Creato da guarneri.cirami il 18/07/2009
 

Racconti&altro

Le storie di Alberto Guarneri Cirami: i suoi romanzi, i suoi racconti e il suo teatro.

 

 

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L'AMORE NON UCCIDE

Post n°1041 pubblicato il 26 Novembre 2013 da guarneri.cirami
 

 

Lo avevano trovato i Carabinieri, all’alba, vicino al mare, lontano dal luogo della strage, in evidente stato confusionale. Ivan Ruggeri era all’interno della sua macchina, con le sicure chiuse ed un tubo di gomma a collegare lo scarico all’abitacolo della vettura ancora spenta. Dopo avere, infatti, realizzato l’efferatezza del suo gesto, egli aveva deciso di suicidarsiCosì dichiarò al maresciallo, che lo aveva arrestato dopo una notte di ricerche ed avvistamenti. Il ragazzo si era arreso subito senza opporre resistenza, alzando le mani di fronte alle mitragliette spianate dei militari. Si era arreso, alzando le mani ancora insanguinate della giovane vita di Fede, la sua ex ragazza. Le stesse mani con le quali - più tardi, tra due ali di folla inferocita – avrebbe coperto il suo viso di “angelo del male”. “Ricordo tanto sangue…tanto sangue mio Dio!” continuava a ripetere, come inebetito, strascicando parole che faticavano a venire su, perché il suo petto era come schiacciato dall’orribile ricordo del suo delitto. “ Ricordo tanto sangue…ma no ero io! Credetemi, non ero io!” continuava a ripetere, stretto tra i due carabinieri che lo portavano in caserma; e poi in carcere, dinanzi al giudice per le indagini preliminari. “Io amavo Federica! L’amavo più della mia stessa vita!” Tuttavia quelle mani – che osservava incredulo - e lo stesso maglione che portava in dosso – e a cui lei si era aggrappata, prima di cadere agonizzante - continuavano ad accusarlo, prima ancora della gente lì fuori. Quel maglione ora lordo di sangue, gliela aveva regalato Fede, il natale precedente…Sembrava passato un secolo!E le sue mani – le sue mani assassine – erano le stesse con le quali aveva amato Fede. Dio cosa gli era successo! “Ma perché, Ivan,” gli chiese il padre, in uno dei loro primi colloqui avvenuti in carcere, “perché? Tu amavi Federica…” “ Si, papà, l’amavo, l’amavo troppo…” “Allora, Ivan, non capisco…” “ Federica era cambiata…voleva lasciarmi! Diceva di farmene una ragione! Farmene una ragione! Non ci riuscivo! Stavamo insieme da così tanto tempo! Eravamo dei ragazzini… Lei era tutto per me! Era la mia vita! Non ci poteva essere nessun’altra! Ma per Fede non era più così…” La gelosia di Ivan faceva paura a Federica; così come il suo amore, diventato qualcosa di “patologico e ossessivo”…Così diverso dal sogno che un tempo li aveva uniti. “Credo si fosse innamorata di un altro!” mormorò Ivan con la testa tra quelle mani… “Capisci..? di un altro!Papà non potevo permettere che lei fosse di un altro; non potevo perderla…” “Ma non capisci, figlio mio che, uccidendola, l’hai perduta lo stesso, l’hai perduta per sempre? Poteva esserci ancora una speranza di riconciliazione per voi…” “No, papà, non c’era nessuna speranza. Federica era decisa a lasciarmi….l’ho capito quel pomeriggio…” Si riferiva al tragico giorno del delitto, che adesso scorreva nella sua mente come un film dell’orrore. Era il 22 dicembre, e la ragazza aveva telefonato ad Ivan perché passasse da casa sua. Egli, anche illuso da quella chiamata, era più che mai deciso a riconquistarla. Così, grande era stata la sua delusione quando capì il vero motivo per cui Federica lo aveva chiamato. Voleva solo restituirgli l’anello che egli le aveva regalato anni prima, chiedendogli di ridarle le sue foto e le sue lettere. Ivan, allora, esasperato per la decisione della ragazza – raccontava uno dei tanti cronisti che in quei giorni si erano occupati della tragedia – aveva approfittato dell’occasione, che lei stessa gli aveva dato, per ucciderla, insieme ai suoi nonni, che invano avevano tentato di proteggerla, con un piano premeditato e feroce. “Non è forse vero Ivan? In ogni caso è ciò che pensa la polizia! E quello che pensano i magistrati. Perché ti saresti portato il coltello con te, allora…?” “ Come ve lo devo dire, papà, - replicò il ragazzo tentando invano di vincere il tremore della voce e delle sue mani da pianista, “che quel giorno non pensavo affatto di poter uccidere Fede…Anzi! I due coltelli li avevo già in macchina. Li dovevo, infatti, portare ad un collezionista, per venderli e riuscire ad acquistare un brillante a Fede! Così da farle una sorpresa…per riconquistarla! “Ma lei aveva già deciso! Nel mio cuore lei ancora non era morta, nel suo io si….” Federica, infatti, era stata irremovibile! Dopo aver detto che non lo amava più, e che la lasciasse in pace, gli aveva gettato l’anello su un tavolino, perché lui se lo riprendesse. Fu in quell’istante che scese la notte nell’animo turbato di Ivan Ma non era la notte che portava buoni consigli; era una notte cattiva, una mala notte, di quelli che scatenano i mostri che per anni vivono addormentati dentro di noi. Ivan, così, invitò la ragazza a seguirlo fuori, fino alla sua macchina, con la scusa di restituirle il pacco di foto e lettere che aveva messo nel cofano. Fu doloroso per lui constatare come ella non si commuovesse neanche alla vista delle immagini felici della loro storia. E fu proprio, in quel preciso istante, che il magnifico coltello persiano brillò sinistramente nello scuro del bagagliaio e della mente di Ivan. Di fronte alla freddezza di Federica, egli non riuscì più a controllarsi. Prese il coltello, e lo puntò verso la sua ex ragazza, minacciandola che, se non fosse tornata con lui, avrebbe compiuto una pazzia. Ella, allora, buttò via il pacchetto delle foto, e tentò di sfuggire al suo aggressore, di rifugiarsi in casa. Tuttavia, con un piede accostato ad uno degli stipiti, Ivan le impedì di chiudere la porta, che poi spinse violentemente, facendo cadere a terra la ragazza. Federica, terrorizzata, si rialzò, tentando di raggiungere i nonni, che conversavano nel giardinetto interno della casa; ma Ivan svelto le precluse ogni via di fuga e, con la lunga lama del suo khanjar da collezione, la colpì violentemente alla gola e al cuore. Finché non la vide accasciarsi mollemente a terra, fissandolo incredula, mentre dei rivoli di sangue le uscivano tra le belle labbra color corallo che tante volte aveva baciato. “Ma io l’amavo papà, te lo giuro! E l’amerò per sempre…” disse Ivan, mentre la sua voce sembrava anch’essa morire col giorno, che si spegneva tra le sbarre della sua eterna prigione. Il padre era andato via sgomento. Avrebbe voluto gridare al figlio “Ma che amore era il tuo…? Cosa c’entra l’amore con la carneficina che hai fatto? L’amore è rispetto, è tenerezza, è cercare di far felice chi è oggetto del nostro sentimento; è, semmai, morire per chi si ama….non certo uccidere!” E mentre i giornali vendevano alla curiosità della gente il mostro, in cui si era trasformato il figlio, e i genitori di Federica, straziati, reclamavano giustizia per la figlia uccisa, il padre di Ivan si chiedeva in cosa avessero sbagliato lui e la moglie.…Se per loro e per il figlio – condannato all’ergastolo – ci potesse essere una speranza di resurrezione da quel regno di “morti viventi” in cui sarebbero stati esiliati per sempre. Ma il corpo di sua moglie - da giorni chiusa in casa per la vergogna -, che penzolava da una trave del soppalco di legno nel garage, gli fece capire che anche per loro era impossibile uscire indenni da quella tragedia…


Alberto Guarneri Cirami

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