La Bona Dea era una divinità laziale il cui vero nome non ci è mai pervenuto: il suo culto era prerogativa esclusiva delle donne, le uniche che conoscessero e potessero pronunciare ad alta voce il suo nome. Esse erano inoltre depositarie di un linguaggio misterioso chiamato Damium e sconosciuto ai più. Ad ogni essere di sesso maschile, umano o animale che fosse, era proibito avvicinarsi al suo tempio e alle cerimonie in suo onore.La Bona Dea venne identificata anche come Fenteia, Fauna od Ops; sono comunque giunti fino a noi alcuni degli epiteti che venivano usati dalle sue sacerdotesse per venerarla. Tra essi troviamo Feminea Dea (la Dea delle donne), Laudandae Dea (Colei che deve essere venerata) e Sancta (la Santa). Simboli della Dea erano il serpente e la cornucopia, a loro volta indizio di salute, abbondanza e fertilità.Secondo gli scritti di Lattanzio, la Dea fu moglie di Fauno: donna di eccezionali virtù, abile in ogni arte e domestica e pudica a tal punto da rifiutarsi d'uscire di casa pur di non incrociare lo sguardo d'altro uomo che non fosse suo marito. Purtroppo la sua perfetta condotta non le impedì, un giorno, di ubriacarsi con una bottiglia vino trovata in casa durante l'assenza di Fauno. Quando questi torn e la trovò ubriaca, la sua ira fu talmente devastante da provocare la morte della donna, colpendola ripetutamente e con forza con verghe di mirto. Per questo motivo, nei luoghi a lei dedicati, il mirto è stato completamente bandito. Secondo altre fonti, invece, la Bona Dea non fu moglie di Fauno, bensì la figlia o la sorella: queste opzioni ci ricordano in qulche modo la triplicità della Dea Madre, comune ai culti femminili pagani sin dai tempi più antichi.Il tempio a lei dedicato era collocato sotto il colle Aventino in Roma, nella zona detta Saxum: per questo motivo veniva anche indicato come Subaxana. Venne costruito, indicativamente, nel 272 a. C. quando il suo culto si fuse assieme a quello della dea greca Damia, dopo la conquista romana di Taranto. Ad oggi, in quella zona, sorge la basilica di Santa Balbina. Attorno al tempio si trovava un bosco sacro dove ogni anno, nei primi giorni di dicembre, venivano celebrati dalle sacerdotesse (le Vergini Vestali) i misteri a lei dedicati. Il 3 dicembre, invece, le donne si riunivano a casa di uno dei principali magistrati della città per propiziarsi la salute e la fortuna del popolo romano. Nel 62 a. C. Publio Clodio, curioso di scoprire in cosa consistessero queste celebrazioni invernali, si introdusse nella casa di Giulio Cesare travestito da donna. Egli venne però scoperto e accusato di profanazione: il fatto scatenò una vera e propria crisi politica.
IL MITO DELLA BONA DEA
La Bona Dea era una divinità laziale il cui vero nome non ci è mai pervenuto: il suo culto era prerogativa esclusiva delle donne, le uniche che conoscessero e potessero pronunciare ad alta voce il suo nome. Esse erano inoltre depositarie di un linguaggio misterioso chiamato Damium e sconosciuto ai più. Ad ogni essere di sesso maschile, umano o animale che fosse, era proibito avvicinarsi al suo tempio e alle cerimonie in suo onore.La Bona Dea venne identificata anche come Fenteia, Fauna od Ops; sono comunque giunti fino a noi alcuni degli epiteti che venivano usati dalle sue sacerdotesse per venerarla. Tra essi troviamo Feminea Dea (la Dea delle donne), Laudandae Dea (Colei che deve essere venerata) e Sancta (la Santa). Simboli della Dea erano il serpente e la cornucopia, a loro volta indizio di salute, abbondanza e fertilità.Secondo gli scritti di Lattanzio, la Dea fu moglie di Fauno: donna di eccezionali virtù, abile in ogni arte e domestica e pudica a tal punto da rifiutarsi d'uscire di casa pur di non incrociare lo sguardo d'altro uomo che non fosse suo marito. Purtroppo la sua perfetta condotta non le impedì, un giorno, di ubriacarsi con una bottiglia vino trovata in casa durante l'assenza di Fauno. Quando questi torn e la trovò ubriaca, la sua ira fu talmente devastante da provocare la morte della donna, colpendola ripetutamente e con forza con verghe di mirto. Per questo motivo, nei luoghi a lei dedicati, il mirto è stato completamente bandito. Secondo altre fonti, invece, la Bona Dea non fu moglie di Fauno, bensì la figlia o la sorella: queste opzioni ci ricordano in qulche modo la triplicità della Dea Madre, comune ai culti femminili pagani sin dai tempi più antichi.Il tempio a lei dedicato era collocato sotto il colle Aventino in Roma, nella zona detta Saxum: per questo motivo veniva anche indicato come Subaxana. Venne costruito, indicativamente, nel 272 a. C. quando il suo culto si fuse assieme a quello della dea greca Damia, dopo la conquista romana di Taranto. Ad oggi, in quella zona, sorge la basilica di Santa Balbina. Attorno al tempio si trovava un bosco sacro dove ogni anno, nei primi giorni di dicembre, venivano celebrati dalle sacerdotesse (le Vergini Vestali) i misteri a lei dedicati. Il 3 dicembre, invece, le donne si riunivano a casa di uno dei principali magistrati della città per propiziarsi la salute e la fortuna del popolo romano. Nel 62 a. C. Publio Clodio, curioso di scoprire in cosa consistessero queste celebrazioni invernali, si introdusse nella casa di Giulio Cesare travestito da donna. Egli venne però scoperto e accusato di profanazione: il fatto scatenò una vera e propria crisi politica.