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POESIA

ALUSIA

Alusia
è armonia
e non sta in Andalusia
E' come una poesia
che esprime fantasia
con un tocco di magia.


Gaetano Tarantino
 

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« Good Morning AustraliaGood Morning Australia »

Good Morning Australia

Post n°19 pubblicato il 26 Ottobre 2007 da alusia_asdpa
 

 

Australia, istruzioni semiserie per l’uso

L’epopea del surf e dei suoi eroi è stata narrata in una splendida

 pellicola americana degli anni ’70,
cult movie che ha inciso profondamente sui gusti di un’intera

 generazione. “A big Wednesday”, “Un mercoledì da leoni”

in italiano, riporta nei sottotitoli una frase scritta senza

 paura della retorica: “ ….arriva un giorno che non è

 come gli altri e nulla dopo sarà più come prima”.
L’Australia, terra del surf, dà esattamente questa

vertigine da momento topico, la sensazione forte di

 costituire un punto nodale, un crocevia nell’esperienza

umana di chi la vive per la prima volta.
A questo stato d’animo ti predispone il viaggio che

per molti di noi si è dipanato via via in un interminabile

Bologna-Roma-Francoforte-Sidney-Brisbane, oltre a

cento chilometri in pullman per raggiungere Surfers

Paradise.  
Già in volo ti rendi conto delle dimensioni, dal momento

in cui si inizia a sorvolare il territorio australiano fino

 a destinazione  passa mezza giornata. La Gold Coast 

vista dall’alto è una lunga lama
di spiaggia bianca conficcata tra la  vegetazione tropicale

dell’interno e l’azzurro dell’oceano, una teoria senza fine

 di grattacieli posti di fronte allo spettacolo sottomarino

della barrier reef, la barriera corallina  che si intuisce

pulsante di vita appena sotto il pelo dell’acqua.
Surfers Paradise è il capoluogo di questa località del

Queensland, e qui erano sistemate  le delegazioni presenti  

 al campionato.  Una città cresciuta a ritmi vertiginosi negli

ultimi vent’anni grazie a generose iniezioni di capitali nipponici,

un po’ Riccione e un po’ Miami, con alcune caratteristiche

originali: finti surf di metallo piantati nel selciato del viale

principale, spruzzi d’acqua a sorpresa dal basso verso l’alto,

illuminazione notturna psichedelica per alcune delle zone

più frequentate.
Per i giovani australiani sono appena terminate le scuole e

 i primi giorni di vacanza vengono vissuti con un’euforia pari

solo alla voglia di trasgressione. Dal nostro osservatorio

privilegiato nella veranda all’aperto del ristorante italiano

“ La Porchetta ” vediamo sciamare lungo Orchid Avenue

 una gioventù che appare più ingenua e meno sofisticata

della nostra: anche qui ombelichi scoperti, zatteroni,

piercing, tatuaggi ma più gaiezza e nessuna traccia di

quell’esibizionismo malinconico da dandy fine ottocento

che si può percepire in alcuni nostri campioni metropolitani.

In questa polveriera i ragazzi della nazionale talvolta

 vengono attratti dalle sirene come Ulisse, c’è qualche

 problema di “esuberanza”, diciamo così, soprattutto

con gli juniores, ma alcuni interventi decisi dello staff 

normalizzano la situazione.
Ogni cosa gravita ovviamente intorno alla spiaggia che

sembra  location ideale per una puntata di Baywatch.

Ma se non ci è dato di assistere all’incedere ancheggiante

di Pamela, possiamo comunque apprezzare la scrupolosità

con cui i bagnini controllano il mare, che non è di plastica

come in altre località balneari.   L’onda è sempre imponente,

 la risacca toglie il fiato al bagnante che vuole guadagnare

la riva, e le giornate di burrasca sono il vero spettacolo della

Gold Coast.
Negli innumerevoli negozi dei centri commerciali il mondo

marinaresco e l’artigianato delle zone interne costituiscono

i temi dominanti dei souvenir per turisti. Il business omologa

tutto, il mito moderno del surf viene esaltato sulle magliette

 così come la cultura ancestrale degli aborigeni,  tradizione

che rivive solo negli intagliatori di boomerang e didgeridoo o

 nei canti propiziatori della nazionale di rugby.
Ho la consapevolezza che solo una piccola parte di questo

territorio ci si appalesa e forse quella che vediamo  noi non

è neanche l’Australia più vera. La rapida puntata al parco

Currumbin Sanctuary ci offre uno spaccato delle foreste

dell’interno, con una vegetazione esagerata e strabordante

 per i nostri canoni di modesti giardinieri della domenica.

Molte piante sono simili alle nostre, la differenza è che ogni

 fiore, ogni arbusto è grande almeno il doppio, come se si

nutrisse di qualche linfa aliena.
Per quanto riguarda gli animali passiamo in rassegna i canonici

esemplari da cartolina, koala e canguri in quantità, ma quello

che impressiona è una sorta di piccolo maiale, assolutamente

 sgraziato, che dicono essere voracissimo e in grado di

divorare un uomo in pochi minuti. Le giornate del campionato

corrono veloci e si avvicina l’incubo delle oltre trenta ore di volo

per il ritorno.
Ognuno nel gruppo ha vissuto questa esperienza in modo

diverso, c’è anche chi si aspettava qualcosa in più da questa

terra mitizzata. Mi sento di poter dire che non si può avere

una cognizione definita degli spazi e di cos’è un orizzonte 

se non si è stati qui e come gli altri penso che bisognerebbe

 tornare per la “faccia buia della luna” come cantavano i

Pink Floyd, la parte di Australia che non abbiamo visto.
Pronti via, ora il vero problema è imbarcare i didgeridoo

come bagagli a mano:  sento che al check in qualcuno ci

prova con una frase tipo "siamo musicisti della filarmonica

aborigena". Da vergognarsi.

                                              Fabio Signorini

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