Gira si la vòi gira'

I Cantastorie


 
Il "Sor capanna" è stato l'ultimo e il più grande cantastorie romano, perché, vero artista della strada, sapeva presentare con la sua mimica le varie canzoni o parodie, commentandole, con quella satira che derideva i difetti degli uomini, tramandata ai romani da Pasquino.
Si assisteva nelle varie piazze di Roma a gustosi duetti improvvisatati interpretati dal Capanna col suo compagno di giorno. La critica era sempre rivolta a negozianti, padroni di casa, avvenimenti politici, donne, serve, "pescicani", ribattezzati, nell'ultima guerra, con "borsari neri", ma, trovandosi a far piazza in Trastevere, diceva a quei popolani:" Nun parlo mica de le donne de sto' rione; parlo, s'intende, de quelle de San Lorenzo", adattando, poi, le stesse frasi a seconda della località.Però, tale gherminella, ad onor del vero, l'adottò per primo un precedente Cantastorie, tale Francesco Calzaroni, che morì dopo il 1870. E l'aria musicale che accompagnava le strofe capannesche risaliva a un altro Cantastorie, certo "Peppaccio" vissuto verso la metà dell'800, il quale, a sua volta, l'aveva tratta dalle note di una novena di S. Alfonso de Liguori. E giache ci troviamo a dare a Cesare cio che è di Cesare, dobbiamo pur dire che il seguente stornello, attribuito ancor oggi al " Sor Capanna" sono invece di quell'artista insuperato che fu Ettore Petrolini:Appena cominciò l'inno realela gente ner teatro s'arzo in piede,sortanto Giovannino lo spezzialeessenno socialista resto a sede.Tutti dissero:" A la porta!"Lui rispose: "Che m'importa?Ti fo, sapere: conservo li principi ner sedere".