Sonoviva

LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI


Lo spunto l'ho preso leggendo uno degli ultimi post dello splendido Mizar nel quale si soffermava a ricordare fatti e persone che facevano parte di un mondo distante solo pochi anni, ma per lo più ormai scomparso. Un mondo fatto di povertà ma anche di grande umanità, di persone la cui individualità era sottolineata da gesti, a volte buffi, da nomi spesso legati a peculiari caratteristiche fisiche o psichiche o comportamentali.  Un passaggio nella memoria che, se fatto da parte di una persona adulta, può dare il senso della struggente malinconia che nasce dal passare inesorabile degli anni; ma che quando scaturisce dall'animo di un giovane ha un sapore del tutto diverso e credo serva a sottolineare, qualora ce ne fosse bisogno, la solitudine dalla quale le nostre esistenze oggi sono avvolte. Molti di noi si sentono e sono come dei numeri primi che vagano qui e là senza alcun rapporto tra di loro, privati dell'umano legame di solidarietà, di conoscenza, di condivisione. Ed in questa realtà, fatta appunto di solitudine, sono i più sfortunati a soccombere, oppure i più deboli. Penso alle persone con disagi mentali, alle loro famiglie lasciate senza aiuto; penso a chi prima, nella comunità del piccolo centro, poteva trovare un ruolo ed un abbraccio protettivo da parte di tutti:  lo scemo del paese ad esempio, anche lui aveva la sua dignità ed, a modo suo, sapeva anche di avere un ruolo nel piccolo mondo circoscritto dove le relazioni umane seguivano percorsi ormai ai più sconosciuti.     Penso anche a tutte quelle donne e quegli uomini lasciati soli a gestire conflittualità derivanti dalla vita di coppia, dal divenire genitori, da separazioni spesso devastanti, da malattie. Penso ai giovani soli per ore ed ore, a cui spesso e, soprattutto da parte della mia generazione, si è chiesto di fare loro i genitori; giovani che si sono dovuti sobbarcare il peso di genitori eternamente bambini, da controllare perché non si facessero troppo del male....; penso ai bambini con le baby sitter e i nidi d'infanzia; li vedo ancora fagottini avvolti in calde coperte essere costretti a lasciare il nido per trascorrere ore ed ore in un luogo sconosciuto, non nido, non casa, ma solo luogo anonimo di deposito bagagli. Come potrà un bimbo crescere sereno sentendosi di peso già dalla nascita? Se è vero che la società si sviluppa intorno al primo nucleo, ovvero alla famiglia, bisognerebbe che le donne, invece di lottare per allontanarsi dalla propria casa, lottassero per rivendicare il diritto a vivere in pieno la propria maternità, mirando al raggiungimento di obiettivi veramente rivoluzionari che sono  già  realtà per altri Paesi europei, come la Norvegia che ha recuperato il senso della lentezza e della priorità del privato rispetto al raggiungimento degli obiettivi della carriera e del lavoro. Dico della donna perché lo sono ma certo, questo vale per tutta la società, ognuno per la sua parte, affinché non accada più che le persone si sentano sole e sperdute con tutte le problematiche connesse al vivere quotidiano, e soprattutto quando queste problematiche siano, per qualche ragione, più critiche rispetto ad altre.