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Disoccupazione in età adulta


C'è un grave paradosso che da anni, con il prolungarsi della crisi economica, scava e indebolisce la tenuta economica e sociale di molte famiglie di lavoratori. Mentre imprenditori, politici e media con insistenza, continuano a sostenere la necessità di prolungare la permanenza nel mondo del lavoro dei dipendenti, ponendo alla base di questo ragionamento la sostenibilità del sistema previdenziale, dall'altro (nella realtà), la scelta economica delle imprese, a partire dagli anni '90, ha avviato processi di "svecchiamento" che mirano a liberarsi delle persone prossime ai 50 anni. Età a rischio di espulsione che le recenti indagini hanno abbassato, portando il limite alla soglia dei 40 anni.. Benché il D.L. 216 del luglio 2003 e la legge Biagi (art. 10 del D.L. 276/2003) vietino la discriminazione in base all'età nelle offerte di lavoro, è sufficiente scorrere qualsiasi pubblicazione che ospita offerte di impiego per rendersi conto, che nella stragrande maggioranza, il requisito dell'età non superi i 35 anni. Vi è quindi una fascia di disoccupati o occupati a rischio di licenziamento individuale per i quali non esistono reali possibilità di ricollocamento. Prigionieri di un gioco perverso che li allontana dal pensionamento, con l'allungamento dei requisiti necessari, e dall'altro li discrimina come merce "scaduta" per il lavoro. Il fenomeno riguarda indistintamente i lavoratori che vengono allontanati a livello individuale e quelli delle piccole aziende e uffici al disotto dei 15 dipendenti (il tessuto economico più diffuso nella nostra zona), dove la non applicabilità dell'articolo 18 permette di licenziare senza giusta causa, liberandosi del lavoratore con i sindacali tre mesi di preavviso. Lontano dall'attenzione dei giornali, senza la visibilità delle mobilitazioni sindacali e leggi speciali, che ancora nel 2004 consentivano ai lavoratori delle aziende in crisi il prepensionamento, migliaia di lavoratori in età matura sono caduti nel girone infernale della disoccupazione. Fatto di attese, di preoccupazione che cresce, ansia, che rischia di esplodere in conflitti nel nucleo famigliare, come ci viene segnalato da associazioni di settore. Nella maggior parte dei paesi Europei, la logica degli ammortizzatori sociali è concepita per sostenere il reddito di chi è privo di lavoro (di tutti i cittadini) e non dalle esigenze delle imprese in difficoltà, che trovano modo di liberarsi degli esuberi a spese degli enti previdenziali, come capita purtroppo in Italia. In questi giorni, in cui emerge con forza il sostegno al rilancio economico, non può essere ancora una volta ignorato il problema del sostegno al reddito dei disoccupati in età matura e una politica attiva per il loro reinserimento, respingendo i comportamenti discriminanti nelle aziende.R.C.