Creato da AndyilMatto81 il 25/10/2006
le avventure e la vita di uno qualunque
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è stato bello finchè è durato ringrazio tutti coloro che son passati di qui in quest'anno e mezzo...BYE...non cancellerò il blog...ma semplicemente non ci scriverò più...Addio
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Emozioni
Pensieri.
Giri astratti di lettere, parole, frasi,
che compongono 1000 immagini nella mente.
Confusione.
Si accavallano 1000 immagini,
senza ragione, senza perché.
Entrano, escono, ritornano, ti lasciano,
a volte restano, comunque passano.
Passato e presente si intrecciano e si separano
nella costruzione di un futuro incerto.
Pulsazioni.
Un cuore che batte, una voce muta che sale dal fondo,
che urla al mondo tutto me stesso,
che racconta al mondo di una vita fantasma,
di passione, di amore e dolore, di un chiodo fisso.
Notte.
Groviglio di attimi intensi,
groviglio di sogni, bei sogni, illusioni.
Emozioni.
La voce tremane del cuore,
una voce che senza parole racchiude segreti,
la vita, l’amore, di un ingenuo attore
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Camminavo sulla spiaggia deserta.
Non ero solito farlo alle 7.30 di mattino, ma quel giorno mi ero svegliato presto e non riuscendo più a stare a letto avevo deciso per una passegiata mattutina.
La spiaggia a quell'ora aveva un'immagine completamente diversa.
Niente bambini a giocare col pallone, niente mamme esaurite a gridare:"Filippo non stare al sole, Andrea esci dall'acqua, Alessandra hai messo la crema?"
Niente schizzi d'acqua, niente uomini grassi che mangiavano con gli occhi tutte le donne in costume, e purtroppo non c'era nemmeno la biondina in topless della 4 fila del Bagno OceanoMare.
Ma era bello cosi, una quiete apparente che di li a poco sarebbe stata rotta dall'insostenibile pesantezza della società moderna.
I piedi scalzi trovavano insolito piacere nel farsi bagnare dall'andare e venire delle onde del mare. I bagnini dei lidi erano già a lavoro a rendere bello il loro spazio di mondo. C'era il vecchio Elvis alla ricerca, con il suo inseparabile Metal Detector, di piccoli tesori sommersi persi dalle signore che venivano in spiaggia ornate a festa, come Paris Hilton ad una serata di gala.
C'era anche il vecchio Benino ,si dice che un suo avo abbia ispirato l'omonimo personaggio presepesco, che in compagnia della sua inseparabile bottiglia di
vino paesano insapore, si era addormentato per l'ennesima notte vicino le barche dello storico lido Aurora, un lido aperto nel lontano 1963 dai genitori della giovane Aurora scomparsa senza lasciare traccia nel mese di maggio del 1961.
Andava li perchè a 20 anni era stato innamorato della ragazza e, stando ai suoi racconti, la statua della bellissima sirena che vegliava sul pezzo di spiaggia
era la sua Aurora, trasformata in pietra dalla magia di una megera, gelosa del loro amore. La speranza di poterla un giorno riabbracciare lo spingeva li ogni sera.
Faceva quasi pena e il suo amare con tanta passione quella statua, quasi mi faceva credere alla sua storia.
Giunsi agli scogli che tagliavano in due i 3 km di spiaggia e andai a sedermi sull'ultimo.
Una piccola colonia di granchi viveva nella parte inferiore e più nascosta degli enormi massi marini. Il gruppo canottieri, per evitare il traffico delle barche e dei pedalò che a mattinata inoltrata avrebbero movimentato e non poco la calma piatta di un mare ancora dormiente, era già impegnato negli allenamenti quotidiani, mentre gli ultimi pescatori tornavano al porto con il bottino di una lunga nottata al largo della costa.
Sin da piccolo avevo una passione, quella di infilarmi nei posti più disparati, per scoprire cose che normalmente non si vedevano. Ispirato dai piccoli granchi che vivevano quegli scogli, iniziai ad infilarmi tra quei sassi un pò troppo cresciuti, fin dove mi era possibile. Col senno di poi mi resi conto che non era stata una grande idea, fino a quando la mia attenzione non fu colpita dal luccichio di un qualcosa incastrato tra gli scogli. Incurante della citazione che vede avvicinare la curiosità come peculiarità esclusiva dell'universo femminile, cercai di raggiungere l'oggetto misterioso. La delusione si dipinse sul mio viso quando arrivato li mi accorsi che era una banale bottiglia, ma ormai già che ero li andai a raccoglierla per gettarla nell'apposito raccoglitore per il vetro. Ma una volta ripulito il vetro era ben visibile al suo interno, una lettera.
La lettera arrotolata a mo di pergamena era legata da un nastrino rosa.
A quel punto non rimaneva altro che recuperarla e leggerla. Ruppi la bottiglia e presi la lettera, e rimasi allibito quando aprendola lessi la data:
10/05/1961
Possibile che quella bottiglia era rimasta custodita dagli scogli per 46 anni, senza che nessuno la trovasse?
"Amore, una semplice parola che non potrò più dirti.
Amore, un sentimento che ci ha reso schiavi
Amore, constrastato da tutto e da tutti, dall'invidia e dalla gelosia
Amore, quello che proverò in eterno per te,
nessuno potrà mettere fine alla nostra magia,
nessun incantesimo potrà mai separarci.
Resterò per sempre la tua Aurora.
Ti Amo.
Non so dove arriverà questa bottiglia, chi la raccoglierà, chi leggerà la lettera.
Vorrei solo che queste parole potessero arrivare nel cuore di chi le può capire."
Un pensiero si fece largo nella mia testa: e se la storia del vecchio Benino fosse vera?
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Eravamo in tanti, c'è chi diceva che eravamo in fila per 6 col resto di due, chi diceva che eravamo in mille, chi in 300.
C'era un po' di confusione storica, ma eravamo veramente in tanti, più di quello che la nostra mente potesse immaginare.
Eravamo in fila, fermi da ore, mentre il mondo intorno a noi continuava a girare.
Le facce di quelli davanti erano tristi e non si sapeva il perchè, mentre le facce di di quelli che erano dietro erano allegre e spensierate, ma anche per loro non si sapeva il perchè.
Come al solito ero li a farmi troppe domande, ma osservavo attentamente quello che accadeva intorno.
Sapevamo di essere li in attesa di arrivare ad una porta enorme, stile castello di dracula nell'oscura transilvania, ma nessuno di noi sapeva cosa c'era oltre.
Coloro che entravano, dopo non li si vedeva più.
c'era chi diceva che da li non si usciva, chi invece che era una sorta di paradiso in terra.
C'era chi giurava di aver rivisto in giro il vecchio Elvis, anch'egli entrato per quella porta il 16 Agosto 1977, e questo fatto dava speranza ai pessimisti, a coloro che pensavano che oltre la porte ci attendesse la morte.
Mentre eravamo in attesa di non si sa bene che cosa, passava ogni tanto un cameriere che cercava di alleviare lo stress da attesa portandoci da bere.
Intento a sorseggiare il mio Havana 7, non pensando alla stanchezza che iniziava a pesare sulle gambe, la mia attenzione fu rapita dallo sguardo di una ragazza 7 posti avanti a me.
Capelli biondi,occhi verdi, alta 1.70, centimetro più centimetro meno.
Bellissima, enigmatica e un po' misteriosa, sguardo intenso. Doveva avere circa 23 anni.
Volevo raggiungerla ma gli sguardi delle 6 persone che ci separavano lasciavano intendere che non sarei passato di li tanto facilmente.
Rassegnato rimasi al mio posto a fissarla credo 10 minuti o forse un'ora, non saprei dirlo con certezza, la percezione del tempo in quei momenti era alterata dall'estenuante attesa. Finalmente arrivammo alla porta.
Era molto più grande di quello che immaginavo, e più ci avvicinavamo più la tensione saliva.
tra i miei compagni di attesa c'era chi era eccitato per la curiosità e chi piangeva per la paura di qualcosa di sconosciuto.
Poi c'era lei la "mia bella amica sconosciuta", in uno stato di calma almeno apparente, e c'ero io che incurante dell'avvicinarsi del mio turno continuavo imperterrito a fissarla.
Non c'era più tempo per i pensieri, eravamo in fila per due pronti ad entrare.
Era il turno della ragazza misteriosa.
Tirò un sospirò e si girò incrociando il mio sguardo come se avesse saputo che ero rimasto tutto il tempo a fissarla, e abbozzando un sorriso si rigirò per scomparire dietro l'immensa porta.
Toccava a me, ero pronto ad entrare con il mio compagno di fila.
Mi era toccato un uomo di colore avanti con gli anni, poteva essere mio nonno.
Mi guardò con l'aria di chi da li a poco avrebbe voluto attaccar discorso e magari raccontarmi della Seconda Guerra Mondiale o di quando prestava servizio in Vietnam.
Finalmente oltrepassammo la porta e con gran stupore ci ritrovammo in un'enorme sala d'attesa con due sole poltrone.
Ci guardammo in faccia e non avendo altro da fare ci sedemmo.
"Charles Edward Anderson Berry, Nice to meet you." Fu il vecchio a rompere il ghiaccio.
Come immaginavo era statunitense, di St. Louis nel Missouri.
A prima impressione era un tipo invadente, non stava zitto un attimo, irritante, quasi antipatico.
Quasi obbligato rimasi in silenzio ad ascoltarlo raccontare la sua vita.
Da giovane era un ribelle, con una forte tendenza alla delinquenza, tanto da aver passato diverso tempo in riformatorio per una rapina.
Mi raccontò di quando per vivere iniziò a farsi un nome nella musica.
"La vita va avanti. Ottantuno anni sono andati e mi sento ancora bene. Non ci sono parole per descrivere come io sia felice! Ragazzo la cosa che più voglio fare e andare in vacanza, tornare a casa e continuare a suonare perchè e parte della mia anatomia...Nella vita bisogna andare avanti felici".
Mi sorprendeva come quest'uomo a quell'età avesse tutta quella carica, aveva ancora le idee chiare.
Improvvisamente si aprì una porta alle nostre spalle ed una voce ci invitò ad entrare.
La realtà che si presentò ai nostri occhi era quella di un tipico locale anni 60. Tavolini e sedie, opposto al bancone sul fondo del locale, un palco.
Mi si illuminarono gli occhi quando vidi una vecchia chitarra elettrica e un ampli.
Ero pronto a salire per far vedere al nonno che non era l'unico che sapesse suonare, ma la voce del vecchio Charles mi gelò.
"Ora ti facciò sentire io la vera musica!"
Il vecchio salì sul palco ed una voce annunciò:
"Signore e Signori un evento storico, dopo anni di assenza dalle scene live, il Fillmore è lieto di ripresentarvi, il re del Rock and Roll, Mr. Chuuuuuuck Berryyyyyy!!!!!!"
Non potevo crederci, ero stato ore a contatto con la storia della musica e non lo sapevo.
Charles Edward Anderson Berry, Chuck Berry.
Il palco si riempì con i musicisti storici di Berry tra cui il funambolico batterista Fred Below.
Partirono a ripetizione Maybelline, Roll Over Beethoven, Too Much Monkey Business, Thirty Days, No Money Down, Rock And Roll Music, Sweet Little Sixteen, School Day, Almost Grown,
per finire con la celebrazione di se stesso come primo eroe del Rock and Roll in Johnny B. Goode.
"Ragazzo oggi hai visto la musica, oggi hai vissuto la storia"
I miei sensi erano stati rapiti dalla magia che Berry aveva creato con la sua musica.
Avevo anche dimenticato di essere li in attesa di qualcosa di sconosciuto.
"Ora vai...nella vita bisogna andare avanti felici!"
Andai via dal Fillmore, che poi non era il vero Fillmore, dalla stessa porta da cui ero entrato e rimasi stupito quando mi resi conto che fuori era cambiato praticamente tutto.
Non più la stanza bianca con due poltrone ma una stupenda spiaggia bagnata dall'oceano, e un casino di gente felice.
In estasi per un tramonto mai visto prima, una mano afferrò la mia. Era la ragazza della fila.
"Non fare domande" e tenendomi la mano mi portò di nuovo verso il Fillmore.
Era bellissima, una bellezza alla Scarlett Johansoon, era impossibile che stesse tenendo me per mano.
Ci fermammo all'entrata, la porta si spalanco, e lei tenendomi ancora la mano mi sussurrò all'orecchio: "Vieni con me...Nella vita bisogna andare avanti felici!"
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Il battere della pioggia sulla tettoia fu la mia sveglia di quella mattina.
Ero diventato un tutt'uno con le lenzuola e faticavo a liberarmene, ma in realtà non volevo uscire affatto da quella situazione, sapendo che mi aspettava un'altra giornata lavorativa, specchio di quella di ieri e uguale a quella che sarà domani.
Appena messo un piede fuori dal letto mi ritrovai incredibilmente in uffico.
Eccomi cosi seduto alla scrivania pronto ad accendere il mio pc,che era una sorta di 500 travestita da ferrari, con tutto il rispetto per la mitica 500, e con la radio che passava l'ennesimo deficiente che cantava la sua versione del tormentone simpsoniano "SpiderPork".
Il condizionatore impostato rigorosamente su i 27°, sparati in faccia, faceva da contrasto con la "November Rain" che non dava nessun segno di tregua.
Sarà stato il caldo estivo che avvolgeva l'invernale stanza, sarà stata la poca voglia di lavorare, o l'indigestione delle potentissime Halls Mentolyptus, che oltre a scendere nella gola salivano molto più su del naso, ma praticamente mi ritrovai a parlare con il Maghetto Assistente di word che non so come, si era liberato dai circuti informatici e dal monopolio Windows, ed ora girava liberamente sulla mia scrivania.
Non credevo ai miei occhi un esserino di 20 cm circa era davanti a me e mi fissava mettendomi una certa inquietudine.
"Tu cos'hai da guardare? se non la smetti vengo li su e ti faccio il... beh non farmi diventare volgare, l'hai capito! Allora la finisci di star qui tutti i giorni ad annoiarmi?
Sembri un cadavere, muovi un po' il culo da quella sedia ed esci, vivi il mondo.
Mi infastidisce vederti a fissarmi per 5 ore con quella faccia da pesce lesso che ti ritrovi."
Ero li fermo a farmi insultare da uno che in realtà non esiste, e devo dire che la situzione iniziò anche a divertirmi. Non davo peso alle parole di questo Merlino andato a male, ma tutto mi faceva sorridere.
Più lui parlava, più io sorridevo,e quanto più sorridevo lui più si innervosiva, diventando minaccioso.
"LA SMETTI DI RIDERE GRANDE STRONZO???"
Ora il tono divenne abbastanza duro, e la situazione non mi sembrava stesse
prendendo una buona piega quando il nano virtuale impugnò con la mano destra la sua bacchetta da "Harry Potter".
"Ora ti farò capire cosa significa vivere in solitudine tra circuiti, e sequenze infinite di 0 e 1, svegliarti quando qualcuno decide di accenderti e andare a dormire quando non si ha sonno solamente perchè qualcuno ha deciso di spegnerti. Pensa che io non vedo l'ombra di donna da quando vivevo in windows 95, quelli si che erano bei tempi"
"Ora ho voglia di godermela un pò, quindi possiamo scambiarci il posto, nessuno sentirà la mancanza di uno come te"
A questo punto era tutto chiaro, il Merlino Bastardo era li pronto ad imprigionarmi in eterno tra microchip e byte.
Peccato solo che non aveva fatto i conti con la mia volontà e con il tasto Reset che fece ritornare lui al suo mondo e me alla calda solitudine del mio ufficio.
La strana avventura della mattina in fondo però non mi aveva lasciato indifferente, perchè era capitata proprio a me?
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Suonò la sveglia, l'ennesima mattina sempre uguale, anche se non si spiegava come mai avesse messo la sveglia anche oggi che non doveva andare a lavoro.
"tesoro stamattina lo porti tu Luca all'asilo? ho voglia di dormire un'altrò po."
La pioggia battente contro le finestre della camera non lo invogliavano di certo ad alzarsi, ma Simone con gli occhi ancora chiusi annui, si alzò a mo' di sonnambulo ed andò a prepararsi.
Guardò allo specchio la sua faccia bianca e stanca,appena appena bagnata da 4 gocce d'acqua. passò nella stanza del piccolo già sveglio.
Mise su il caffè per Gaia, il latte per il piccolo Luca , mentre nel suo bicchierone regalatogli a natale dalla suocera versò il solito succo ai frutti rossi.
Ritornò in camera da letto facendo a gara con l'aroma del caffè a chi svegliasse prima la sua bella. Stavolta vinse lui con un delicato bacio sulle labbra, o almeno cosi credeva.
Di mattina i sorrisi si sprecavano, cosi come le parole dolci e i gesti d'affetto.
"Com'è bella", pensava tra se e se Simone.
è sempre stata bella, da quando l'aveva vista la prima volta a 14 anni.
da quando a 16 prendevano lo stesso autobus per andare a scuola, lui il liceo, lei Istituto Professionale, due scuole diverse ma praticamente attaccate, una di fronte all'altra. da quando a 18 anni uscivano senza stare insieme, da quando le scrisse la prima canzone un giorno d'agosto, il 7 Agosto.
da quando si misero insieme,e da quando un giorno all'altro si trovarono sposati.
è sempre stata bella, anche oggi a 24 anni con i suoi capelli ricci ormai scomparsi e con un figlio da accudire.
sempre magra, e quel sorriso con le fossette che lo conquistò sin dal primo sguardo.
Erano quasi le 9, Gaia non voleva proprio alzarsi, Simone aveva a fatica preparato Luca ed insieme uscirono per andare all'asilo.
Salutò il suo piccolino e ritornò a casa a bordo della sua Clio Nera.
Fortunatamente aveva smesso di piovere.
Rientrò in silenzio in casa ma quando arrivò in camera lei lo attendeva già sveglia.
Gaia sorrise e gli fece spazio nel lettone.
"Buongiorno piccolina", Simone alzò gli occhi e la accarezzò dolcemente.
Le loro mani si strinsero, le labbra si avvicinarono.
Fecerò l'amore, come mai fatto prima, tutto sembrò fermarsi,
i gesti, le parole, i respiri, la passione, lui e lei rimaserò impressi in maniera indelebile nel tempo. Ancora una carezza e poi ancora un bacio.
"Ti amo" furono le ultime parole di Simone prima di abbandonarsi al sonno lasciato in sospeso.
Dopo un'eternità Simone apri gli occhi, erano le 11.30 di un insolito sabato di novembre. La stanza era diversa, il sapore dell'aria era diverso, la pioggia c'era sempre, ma non c'era nessun figlio all'asilo e soprattutto nessuna Gaia da amare.
Era tutto diverso, era La sua vita.
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