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Nel mucchio di parole

Post n°361 pubblicato il 07 Gennaio 2009 da ambrogiomusica

Nel mucchio di parole
scegli le sette sole:
quella di te
di un altro
delle bestie
del mare
del bosco
della luce
e ricordare.


Nel mucchio di parole
scegli le sette forti:
quella che sei
che siamo
dell’essere
del dare
del silenzio
del fuoco
e ricordare.


Nel mucchio di parole
scegli le sette grandi:
quelle di qui
d’altrove
del parlare
del fare
del pane
dell’amore
e ricordare.

Roberto Piumini in "Sole, scherzavo" Nuove Edizioni Romane 1994

musica di Andrea Basevi in "Nel mucchio di parole" Pizzicato ed. 2007

 
 
 

Post N° 360

Post n°360 pubblicato il 31 Dicembre 2008 da ambrogiomusica

Canzone del giorno di sempre

Che bello vivere giorno per giorno..
La vita, così, non stanca...

Vivere solo di momenti
come queste nuvole in cielo...

E guadagnare solo, tutta la vita,
Inesperienza...speranza...

E la rosa pazza dei venti
presa nella falda del cappello.

Mai ho dato nome ad un fiume:
è sempre un altro fiume che passa.

Nulla mai continua,
tutto ricomincia!

E senza alcun ricordo
di altre occasioni perdute,
tiro la rosa del sogno
nelle tue mani distratte...

Mario Quintana

 
 
 

Post N° 359

Post n°359 pubblicato il 31 Dicembre 2008 da ambrogiomusica

Non volo su di lui, non fuggo da lui
sotto le radici degli alberi. Troppo vicina.
Non con la mia voce canta il pesce nella rete.
Non dal mio dito rotola l'anello.
Sono troppo vicina. La grande casa brucia
senza che io chiami aiuto. Troppo vicina
perché la campana suoni sul mio capello.
Troppo vicina per entrare come un ospite
dinanzi a cui si scostano i muri.
Mai più morirò così leggera,
così fuori dal corpo, così ignara,
come un tempo nel suo sogno. Troppo,
troppo vicina. Sento il sibilo
e vedo la squama lucente di questa parola,
immobile nell'abbraccio. Lui dorme,
più accessibile ora alla cassiera d'un circo
con un leone, vista una sola volta,
che non a me distesa al suo fianco.
Per lei ora cresce in lui la valle
con foglie rossicce, chiusa da un monte innevato
nell'aria azzurra. Io sono troppo vicina
per cadergli dal cielo. Il mio grido
potrebbe solo svegliarlo. Povera,
limitata alla propria forma,
ed ero betulla, ed ero lucertola,
e uscivo dal passato e dal broccato
cangiando colori delle pelli. E possedevo
il dono di sparire agli occhi stupiti,
ricchezza delle ricchezze. Vicina,
sono troppo vicina perché mi sogni.
Tolgo il braccio da sotto la sua testa,
intorpidito, uno sciame di spilli.
Sulla capocchia d'ognuno, da contare,
sono seduti angeli caduti.


Wislawa Szymborska

 
 
 

Se ci fosse un uomo

Post n°358 pubblicato il 08 Dicembre 2008 da ambrogiomusica

Se ci fosse un uomo
un uomo nuovo e forte
forte nel guardare sorridente
la sua oscura realtà del presente.

Se ci fosse un uomo…

Forte di una tendenza senza nome
se non quella di umana elevazione
forte come una vita che è in attesa
di una rinascita improvvisa.

Se ci fosse un uomo.

Se ci fosse un uomo generoso e forte
forte nel gestire ciò che ha intorno
senza intaccare il suo equilibrio interno
forte nell'odiare l'arroganza
di chi esibisce una falsa coscienza
forte nel custodire con impegno
la parte più viva del suo sogno
se ci fosse un uomo.

Se ci fosse un uomo.

Questo nostro mondo ormai è impazzito
e diventa sempre più volgare
popolato da un assurdo mito
che è il potere.
Questo nostro mondo è avido e incapace
sempre in corsa e sempre più infelice
popolato da un bisogno estremo
e da una smania vuota che sarebbe vita
se ci fosse un uomo.

Se ci fosse un uomo.
Se ci fosse un uomo.

Allora si potrebbe immaginare
un umanesimo nuovo
con la speranza di veder morire
questo nostro medioevo
col desiderio che in una terra sconosciuta
ci sia di nuovo l'uomo al centro della vita.

Allora si potrebbe immaginare un neo rinascimento
un individuo tutto da inventare
in continuo movimento.
Con la certezza
che in un futuro non lontano
al centro della vita ci sia di nuovo l’uomo.

[parlato] Un uomo affascinato da uno spazio vuoto che va ancora popolato.
Popolato da corpi e da anime gioiose che sanno entrare di slancio nel cuore delle cose
popolato di fervore e di gente innamorata ma che crede all'amore come una cosa concreta
popolato da un uomo che ha scelto il suo cammino senza gesti clamorosi per sentirsi qualcuno
popolato da chi vive senza alcuna ipocrisia col rispetto di se stesso e della propria pulizia.
Uno spazio vuoto che va ancora popolato.
Popolato da un uomo talmente vero che non ha la presunzione di abbracciare il mondo intero
popolato da chi crede nell'individualismo ma combatte con forza qualsiasi forma di egoismo
popolato da chi odia il potere e i suoi eccessi ma che apprezza un potere esercitato su se stessi
popolato da chi ignora il passato e il futuro e che inizia la sua storia dal punto zero.
Uno spazio vuoto che va ancora popolato.
Popolato da chi è certo che la donna e l'uomo siano il grande motore del cammino umano
popolato da un bisogno che diventa l'espressione
di un gran senso religioso ma non di religione
popolato da chi crede in una fede sconosciuta dov'è la morte che scompare quando appare la vita
popolato da un uomo cui non basta il crocefisso ma che cerca di trovare un Dio dentro se stesso.

Allora si potrebbe immaginare
un umanesimo nuovo
con la speranza di veder morire
questo nostro medioevo
col desiderio
che in una terra sconosciuta
ci sia di nuovo l'uomo
al centro della vita.

Con la certezza
che in un futuro non lontano
al centro della vita
ci sia di nuovo l'uomo.

Giorgio Gaber

 
 
 

Canción del árbol del olvido

Post n°357 pubblicato il 22 Novembre 2008 da ambrogiomusica

En mis pagos hay un árbol,
que del olvido se llama,
al que van a despenarse, vidalitay,*
los moribundos del alma.

Para no pensar en vos,
bajo el árbol del olvido,**
me acosté una nochecita, vidalitay,
y me quedé bien dormido.

Al despertar de aquel sueño***
pensaba en vos otra vez,
pues me olvidé de olvidarte, vidalitay,
en cuantito me acosté.


* Víctor Jara dice “En mi pago hay un árbol / que del olvido se llama / donde van a consolarse, vidalitay”.
* Alfredo Zitarrosa dice “En mis pagos hay un árbol / que del olvido le llaman, / donde van a despenarse, vidalitay”.
** Víctor Jara dice “en el árbol del olvido”.
*** Alfredo Zitarrosa dice “Y al despertar de ese sueño”.

(Fernán Silva Valdés - Alberto Ginastera - 1938)

Nel mio terreno c'è un albero, / che si chiama della dimenticaza, / dove vanno a coricarsi, vidalita, /  i moribondi dell'anima. / Per non pensare a voi, / sotto l'albero della dimenticanza, / mi sono accucciato una piccola notte, vidalita, / e mi sono molto ben addormentato. / Allo svegliarmi da quel sogno / pensavo ancora una volta a voi, / perché mi dimenticai di dimenticarti, vidalita, / quando mi accucciai.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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