Creato da philippfriuli il 13/04/2013
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« la solita storia di amantisogno improvviso »

il sole che lascia segni sulla pelle

Post n°45 pubblicato il 14 Giugno 2013 da philippfriuli

La stradina sterrata attraversa la campagna friulana verde di erba e di mais ormai alto. Giù in fondo confluisce, quasi timidamente, nella statale 443  a metà strada tra San Daniele e Osoppo.  All’incrocio, tra  buche, sassi, erba mai tagliata, rifiuti gettati dalle auto, una ragazza , truccata pesante, bionda, siede scomposta su una sedia, una volta bianca, in plastica. Impossibile darle un’età. Non è necessario guardare la sua mini rossa, troppa corta e la sua camicetta bianca, troppo aperta che mette in mostra un minireggiseno che non copre quasi nulla, per capire cosa stia aspettando sotto questo sole cocente di fine giugno. Ogni tanto saluta le auto che rallentano, apre le gambe a mostrare inesistenti mutandine, per poi richiuderle maliziosa a suggerire una variante di programma. In quel momento si possono notare le cosce: abbronzate, fino ad un palmo dai peli chiari, poi molto più bianche dove la mini riesce, a stento, a coprire la carne. Un vecchio trattore Landini passa e ripassa su un campo vicino tirando una specie di elica metallica che gira le strisce dell’erba tagliata al mattino presto. Perché si asciughi del tutto al sole e possa essere imballata la sera stessa. Il conducente è a torso nudo e indossa dei pantaloncini corti. La sua carnagione è abbronzata ovunque. Nerissima. Quasi come un arrosto dimenticato nel forno a cuocere. Impossibile dargli un’età. Ha un cappellino rosso in testa, i suoi capelli sono corti. Né scuri né chiari. Ogni tanto gira la testa per esser certo di non aver tralasciato neanche un striscia d’erba. Ad un certo punto il trattore si ritrova a far manovra a qualche metro dalla ragazza. I due si guardano e si salutano come se si conoscessero da tempo.  E allora penso a lei, a tutte le ore che ha passate all’incrocio delle strade in cerca di clienti. E penso a lui, a quanti giorni passati sui campi polverosi e colorati in perfetta e necessaria solitudine. A come il sole abbia lasciato sulla loro pelle la firma del tempo, dell’attesa, del lavoro. Per un attimo penso che potrebbero completarsi a vicenda, ma un’auto chiara svolta e si ferma a pochi metri da lei. Esce un uomo  in giacca e cravatta. Parla con lei, che si alza e lo segue. Prima di rientrare in auto lui si toglie la giacca: le braccia spuntano bianche dalle maniche corte della camicia.

 
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