Creato da alex.canu il 28/01/2012

alessandro canu

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IL SECONDO DEI LED ZEPPELIN Cap. 4 (II. parte)

Post n°53 pubblicato il 03 Febbraio 2012 da alex.canu

 

What is and what should never be  (II. parte)

(Quello che é e quello che non dovrebbe essere mai)

 

 

   "Non dovrebbe esssere mai che sia proprio io a darti dolore, che usi parole per ferirti, ma è proprio quello che è. Ti ho preso, oggi, alle spalle".

   "Non posso entrare qui - dici- mi conoscono tutti. “ Uno e uno ”, è la formula corrente, ti vergogneresti di me. Ma allora cos’è che ti spinge ad alzare le maniche sulle tue belle braccia bianche? Lividi viola e buchi le decorano formando fiori di morte.  Ahimè, non doveva essere così".

   "Cercarti, per vederti sparire dietro dune morbide, nere come petrolio. 

Poggiavo le dita sulle impronte che arcuando il piede, lasciavi. 

Non dovrebbe essere mai che un uomo annulli sé stesso nel vuoto altrui, come gesto totalmente dissolto".

   "Straziata anima divisa a metà. Due persone devi essere, due distinti cuori, due teste, due amori. Due carte di credito, due buste della spesa, due case diverse, due spose sospese. Due gambe aperte, due teste pensanti, due vite parallele tra loro distanti".

   "Lunghi hai, di grano maturo i capelli. Occhi bagnati di cielo come luci lontane. Parli con parole di neve che sciolgono in pena. Non dovresti desiderare i capelli miei scuri. Allontanati perchè male ti farò, ora".

      Lessi questa cosa tutta d’un fiato per paura che lei si mettesse a ridere, che la trovasse ridicola. Fuggivo il suo sguardo e lo diressi verso una carta strappata per terra.  Lei mi osservava in silenzio e aspettava che io parlassi. 

- L’hai scritta tu? Dimmi che l’hai scritta tu, dimmelo.

- Si, l’ho scritta io, fa schifo?

- Scherzi, è forte, c’hai preso! - disse.

- Ogni strofa è dedicata ad una ragazza diversa a cui ho voluto bene - le dissi.

- Allora sei uno sveglio, sono cinque strofe,  le ho contate bene.

- L’ultima ... è dedicata a te.

- A me!? Ma come...

- “Lunghi capelli di grano maturo”... beh! Non sei bionda?

- Gesù, tu mi ucciderai lo sento. “Allontanati perchè male ti farò, ora”, che vuol dire, che mi farai soffrire?

- Ma no, non sapevo come concludere la strofa. Mi serviva una frase ermetica, d’effetto.

Lei si chiamava Grazia, era contenta del suo nome. Diceva che quella finale in “zia” non le dispiaceva, che le dava l’idea di un nome severo e antico. Non invidiava le Samanthe e le Pamele che in quegli anni furoreggiavano. 

- Perchè ti chiamano tutti Grigio? - Mi chiese a bruciapelo, - non ti da fastidio?

- Le prime volte si, ma ormai  mi sono abituato e non ci bado più. Da ragazzino avevo sempre un’aria arrabbiata e mia sorella diceva che assomigliavo alle nuvole grigie che portano la pioggia e ti fanno venire il malumore. Mi ha chiamato grigio una volta e siccome io mi arrabbiavo ha continuato a ripetermelo per tutto il giorno e per il giorno successivo. Poi anche mio fratello ha iniziato a chiamarmi così, grigio e Grigio è rimasto. Adesso nessuno si ricorda più che mi chiamo Martino, l’unica è rimasta mia madre. Meglio così, quel nome non mi è mai piaciuto.

- A me piace, - disse - ti sta bene, è un nome diverso dagli altri, hai proprio la faccia da... Martino. - Lo disse con  grande dolcezza.

- Anche a me piace il tuo nome, aperto e breve, con quella zeta che lo rende aspro e tagliente.

Quando mai avevo parlato così bene? Mi stupii di me stesso. Lei parve apprezzare queste mie considerazioni e sorrise divertita. Aveva quel nome che richiamava alla mente cose belle, eleganti e piacevoli a cui facevano da contorno dei capelli biondi, leggermente mossi. Gli occhi erano di un grigio intenso, picchiettati da pagliuzze dorate. A differenza di tutte le altre ragazze aveva un senso dell’umorismo molto spiccato ed era straordinariamente sincera con tutti. Quando diceva qualcosa di spiacevole non lo faceva per ferire, ma semplicemente perchè era incapace di mentire. Era originaria di Torino. Suo padre era professore presso l’università della città, teneva un corso sulla letteratura musicale orale. Si era trasferito qui tanti anni prima, per studiare sul campo la tradizione dei canti liturgici della settimana santa, si era innamorato di una donna ed era rimasto.  Lei aveva una particolare ammirazione per lui e le rare volte che mi era capitato di andare a casa loro, suo padre mi aveva a malapena rivolto la parola. Una volta ci incontrammo casualmente per strada e non sapevo se salutarlo o meno. Fu lui a chiamarmi ed io rimasi sconcertato quando, con assoluta naturalezza, mi chiese se potevo prestargli dei soldi per comprare le sigarette. - Non porto mai denaro con me, - disse sorridendo, con quel suo forte accento piemontese - devo assolutamente smettere di fumare,  è facilissimo tra l’altro, ho degli amici che hanno smesso tante volte, ahahah.

Rise della sua stessa battuta, tossì e si fregò le mani inguantate mentre aspettava che io gli dessi i soldi. Ma io denaro non ne avevo e gli chiesi quale fosse la sua marca preferita, lui rispose che qualsiasi marca gli andava bene. Gli proposi di aspettare pochi minuti all’angolo della strada. Entrai in tabaccheria e ne uscii con un pacchetto da dieci. Lui lo aprì subito e ne accese una. Aspirò forte il fumo, con gli occhi chiusi, gustando il piacere intenso che provava, mi meravigliai.

- Come hai fatto? - mi chiese - avevi detto che non avevi soldi.

- Beh, dentro ho incontrato un tizio che conoscevo. Solo fortuna. - Gli dissi.

- Aaaah! - fece, gustandosi le prime boccate. - Che fai, devi andare a prendere la tua ragazza? - Mi chiese - Ti accompagno, anch’io sto andando da lei, ahahah. - sorrise ancora in quel suo modo strano. Quando entrammo Grazia si meravigliò nel vederci arrivare insieme, ma capì in un baleno. Sentì l’alito del padre e mi pugnalò con gli occhi.

- Ha fumato? - mi chiese - l’hai visto fumare?

- Si, - le risposi - mi ha chiesto i soldi per comprare le sigarette, lui non li aveva e ...

- E tu glieli hai dati? - Mi sibilò con una faccia arrabbiata.

- Perchè, non dovevo?

- Noo! Vuoi vedere le radiografie che ha fatto ai polmoni? 

Più tardi la moglie gli sequestrò il pacchetto e lo buttò nel cestino della spazzatura dopo averle spezzate e svuotate del tabacco. Grazia non aveva l’abitudine di dare troppe spiegazioni e io imparai a non chiederne quando non mi venivano date spontaneamente. Un pomeriggio di freddo intenso che camminavamo senza meta, mi chiese:- E’ vero che ti sei comprato il Secondo dei Led Zeppelin, di seconda mano da Vallanzasca?

- Si - dissi - come fai a saperlo? Proprio pochi giorni fa, l’ho pagato 1500 lire...

- Che stronzo - disse lei amaramente - Lo sapevo che non glielo dovevo regalare. Mi parlava sempre di questo disco. Diceva che lui non lo poteva comprare, che non aveva i soldi, che lo doveva avere assolutamente e invece, l’ha venduto a te! Dimmi un po’, è davvero bello questo disco?- 

- E’ bellissimo! Pensa che c’è un pezzo intitolato “Cos’è e cosa non dovrebbe essere mai”, nel quale si sente l’effetto stereofonico in modo straordinario. Il suono della chitarra passa da una colonnina all’altra, ti pare proprio di vederlo.

- Davvero? Me lo fai sentire?

- Certo - le dissi con entusiasmo - ce l’ho da mia sorella.

- Non è qui vicino?

- Si, ma...

- Dai allora, andiamo. - fece lei.

- Ma... mia sorella...

- Mica la mangiamo.

 

 

 
 
 
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