Creato da arte1245 il 09/01/2011

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Le donne deportate

Post n°452 pubblicato il 08 Agosto 2013 da arte1245
 

Si tratta della deportazione femminile, che fu solo in parte paragonabile a quella maschile. Infatti, le donne affrontarono più duramente la separazione dalla famiglia e dai figli. Si trovarono costrette a conoscere la promiscuità dei lager, l'aggressione alla riservatezza, alla sensibilità e alle necessità femminili.

Tutto questo, sino ad oggi, è stato oggetto di ben poche ricerche specifiche e puntuali. Una lacuna gravissima, dunque.

Ho iniziato citando un passo che ben simboleggia quelle che sono state le esperienze femminili: le donne diventavano vittime di laceranti esperimenti medici; moltissime furono uccise e alcune di loro furono costrette ad affrontare la maternità in condizioni disumane.

Ricordo, tra gli esperimenti medici a cui erano sottoposte, loro malgrado, i seguenti:

Esperimenti di congelamento/ raffreddamento prolungato;
Esperimenti di vaccinazione antipetecchiale;
Ricerche sull'epatite epidermica;
Esperimenti di sterilizzazione;
Raggi X;
Studio sulle condizioni precancerose della cervice uterina;
Ricerche sui gemelli monozigoti;
Ricerche sulla cura ormonale dell'omosessualità.

Crudeli e senza scrupoli, i medici SS hanno ucciso o rovinato per sempre persone innocenti e non per scoprire effettivamente nuove cure, ma solo per insensato sadismo.

Qualora le detenute avessero avuto la tragica idea di ribellarsi ai loro torturatori, la pena era di venticinque bastonate sui reni con intervalli di quattro settimane. Alla flagellazione assistevano il comandante, il dottore capo, la capo guardia e due prigionieri che praticavano la flagellazione stessa.

Le fucilazioni delle internate, invece, si facevano presso il crematorio: le prigioniere di solito venivano uccise a gruppi di cinquanta- sessanta. [2]

Tra i campi di concentramento femminili, il più famoso è sicuramente quello di Ravensbrück, un villaggio prussiano posto in prossimità dell'antico luogo di cura di Fürstenberg, nel Mecklenburgo, ove le SS a partire dal novembre 1938 fecero costruire il campo di concentramento femminile. Esso fu l'unico grande lager in territorio tedesco destinato alla "detenzione preventiva" femminile (per maggiori particolari cfr. l'approfondimento su Ravensbrück).

In genere, le donne erano destinate al lavoro coatto e prestavano la loro opera essenzialmente a profitto dell'industria bellica. Il cibo bastava appena a tenere in vita le prigioniere, ed era certamente insufficiente a tenerle in condizione di lavorare.

Nel peggiore dei casi, invece, alle donne era imposta ogni tipo di violenza carnale: costrette a prestare il loro corpo per soddisfare SS, soldati o detenuti politici. Oltre alla libertà e alla vita, si trovavano private della dignità.

Tutte vissero tragicamente la perdita dell'identità individuale; traumatico fu denudarsi tra le brutalità degli aguzzini, vedersi un numero tatuato sul braccio, vedersi rasate a zero. Non erano più donne, non erano più individui.

Infine, un ultimo punto spesso minimizzato: l'esperienza della maternità. Le donne, specialmente quelle ebree, si videro portati via i loro figli, e strappati dalle braccia quelli appena nati per poi, con triste consuetudine, assistere impotenti alla loro uccisione.

È necessario, inoltre, rilevare come dalle testimonianze finora raccolte emerga un importante aspetto della deportazione, soprattutto femminile, sovente sottovalutato: quello che potrebbe essere definito "il dramma del ritorno". Molteplici furono, infatti, le difficoltà incontrate dalle superstiti, al momento del rientro, per il reinserimento nella famiglia, nella società, in una quotidianità a cui ormai erano disabituate. Non dobbiamo dimenticare il trauma che queste donne hanno dovuto subire nel momento in cui si trovavano davanti persone che non avevano la minima idea di che cosa loro avessero vissuto. Nessuno che potesse comprenderle a fondo, dare loro un aiuto concreto. Frequenti crisi depressive (che spesso si trasformavano in vere e proprie psicosi) s' insinuarono nell'animo di molte di queste donne.

Un elemento di speranza e positività (se si possono azzardare tali parole) è che tra le donne nei campi non esisteva discriminazione per differenze di religione, tradizioni, lingue, costumi, educazione. Esisteva solo l'aiuto reciproco. Questa stessa solidarietà ha permesso a molte di loro di fare ritorno nelle proprie case.

"È documentato il fatto che le donne siano state sistemate molto peggio degli uomini. Ma è anche vero che le donne abbiano reagito molto meglio a quanto era loro successo - le donne erano semplicemente più pragmatiche e avevano molta più fantasia degli uomini"

 

Commenti al Post:
jigendaisuke
jigendaisuke il 08/08/13 alle 11:15 via WEB
che esistessero campi solo femminili, non lo sapevo.
 
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