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Matteo e Giuseppe, visti da vicino

Matteo e Giuseppe, visti da vicino.
18/09/2014
Di F. Allegri
Oggi voglio fare un post centrato sui 2 protagonisti della politica italiana, o meglio sul protagonista e sulla sua ombra!
In questo momento, la politica italiana ha un solo protagonista: Matteo Renzi.
In premessa scrivo che i paesi poveri politicamente o se preferite arretrati sono quelli che hanno un solo protagonista della politica e ti conseguenza ribadisco che questo paese è politicamente arretrato.
Premesso questo posso cercare di delineare le contraddizioni di Renzi, del renzismo e del mondo che cerca di contrastarlo. La prima cosa che noto è curiosa: A sinistra molti si disperano per il boom elettorale del PD e per l’innegabile affermazione individuale di Renzi.
Il mio amico Massimo Haller Marconcini ha fatto una metafora arguta in una domanda: se 50 ex comunisti e 1 democristiano salgono su un pullman, chi è l’autista? La risposta è: l’autista è Matteo Renzi, gli altri andranno dove va il pullman!
Tornando al discorso politico, la forza di Renzi è quella di dare ai democratici un progetto di medio termine che piace agli elettori; il medio termine è fino a dicembre 2015. Questa è anche la scadenza presumibile del prolungamento della presidenza della repubblica di Giorgio Napolitano.
Io non ho votato alle europee e non avrei mai votato Renzi e il PD, ma giudico positiva per il paese la sua vittoria che può dare consistenza ad una contro tendenza economica che credo sia in arrivo per ragioni internazionali.
Detto questo, constato che la parabola ascendente di Renzi è stata ripida e ininterrotta.
Renzi è un libero professionista della politica che deve il proprio successo alle sue capacità personali e anche al fatto che ha trovato un sentiero nel deserto politico giudiziario che lo circondava per arrivare a Roma.
Il suo elettorato non ha un’identificazione sociale, esso esprime un voto di opinione e non è omogeneo, può smarcarsi dal convegno di Cernobbio e anche dal confronto con i sindacati confederali, specie se questi non impostano uno scontro di piazza.

Una domanda importante è la seguente: come mai gli uomini potenti del PD hanno accettato in massa un simile segretario? Qui penso alla parte potente del PD, ai suoi dirigenti noti e a quelli della sua galassia di riferimento. Sono possibili tante risposte, ma io preferisco questa: il PD vuole essere il partito di riferimento del GRANDE CAPITALE EUROPEISTA e coglie questa opportunità nel momento in cui si acuisce il declino di Berlusconi. Il modello di riferimento è Tony Blair. Il 41% dei voti ottenuti alle europee rende possibile questo obbiettivo, specie se tale risultato sarà confermato dalle elezioni politiche che potrebbero anche essere anticipate all’estate del 2015 o al 2016, se le condizioni economiche saranno migliorate.

Chiarito l’obbiettivo, va aggiunto che Renzi ha davanti almeno 2 anni impegnativi durante i quali ha la responsabilità di mantenere le promesse fatte e ancor più di soddisfare una parte delle aspettative alimentate. Cosa farà davvero? La prima aspettativa dei Renziani è una piccola rottamazione della burocrazia: province costruite sul modello francese, riforma dei ministeri, accorpamento di partecipate (non saranno 1000, scenderanno a 6000, forse a 4000) ed enti di potere. La seconda è più incerta: una parte cospicua dei suoi elettori vuole meno austerità e più crescita. Qui tutto dipende da Hollande e dalle sue iniziative europee, Renzi si è posto in scia della Francia e cerca una sinergia con questo paese. Tra 6/8 mesi farò il punto su questa sfida, per ora faccio una considerazione secondaria e accessoria: Una parte degli elettori di Renzi non è europeista e neanche lui lo è al 100% anche se ha incassato gli elogi europeisti della stampa internazionale. Di conseguenza, Renzi dovrà dosare e contenere le sue critiche a Bruxelles senza tacitarle del tutto.
Renzi ha anche degli alleati potenti e questi hanno fatto richieste precise:
a) indebolimento del sindacato soprattutto attraverso la riforma dei contratti nazionali;
b) Riduzione del pubblico impiego, specie al sud;
c) Spending review, in una prospettiva reale che è clientelare e tese a privatizzare beni pubblici di pregio.

Questi alleati potenti sono esigenti, vorranno soddisfazioni immediate, queste saranno nascoste nei prossimi atti e noi le sapremo fra qualche tempo. Renzi è tuttora protagonista, i Renziani dell’ultima ora continuano a stare con lui.
Egli ha un unico punto debole, le piazze. Se queste saranno vuote lui continuerà a navigare e cambierà anche la costituzione, in meglio, tra l’altro, ma non in modo durevole.

Ora posso trattare del suo avversario presunto, di quello che ho definito la sua ombra: di Beppe Grillo Farage, un attore che scopre la politica in vecchiaia e che cerca di andare oltre Hitler e Berlinguer. Mi ispiro in piccola parte ad uno scritto di Pino Cabras apparso il 31 maggio sul sito megachip.globalist.it dove Grillo è difeso dall’attacco della stampa europeista dominante!
Continuo a pensare che Grillo abbia imboccato il viale del tramonto politico a novembre 2012 e che abbia avuto un successo di un giorno e mezzo a fine febbraio 2013. Il resto è tutto un disastro, al momento, non irreversibile, ma grave e crescente. Come ho anticipato in parte in uno scritto recente, il m5s è andato al voto europeo senza candidati e senza un programma ovvero senza un’identità ed è stato dimezzato.
Solo dopo il voto europeo, Grillo ha avuto il coraggio (o la necessità di fare una scelta) e questa è l’alleanza con Nigel Farage. Va scritto che si tratta del vecchio modo di fare politica: prima si vota e poi si decide! Questo deve farci pensare molto. Di sicuro questa scelta ha offerto un bersaglio per l’artiglieria del giornalismo oligarchico italiano che ha anche incassato la vittoria di Renzi.
Grillo sconterà mille volte questa alleanza, ma forse è quello che vuole se punta ancora a ridimensionare il m5s.
L’UKIP non sarebbe tanto brutto come lo dipingono i nostri giornali, ma è anti europeista e questo basta per contestargli qualunque nefandezza e per trovare un terreno di scontro con il m5s dove la partitocrazia è vincente sia a livello di vertici politici che di consenso popolare se è vero che gli elettori più attivi sono anche più europeisti mentre chi contesta si astiene.
Io continuo a pensare che le scelte errate di Grillo e Casaleggio siano consapevoli, cioè che gli effetti ottenuti (prevedibili) siano anche quelli voluti.
Un difetto vecchio e vero dei partiti italiani (che sono anche delle imprese, con redditi e dipendenti) è quello di creare una nicchia di potere irresponsabile nelle istituzioni per poter realizzare progetti non espliciti. Questa realtà antica, insieme ad un’irresponsabilità che è fenomeno generalizzato, aiuta a capire molte cose.
La vera natura del m5s non è informatizzata e tecnologica, è ottocentesca: siamo al piccolo gruppo di potere e ai vecchi comitati elettorali che gestivano tutte le decisioni importanti.
Fino ad oggi e per queste ragioni, il movimento non è stato capace di andare in piazza molto spesso e le poche volte che l’ha fatto non ha mai avuto un vero tema di scontro.
Ora cominciate a capire perché dico che Grillo è l’ombra di Renzi e non un vero avversario?
E’ disorganizzato e disorganizzante, decide in gruppi ristretti e oltre i personal computer, non sa trovare alleati forti e credibili (che forse non ci sono)!
Io sono contro la “fascistizzazione” del m5s, ma devo scrivere che questo movimento non serve al paese e a ben vedere non serve a nulla, ma fa comunque paura ai potentati.
Questo m5s contiene le energie per diventare qualcosa di migliore e utile: i potentati lo sanno, Grillo e i suoi eletti no.

 
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