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festa del papà

Post n°4998 pubblicato il 19 Marzo 2019 da alice_s_velata

"Fammi essere ancora figlio.
Solo una volta. Una volta sola.
Poi ti lascio andare.
Ma per una volta, ancora, fammi sentire sicuro.
Proteggimi dal mondo.
Fammi dormire nel sedile dietro il tuo.
Guida tu. Che io sono triste e stanco.
Ho voglia che sia tu a guidarmi, papà.
Metti la musica che ti piace.
Che sarà quella che una volta cresciuto piacerà a me.
Fammi essere piccolo.
Pensa tu per me.
Decidi tu per me.
Mettimi la tua giacca, che a me sembra enorme, perché ho freddo.
Prendimi in braccio e portami a letto perché mi sono addormentato sul divano.
Raccontami storie.
E se sei stanco non farlo. Ma non te ne andare.
Ho voglia di rimanere figlio per sempre.
Abbracciami forte come dopo un gol.
Dormi ancora, come hai fatto, per una settimana su una sedia accanto al mio letto in ospedale.
Rassicurami.
Carezzami la testa.
Lo so che per tutti arriva il momento in cui devi fare da padre a tuo padre.
Ma io non voglio.
Non ora.
Voglio vederti come un gigante. Non come un uccellino.
Non andare, papà.
Ti prego.
Fammi essere ancora figlio.
Fammi essere per sempre tuo figlio."

gabriele corsi

 

 
 
 
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"Non tessevo, non lavoravo a maglia,
cominciavo uno scritto, lo cancellavo
sotto il peso della parola
perché l’espressione perfetta è ostacolata
quando dentro sei oppressa dalla pena.
E se l’assenza è il tema della mia vita
– l’assenza dalla vita –
sulla carta viene fuori il pianto
e il dolore naturale del corpo
che sa la privazione.

Cancello, strappo, soffoco
le urla vive:
“dove sei, vieni, ti aspetto
questa primavera è diversa dalle altre”
e al mattino ricomincio
con nuovi uccelli e lenzuoli bianchi
che si asciugano al sole.
Tu non sarai mai qui
ad annaffiare i fiori con la canna
e i vecchi soffitti che gocciolano
impregnati di pioggia
e la mia personalità
ch’è dissolta nella tua
quietamente, autunnalmente...
Il tuo cuore eletto
– eletto perché io l’ho scelto –
sarà sempre altrove
e io taglierò con le parole
i fili che mi legano
a quest’uomo particolare
del quale ho nostalgia
finché Ulisse diventi simbolo di nostalgia
e navighi per i mari
nella mente di ognuno.
Ogni giorno ti scordo
con passione
perché ti lavi dai peccati
del profumo e della dolcezza
e così purificato
entri nell’immortalità.
È un lavoro duro e ingrato.
Unica ricompensa, se alla fine
capirò cosa sia la presenza umana,
cosa sia l’assenza
o come funziona l’io
in tanta desolazione, in tanto tempo
come nulla fermi il domani
il corpo continua a rigenerarsi
si alza e si corica sul letto
quasi abbattuto a colpi d’ascia
a volte infermo a volte innamorato
sempre con la speranza
che quanto perde in tatto
lo guadagni in sostanza."


Katerina Anghelaki-Rooke

 

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