Creato da guarneri.cirami il 18/07/2009
 

Racconti&altro

Le storie di Alberto Guarneri Cirami: i suoi romanzi, i suoi racconti e il suo teatro.

 

 

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Il Signor Bancomat

Post n°1035 pubblicato il 25 Luglio 2013 da guarneri.cirami
 

Oggi è il mio compleanno. Nessuno se lo è ricordato. Neanche la mia compagna; neanche il mio stesso figlio. Nessuno dei miei vecchi amici. Nessuno dei colleghi e dei nuovi conoscenti. E ci credereste nemmeno l’Associazione Sportiva di cui sono presidente! Nessuno! Terribile! Gli unici a ricordarsene ogni anno erano i miei genitori; ma poverini non ci sono più! Terribile scoprire di essere soli al mondo! Con tanta gente attorno, ma soli al mondo. Scoprire che, nonostante la tua mitezza, non hai seminato nulla, che nessuno ti pensa, a meno che… In verità qualcuno se ne è ricordato…La mia Banca e la mia Assicurazione. Sono state le uniche entità a farmi pervenire i loro messaggi augurali. Poche righe ma dense di significato, di gratitudine. Intrattengo infatti affettuosi e lunghi rapporti con entrambe: un conto ed un’assicurazione sulla vita. Rapporti cartolari abbastanza complicati al limite del masochismo: con troppo clausole vessatorie a mio sfavore. Col mio bancomat poi sapeste, mi vedo almeno due volte al giorno: la mattina e la sera. Una relazione anch’essa tormentata, che credete! A parte, infatti, il dolore provocato da ogni singolo prelievo, esso è spesso indisposto a darmi la grana, tanto da farmi andare in bestia. In questa carta bancomat, poi, c’è la mia vita ed il mio destino. Cosa farei senza di essa! Sarei perso, rovinato! Spesso mi capita di urlare nel sonno: il mio bancomat dov'è! Ed una volta credetti di averla smarrita davvero, o peggio che me l’avessero rubata! Che dramma! Potrei perdere la moglie, ma non la mia carta bancomat…Che poi anche loro sarebbero persi senza il mio bancomat. “Caro, sai, ho comprato un delizioso soprammobile in porcellana di Baviera per il salone, ma, che testa, avevo dimenticato il portafoglio a casa…ci passi tu più tardi..? Col tuo bancomat ti viene facile no..?” “Papino, non ti arrabbiare…ma era l’ultimo giorno dell’offerta…non potevo rinunciare! Un cellulare di ultima generazione, manca poco che mi faccia il caffè…ahahah…tranquillo, l’ho addebitato sulla tua carta di credito…avevo il codice memorizzato…visto che facile!!” Mi viene il sospetto che essi credano che si tratti di una speciale carta del monopoli, che non si tratti di soldi veri…Ma è tutta colpa mia! Mi viene in mente, ad esempio, che a mio figlio non ho parlato mai del valore del risparmio; che non gli ho mai raccontato di quando mio padre e mia madre, ancora sposini, furono capaci di starsene per ben due anni senza televisore; fino al giorno in cui, rotto il salvadanaio, si resero conto di poterlo acquistare. Oggi ci sono le rate, c’è la carta di credito, o l’assegno postdatato. E’ più facile stare al passo coi tempi e far bella figura con gli amici e con i figli degli amici. Così avevo pensato di ritagliare uno spazio per me completamente gratuito: un’associazione sportiva senza scopo di lucro. Apriti cielo: anche lì tutti mi ricorderanno per il mio bancomat! Tutto ha un costo. E quando vedono me i costi si raddoppiano, si moltiplicano. Un vero incubo! Pagare, pagare, senza speranza di rientrare con le spese. E’ il mio destino, la mia cattiva stella. Ci ho sempre perso nei miei rapporti con gli altri, in special modo con le donne! Ricordo che – avevo pochi anni – mia madre mi aveva affidato alle cure della figlia quindicenne di una vicina di casa. Ne ricordo ancora il nome: Giuseppina Vaccaro! Ebbene nel darmi la mia pappa essa soleva dividere in parti uguali: un boccone a me ed un boccone a lei; e a volte anche diseguali: due bocconi a lei, ed uno a me. Grazie a quella mia prima infelice esperienza col gentil sesso, deperii vistosamente con grande preoccupazione di mia madre e del mio pediatra; ma cosa ancora più grave, mi sarei portato come zavorra nella mia esistenza una sorta di diffidenza verso l’umanità, ed ancor di più verso le donne, una forma sempre più accentuata di misantropia. Dice un proverbio famoso: “ Volevo dire danno e dissi donna!” Che terribile verità! Sono loro le più accanite…A parte la mia compagna, parlo delle amiche dell’associazione “Sportivamente”. Ogni volta che c’è qualcosa da pagare esse si defilano…”Arturo, caro, tesoro, paga tu…per te è più facile. Hai un reddito fisso, hai un conto in banca…e poi col bancomat!” Ma per quanto, per quanto ancora avrò tutto questo, se continuerò a scialacquare…? Penso a volte di andare allegramente verso la rovina! Ognuna di quelle dell'associazione (ma anche gli uomini non scherzano…non c’è ne uno, uno più fesso di me!) ha un diavolo di problema: chi ha un marito rognoso che le conta finanche le pulci; chi è precaria, chi disoccupata; chi si deve sposare; chi è buddista e non vuole avere niente a che fare col vile dio denaro! Ed Arturo paga. Tanto è facile! Sono un marito bancomat, un padre bancomat, un amico bancomat…Sono circondato da vampiri che mi succhiano sangue, non c’è via di scampo, ne altra possibile forma di vita per me…eh già! Cosa succede ora…? Sento il suono inquietante della sirena di un’ambulanza avvicinarsi verso casa mia…Ecco ora è proprio sotto casa! Penso al signore del piano di sopra: si sarà aggravato. Ma mia moglie, che entra con l’avvocato Sfigagrande, mi rassicura. “ Sei tu Arturo, mio caro, che hai bisogno di cure…” La guardo esterrefatto…”Io?” “Si tu caro, è vero dottor Lamorte?” Il dottore era entrato sorridendo e con passo felpato, tanto che ho preso un vero spavento a trovarmelo dietro coi suoi canini appuntiti in bella mostra. Lo accompagnano due omoni, tutti bicipiti e deltoidi, con dei camici bianchi. Capisco che non posso opporre alcuna resistenza, e decido di essere remissivo. “Si la cureremo e guarirà sicuramente…Ma deve essere paziente, ci vorrà del tempo…” mi dice Lamorte con un tono rassicurante dentro un alito pessimo. “Ma il lavoro, la banca…” tento di protestare io, guardando timido i due colossi. “Non si preoccupi Arturo, ai suoi interessi pensiamo noi,” interviene l’avvocato Sfigagrande. “ E come pensate di pensarci..?” chiedo io confuso. “Sua moglie sarà la sua tutrice! L’ha nominata il giudice…” “Tutrice? Perché mai…con tutto il rispetto s’intende…” faccio ancora, mentre i colossi mi avevano messo in mezzo, uno stringendo il mio braccio destro, l’altro atrofizzandomi il sinistro. “ Perché lei è stato…come possiamo dire…birichino! Si birichino! Con la sua eccessiva prodigalità ha rischiato di dilapidare tutto il suo patrimonio familiare…dovevamo porci un rimedio! Mi capisce Arturo..?” E’ sempre Sfigagrande a spiegare la delicata faccenda. Protesto allora di non avere con me né il portafoglio né le mie magiche carte! Al che la mia compagna me li mostra con un sorriso trionfante che mi farebbe andare in bestia, se non fosse per quei due colossi che non mollano la presa. “Ci penso io mio caro, non preoccuparti…Non è quello che volevi? Ti sei preso una malattia con questo bancomat. Tu pensa a curarti!” mi dice con dolcezza nauseante. Chiedo allora di mio figlio, che lo vorrei salutare…Ma lui è al computer e mi rivolge appena un cenno dalla sua stanza. Sta acquistando l’ultima versione di tablet su quella che, una volta, era la mia carta di credito. Sono davvero sconsolato. Mi porto dietro soltanto questo quaderno dove scrivo quotidianamente e che la mia compagna chiama “il quaderno delle cazzate”. Il dottor Lamorte, che vuol essere gentile e verificare il mio grado di lucidità, mi dice: “Allora andiamo signor…signor?” Io non ci penso due volte a informarlo. “Signor Bancomat, dottore, signor Bancomat per servirla…” Al che il dottore scuote il capo e guarda la mia compagna come per dire “è proprio andato il poveretto…” Ma devo chiudere signori, non senza una punta di amarezza in verità. Mi viene in mente un noto film di Troisi. Parafrasandone il titolo posso infine condensare in poche parole la mia tragicomica vicenda. Credevo fosse amore ed invece era un bancomat…

 

 
 
 
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