Campo arato della nostra anima:solchi profondi lo rendono tenero,accogliente e fertile di vita nuova.Chi ha sparso il suo sudoreper lavorare noi, terra brulla?Erbacce ancora persistononell'ombra del nostro pensiero:ora conviveranno con le spighe.
Senza alcun pensiero,come inutile erbache pure gode il sole,percorrere un sentiero.Lo sguardo si riempiedella paglia doratache innalza verso il cielomuta preghiera delicata.
La bruna bellezzadella palma dei resi erge superba e allargagli arditi ventagli.Contro la luce accecanteapre uno scontro violentodi scudi e aguzze lance:che la frescura prevalga.
Tutto ha una sua fine necessaria:che sia un santuario di pietrao un albero svettante nel cielomostrerà una rovina di sé.Così le nostre orgogliose certezzesi trasformano in cammino:siamo più forti nella debolezza,nel rialzarci dopo ogni crollo.
Ti hanno ferito, scorticato, abbandonato.Le tue piaghe sono ancora aperte,la tua pelle, lacerata, grida.Gli altri sono ignari della tua fine:vivono, respirano, sono uniti e felici.Ma davanti a me ci sei tu, caro,e non posso celarti alla mia vista:lascerò memoria del tuo martirio.
Luogo dell'infinitodove si rivela all'animola sua malinconiadi essere così piccolo.Il sogno di esseresemplice e liberoin un piccolo spaziorivolto all'infinito.
Silenzi, intimitàfra luci ed ombre,là dove veliracchiudono speranze,aprono voli ai sogni.E' sentirsi liberiin sempre nuova accoglienza.E' sentire di letti morbidiil conforto.
Quando furono i giorni, ogni cosa si formòe cambiò secondo immutabili leggi.Le montagne s'alzarono dall'oceano,per amore di vita, si divisero in massi.Sulla riva il mare li sfiorò; ad unoad uno modellò fiori di pietra.Quel che prima appariva solo caosfu allora un distendersi di pace.
Forza e fragilitàroccia e microcristalliche graffiano i piedio sfuggono fra le dita.Metafore della vitadura e soffice,dipende dove atterri:sul sasso o nella duna.