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« Messaggio #40Messaggio #42 »

Post N° 41

Post n°41 pubblicato il 12 Maggio 2008 da anonimalamente

Ancora giorno

 

Capitolo ventitreesimo

 

I due amici ritornarono e decisero di cucinare una pasta. Ricavammo dello spazio nella tavola e mangiammo con la Valeria che ci guardava incredula.

-         Perché ci guardi. Se vuoi ne abbiamo fatta in più.

-         Sei fuori? Vi guardo perché non è normale mangiare la pasta alle due.

-         Valeria, io faccio sempre lo spuntino delle due. Dio….

Chicco aveva ripreso energia e finito il pasto si riempì il bicchiere di vino.

-         Il medico mi ha detto: “un bicchiere a pasto. Mi raccomando”.

Filippo, probabilmente incuriosito dal rumore, uscì dalla camera da letto. Aveva la faccia di uno che si era appena svegliato, com’era probabile che fosse.

-         Buon giorno. Fatto tutto?- Domandò Chicco battendogli una mano sulla spalla.

-         Sei sempre così romantico. Ho preso sonno. Avete fatto un casino. Cosa state facendo?

-         Pasta. Vuoi?- Domandai.

-         Sembra invitante.

-         Oddio, ma ci vuole coraggio.- Esclamò la Valeria.

Filippo ci guardò e guardò il piatto.

-         Ci avete sputato dentro?

-         Cazzo stai dicendo?

-         Perché lei ha detto “oddio ci vuole coraggio”? Coraggio per cosa?- Domandò indicando la Valeria.

-         Oh mamma. Che paranoico.- Dissi sbattendo la testa sulla tavola.

-         Ho detto “oddio ci vuole coraggio” solo perché secondo me ci vuole coraggio per mangiare un piatto di pasta nel cuore della notte e dopo il popò di cena di oggi. Vomiterei.

-         Non mi fido.- Girò la testa guardandoci ansioso di risposte.

-         Guarda, ora mangiamo una forchettata tutti e tre. Io non la mangerei mai con lo sputo corrosivo di loro due, e credo che la cosa sia ricambiata.

-         D’accordo.

-         Condivido. Anche perché ho ancora fame.- Disse Carlo.

-         Inizio a fidarmi.

Prendemmo una forchettata a testa e la mangiammo di gusto.

-         Scusate, ma vi conosco.- Disse dopo averci visto deglutire.

Chicco riempì il suo bicchiere di vino e glielo mise davanti. Poi ne raccattò un altro, già usato da qualcun’altro durante la cena, e senza tanti preamboli ci versò dentro altro vino. Brindò con Filippo e bevve.

-         Passatemi le carte. Chi gioca?

-         Non ciò voglia Chicco.

-         Non a scopone. E tranquillo Carlo, si beve a questo gioco.

-         Allora gioco. Spiega.

-         Io distribuisco un numero uguale di carte a testa. Ci si mette in cerchio e senza guardarle, uno alla volta, scoprì la prima carta del tuo mazzo mettendola nel centro del tavolo e dicendo, il primo “uno”, il secondo “due” e appoggia una carta girandola, il terzo “tre” e così via. La volta che la carta scoperta è uguale al numero che viene detto bisogna battere tutti sul mazzo. Chi batte per ultimo si prende tutto il mazzo e beve un bicchiere di vino. Tipo merda. Al dieci si ricomincia da capo.

-         Ho capito.

Iniziammo ad appoggiare in giro per la cucina tutte le cose che erano sopra al tavolo, per fare spazio, e ci sedemmo.

La Valeria e Michele si unirono a noi incuriositi e Carlo distribuì un numero quasi uguale di carte a testa.

Il primo giro fu di prova, quindi senza pegni. Poi si iniziò a fare sul serio. Il gioco era veloce, capitava spesso l’agognata coincidenza fra la voce e la carta corrispondente e il vino fece i suoi effetti.

La Valeria era ubriachissima. Non si rendeva conto dei suoi gesti e l’anima pia di Michele la trascinò a letto.

Erano quasi le cinque e sentimmo bussare. Carlo barcollando si alzò ed aprì la porta. Entrarono Alberto e la fidanzata, belli rilassati. Lui ci guardò con sguardo cattivo.

-         Cosa c’è?

-         Le scritte in faccia? E’?

-         Onesto.

Ce ne eravamo completamente dimenticati.

-         Mi sono pulito nella fontana davanti alla Chiesa.

Partì una risata collettiva. Stava ancora echeggiando che arrivò come un fulmine l’Elisa in mutande e maglietta.

-         La Valeria sta vomitando a letto.- Ci informò preoccupata.

-         Onestissimo.

Tutti accorremmo in camera e senza stare tanto a guardare la scena la portammo in bagno. Eravamo degli esperti. Alberto e la sua fidanzata misero sul fuoco una pentola di acqua, mentre l’Elisa le teneva la testa sopra la tazza del water dicendole di stare tranquilla. Carlo, Chicco e Michele si misero a raccogliere le lenzuola e le buttarono nel bidet. Aprendo un rivoletto d’acqua. La Valeria vomitò ancora due tre volte, poi arrivò il thé zuccheratissimo con un limone intero spremuto dentro. Cosa che gli fece venire un altro conato. Sicuramente l’ultimo vedendo gli sforzi. Poi l’Elisa iniziò a cambiarla e arrivò altro thé, ancora molto zuccherato, ma senza il limone. Lei apprezzò e iniziò a scusarsi. La portammo a letto e in meno di un minuto riprese sonno.

Tutti noi ci sentivamo distrutti fisicamente, ci girammo una canna e uscimmo a fumarla. Nessuno aveva molta voglia di parlare anche perché quei minuti, un minimo concitati, ci avevano esaurito le energie e, cosa peggiore, ci avevano fatto sparire la bomba alcolica che con tanta fatica eravamo riusciti a raggiungere.

Finito il cannone ci avviammo verso casa, un ultimo sguardo alla luce nascente ed un pensiero mi riecheggiò in testa, mentre chiudevo la porta e mi avviavo a letto, “Ancora giorno”.

 
 
 
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