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L’uomo folle

Post n°33 pubblicato il 21 Marzo 2006 da andreagasse

Avete sentito di quel folle uomo che accese una lanterna alla
chiara luce del mattino, corse al mercato e si mise a gridare incessantemente:
“Cerco Dio! Cerco Dio!”. E poiché proprio là si trovavano raccolti molti di
quelli che non credevano in Dio, suscitò grandi risa. “È forse perduto?” disse
uno. “Si è perduto come un bambino?” fece un altro. “0ppure sta ben nascosto?
Ha paura di noi? Si è imbarcato? È emigrato?” – gridavano e ridevano in una
gran confusione. Il folle uomo balzò in mezzo a loro e li trapassò con i suoi
sguardi: “Dove se n’è andato Dio? – gridò – ve lo voglio dire! Siamo stati
noi ad ucciderlo: voi e io! Siamo noi tutti i suoi assassini! Ma come
abbiamo fatto questo? Come potemmo vuotare il mare bevendolo fino all’ultima
goccia? Chi ci dètte la spugna per strusciar via l’intero orizzonte? Che mai
facemmo, a sciogliere questa terra dalla catena del suo sole? Dov’è che si
muove ora? Dov’è che ci moviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un
eterno precipitare? E all’indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati?
Esiste ancora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un
infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è fatto piú freddo?
Non seguita a venire notte, sempre piú notte? Non dobbiamo accendere lanterne
la mattina? Dello strepito che fanno i becchini mentre seppelliscono Dio, non
udiamo dunque nulla? Non fiutiamo ancora il lezzo della divina putrefazione?
Anche gli dèi si decompongono! Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo
ucciso! Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini? Quanto
di piú sacro e di piú possente il mondo possedeva fino ad oggi, si è
dissanguato sotto i nostri coltelli; chi detergerà da noi questo sangue? Con
quale acqua potremmo noi lavarci? Quali riti espiatòri, quali giochi sacri
dovremo noi inventare? Non è troppo grande, per noi, la grandezza di questa
azione? Non dobbiamo noi stessi diventare dèi, per apparire almeno degni di
essa? Non ci fu mai un’azione piú grande: tutti coloro che verranno dopo di noi
apparterranno, in virtú di questa azione, ad una storia piú alta di quanto mai
siano state tutte le storie fino ad oggi!”. A questo punto il folle uomo
tacque, e rivolse di nuovo lo sguardo sui suoi ascoltatori: anch’essi tacevano
e lo guardavano stupiti. Finalmente gettò a terra la sua lanterna che andò in
frantumi e si spense. “Vengo troppo presto – proseguí – non è ancora il mio
tempo. Questo enorme avvenimento è ancora per strada e sta facendo il suo
cammino: non è ancora arrivato fino alle orecchie degli uomini. Fulmine e tuono
vogliono tempo, il lume delle costellazioni vuole tempo, le azioni vogliono
tempo, anche dopo essere state compiute, perché siano vedute e ascoltate.
Quest’azione è ancora sempre piú lontana da loro delle piú lontane
costellazioni: eppure son loro che l’hanno compiuta!”. Si racconta
ancora che l’uomo folle abbia fatto irruzione, quello stesso giorno, in diverse
chiese e quivi abbia intonato il suo Requiem aeternam Deo. Cacciatone
fuori e interrogato, si dice che si fosse limitato a rispondere invariabilmente
in questo modo: “Che altro sono ancora queste chiese, se non le fosse e i
sepolcri di Dio?”.

 
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