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Sto leggendo: QUESTA SERA E' GIA' DOMANI

Post n°3 pubblicato il 31 Dicembre 2018 da Lella76diRoma
 

Alessandro ogni tanto si sorprendeva a gesticolare con le braccia come certi anziani quando parlano da soli nel silenzio della casa vuota. Forse anche lui parlava davvero da solo dopo aver pensato troppo intensamente. Si sentiva a disagio, non riusciva a mettere ordine fra sensazioni e idee. Possibile che tutto sommato la sua vita scorresse abbastanza bene?

Aveva una nuova scuola con dentro Alma, gli altri compagni gli parlavano, insieme facevano i compiti e pattinavano, e nel cortile c'era sempre la sua banda di amici dell'infanzia. Il padre lavorava come prima, si erano dimenticati di togliergli la licenza, ma tanto ai clienti non sarebbe interessato. Ebreo o non ebreo, sarebbero andati da lui lo stesso, e gli portavano per il restauro gli stessi diamanti di sempre. Gli avevano sequestrato la radio, ma l'avevano comprata da così poco, non avevano fatto a tempo ad abituarsi. Se n'era poi dovuta andare la servetta Cesarina, ma per mamma c'era una persona in meno con cui innervosirvi. Adesso si lagnava soltanto, ma la voce del lamento è meno acuta, se vuoi non la senti. Si era, si erano abituati?

Gli sembrava che tutto procedesse come se un treno, dopo aver deragliato, continuasse la sua corsa sul terreno. Infido, pericoloso, pieno di buche, ma pur sempre terra ferma e in qualche modo rassicurante. La spinta umana a rassegnarsi è davvero così forte? quello che ieri era sembrato insostenibile, oggi si riusciva a inghiotttirlo quasi senza fatica.

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<<1938, un anno fa, di venerdì. Mamma sta montando le uova per le frittelle dello Shabbat. Sbatte e sbatte con la forchetta nel piatto di porcellana, e quello è un suono gradito, come una marcetta per bambini. Mancano due giorni al plebiscito. Si deve votare per decidere se gli austriaci vogliono restare un Paese libero e indipendente. Avrebbero risposto quasi tutti con un sì, è naturale. Altro suono. E' la radio. In diretta la voce carica del cancelliere. Sta dicendo che il referendum non si farà, sta dicendo che è stato richiesto a lui personalmente di rinunciare al suo incarico. Lo farà. In caso contrario le truppe armate tedesche, già schierate attorno ai confini, occuperanno il Paese. Noi muti, immobili. Guardo mio padre, forse mi spiegherà che è tutto uno scherzo, ma lo so che non deve essere così. Mamma fissa un punto della finestra, c'è un lampione che si è appena acceso.

Le uova abbandonate nel piatto piano piano piano stanno tornando liquide. Il cancelliere spiega che ha accettato questa dura imposizione per evitare spargimenti di sangue.

"Dio salvi l'Austria" grida singhiozzando. Un vecchio uomo che pianghe alla radio, ma piangono anche mamma e papà. Piangiamo tutti. La radio sta trasmettendo per l'ultima volta il nostro inno nazionale. Dopo, come per prendere tempo, incerte, quasi paurose, le note della Prima sinfonia di Beethoven.

Fuori di colpo, il boato di un mare che si gonfia in tempesta. Sentiamo gridare: "heil Hitler!", "Sieg Hitler!" e ancora più forte: "Juder verreck!", ebreo, crepa! E sempre più assordanti i clacson impazziti dei taxi, degli autobus, delle macchine private. Lo scampanellio ossessivo dei tram sembra quello dei monaci che accompagnano il Fratello, ricordati che devi morire.

Guardiamo dalla finestra, facendoci schermo con le tende.

Migliaia e migliaia di persone con la camicia scura e al braccio la fascia rossa con la svastica. Dove le tenevano nascoste quelle divise per essersele trovate addosso in meno di un attimo? Anche gli autobus, i furgoni delle pulizie e i tram hanno già quell'orrida impronta.....

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Era ferma su quel fatto. Voleva solo spiegare come il mondo può cambiare nella pausa di un tempo musicale. E proprio nello spicchio fra Beethoven e la svastica c'era lei.

 

Questa sera è già domani

di LIA LEVI

 

 
 
 
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