PREFATIO
La parola non è che un arco spezzato
consegnato a un riflesso,
prigioniera di un ritmo imposto.
Il significato è il suo incubo
sedimentato con la forza.
Una parola non è che un viaggio
che nulla abbandona e nulla cancella.
Azione linguistica di Paolo Zignani, sommessa, infittita d'ombre e ispessita di impreviste ospitalità. Qui trovano rifugio narrazioni in versi e in prosa, al timido tepore dello sguardo del viandante mediato, che in se stesso partecipi comprensivamente del moto di frantumazione e ricomposizione del testo. Che colui che passa sappia ascoltare il profugo logos che tutto abbraccia. Che una bussola labirintica ne orienti l'arguto interpretare.
I tag indicano il tipo di composizione: poesie (una per post) o racconti (anche suddivisi in più post), ma non mancano appunti di filosofia e riflessioni sulla letteratura, la musica, la storia. Proprio i tag offrono un salvagente, un orientamento ai rari nantes smarriti nel gurgite dei post. Questo spazio soggiace alla tentazione razionalistica e perciò truffaldina di porgere un indice, un vademecum, un'irradiazione orientata all'audace viatore ermeneutico, cui spetterebbe il destino ben più ardito e soave dello smarrimento nell'infinito.
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Mancano solo le ascisse e le ordinate, eppure nulla sembra più serenamente in ordine come l'ambiente mozartiano: fonte di pace interiore, terreno di palpitante vitalità orientata a un lieto, gratificante, quieto sviluppo. Sembra che così apparisse a Tchaikovski: un miraggio illegittimo dalla genesi autogiustificata, prodotta sulla via del rifugio della sua gloriosa follia creatrice. La villa palladiana, il salotto ottocentesco, il giardino francese, l'ambiente dominato dall'architettura, dalla pace dell'ordine, come un eden umanizzato, civilizzato. Un miraggio tuttavia indifeso. Irrompe la furia degli incubi confessati nelle ultime tre sinfonie (la Quarta, la Quinta e la Sesta). Incubi, visioni diaboliche, orribile, che sconvolgono l'animo. L'isola mozartiana, quello stile settecentesco che spunta qua e là, quella grazia che affiora nei balletti, in alcuni brani sinfonici, viene travolta. Imperversa la furia, che s'impossessa della potenza del genio russo, esaltato, entusiasta, posseduto da una torbida gioia creatrice noire. Sembra potenza infernale, che però si salva lanciandosi nel volo di quelle melodie altissime, travolgenti, vertiginose. Che ne è più del romanticismo? Si apre un orizzonte sconvolto e irregolare. Il romanticismo si squarcia a uragani passionali. E' il tempo delle rivolte di massa dei servi. Dei moti rivoluzionari in Europa. Le sinfonie di Tchaikovski sono scritte per un tempo ulteriore. |
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