassi via…fino alla notte che andasti via davvero, lasciandomi al posto tuo il profumo dell’ultimo fiore su cui ti eri posata. Allora non sapevo che la vita della farfalla non dura quanto quella di un asino. Quando poi qualcuno mi avvertì che il padrone risanato voleva fare di me pelle di tamburo, io non mi preoccupai…facesse pure. La mia anima era stanca di quella esistenza da somaro e volentieri sarebbe salita su una nuvola ad aspettarti….anche un’eternità

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