BUON ANNO
EASY RIDER
Dicono che noi rivoluzionari siamo romantici. Si è vero lo siamo in modo diverso, siamo quelli disposti a dare la vita per quello in cui crediamo.
Il vero rivoluzionario è guidato da grandi sentimenti d'amore.
La gioventù deve fare esattamente ciò che pensa. L'importante è che non smettiate di essere giovani.
GRAZIE ERBA
OGNI NOSTRA AZIONE
E' UN GRIDO DI GUERRA CONTRO L'IMPERIALISMO
IN QUALUNQUE LUOGO
CI SORPRENDA LA MORTE
CHE SIA LA BENVENUTA
PURCHE' IL NOSTRO GRIDO DI GUERRA
GIUNGA AD UN'ORECCHIO
CHE LO RACCOLGA
E PURCHE' UN'ALTRA MANO
SI TENDA
PER IMPUGNARE LE NOSTRE ARMI.
(ERNESTO "CHE" GUEVARA)
O CARA MOGLIE
« Da Repubblica... | La libertà... » |
Post n°18 pubblicato il 29 Gennaio 2010 da zapata1968
SUB comandante insorto MARCOS L'11 marzo 2001 una marea umana accompagnava un carro tirato da buoi....sopra vi era la Comandancia dell'ejército zapatista de liberaciòn nacional ( E.Z.L.N. ) che 7 anni fa è insorta contro lo Stato Messicano per chiedere che fossero rispettati i diritti degli indios, gli unici eredi di quella civiltà millenaria, legittima "proprietaria" del "nuovo mondo" invaso e colonizzato dagli europei. A capo della Comandancia vi è il SubComandante Marcos, un giovane intellettuale di città convertito alla cultura indigena: è un bianco, ma copre il suo viso con un passamontagna, percorre a cavallo le oscure selve messicane e appare nel buio, accompagnato sempre dal suo computer portatile. Colto, acuto, ironico, figlio della borghesia ha una duplice identità: la sua, sconosciuta (molti dicono sia stato un professore di filosofia e arte, ed altri, come Rosario Ibarra de Piedra, pioniera della lotta per i diritti umani in Messico, dicono di vedere in lui Jesùs Piedra Ibarra, desaparecido politico); l'altra, quella di un guerrigliero al servizio di un popolo oppresso. Ha nel nome un ruolo, quello di subcomandante di un esercito che, armato soprattutto di internet e della ultracentenaria pazienza india, lotta per ridare vita e dignità alle popolazioni precolombiane del Messico. Il suo è il ritratto di chi, "comandando ubbidendo" , si è messo al servizio dei perdenti della Terra, dei dimenticati, dei non riconosciuti che, stanchi, ma non più disperati, hanno imparato a non arrendersi mai, a nessuna condizione. La voce di questi popoli si propaga attraverso quella maschera nera: quella voce, che afferma che in questo nuovo mondo bisogna essere decisi a non cedere il passo al pensiero unico della globalizzazione, che vede nella propria differenza, nella propria non riducibilità a un modello occidentale, l'unica strada per riappropriarsi di se stesso e della propria memoria. A partire dal XVI secolo, i popoli indigeni hanno subito una sistematica campagna di "riduzione" (Reducciòn indigena) che dura fino ai nostri giorni. La reducciòn consiste nel costringerli ad abbandonare i loro villaggi, per aggrupparli in altri più grandi e più controllabili da parte del potere, in modo che perdano la loro lingua e cultura. Tuttavia essi hanno conservato la loro identità nonostante gli oltre cinquecento anni vissuti sotto ogni genere di sopraffazione. Lo storico Jan de Vos dice che gli indios del Chiapas "continuano a formare un settore distaccato dalla rimanente società chiapaneca perché convinti di essere figli della madre Terra, per il loro orgoglio di appartenere a una comunità etnica unica al mondo e per la perseveranza nel parlare le loro antiche lingue e conservare le usanze ancestrali". Questa perseveranza è la resistenza indigena, in molti casi velata, che sfocia in altri in sollevazioni armate o in spostamenti in luoghi disabitati, fuori dal controllo del potere. |
https://blog.libero.it/allende/trackback.php?msg=8346647
I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
AREA PERSONALE
CERCA IN QUESTO BLOG
MENU
I MIEI BLOG AMICI
ULTIMI COMMENTI
Inviato da: zoppeangelo
il 13/11/2013 alle 11:29
Inviato da: zapata1968
il 26/04/2012 alle 21:29
Inviato da: ironwoman63
il 23/04/2012 alle 00:04
Inviato da: zapata1968
il 12/02/2012 alle 16:14
Inviato da: laura_torri
il 12/02/2012 alle 16:00