Creato da anonimalamente il 01/05/2008
testi

Area personale

 
 

Tag

 
 

Archivio messaggi

 
 
 << Luglio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31        
 
 

Cerca in questo Blog

 
  Trova
 

FACEBOOK

 
 
 

Ultime visite al Blog

 
anonimalamentediana_89postaperclaudioslap6giovanni.quaggiosmileandgoeliascudierod56kiara.r87dukece
 

Chi può scrivere sul blog

 
Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 

 

 
« Messaggio #51Messaggio #53 »

Post N° 52

Post n°52 pubblicato il 12 Maggio 2008 da anonimalamente

Ancora giorno

 

Capitolo dodicesimo

 

Mi alzai e tornai veloce in cucina, sentendola come l’azione più logica da fare. Il mio cervello era in uno stato emotivo paralizzato, non pensava, agiva per i cavoli suoi, assecondando le mie abitudini con quello che per lui era meglio fare in questa situazione.

Aprii la porta della cucina, mi sedetti su una sedia e dissi all’Elisa:

-         Ci sono tutti e mi è venuto in mente ancora un’altra cosa di ieri sera.

-         Cosa?

-         Che devo ammazzare una persona.

-         Chi?

-         Lascia stare. Vado a lavarmi i denti.

Mi alzai. Appena richiusi la porta della cucina mollai diecimila imprecazioni. Cercai aiuto e andai da Alberto. Provai a svegliarlo. Non reagiva. Allora iniziai a prendere a calci Carlo, sulle gambe, che si mise seduto in un colpo. Ci guardammo.

-         Io ti ammazzo.

-         No vecchio. Fai piano. E’ successo un casino enorme.

-         Che cazzo me ne frega. Sto male. T’ammazzo.

-         No vecchio è successo veramente un casino. Ascoltami.- Vedendo la mia faccia veramente preoccupata si placò.

-         Dimmi, ma se è una troiata t’ammazzo. Che se noti sono di buon umore.

-         Come al solito.

Iniziai a raccontare in modo spedito cosa mi era successo: Michele, lo svenimento e la scoperta di chi mancava. Poi gli dissi che volevo andare a cercarli prima che all’Elisa venisse voglia di abbracciare il suo amore.

-         Dai dammi una mano. Gli diciamo che andiamo a fare la spesa e li cerchiamo, fuori piove.

-         Piove? Ma sei completamente fuori.- Disse girandosi dall’altra parte.

-         Dai… Dopo se ci sono casini io conosco il nome di chi volendo poteva evitarli.

-         Mi stai minacciando?

-         Si.

-         Ah. Volevo solo esserne sicuro.- Dichiarò rimboccandosi meglio le coperte.

-         Dai coglione, o mi dai una mano oppure fra due minuti arriva l’Elisa preoccupata dal fatto che non mi vede tornare e nota chi manca. Io farò finta di aver ripreso sonno e ….

-         Ok ho capito. Succede il delirio e va tutto a puttane. Ma dopo lo ammazzo.

-         Siamo in due.

-         No no. E’ mio. Ho più di un motivo.

Con uno sbadiglio enorme e rumoroso si alzò, si vestì e mi seguì strisciando i piedi.

-         Guarda chi ti ho portato Elisa. A proposito tu cosa ti ricordi di ieri sera che mi sono perso dei passaggi?- Domandai a Carlo.

Lui mi guardò male rimanendo in silenzio. Prese il caffé ormai freddo, si mise il cappotto e finalmente proferì parola:

-         Andiamo a fare sta cazzo di spesa. Poi ammazzo una persona e torno a letto.

-         Per fortuna siete amici. Vi svegliate e vi volete tutti ammazzare a vicenda.- Ci disse l’Elisa, noi non la ascoltammo e uscimmo.

Subito fuori Carlo si accese una sigaretta e mi guardò.

-         Adesso investigatopo che cazzo facciamo? E non pioveva?

-         Prima pioveva. Meglio così. Tu dove andresti a spurcellarti in tranquillità in questo cazzo di paese con la pioggia?

Ci guardammo e senza parlarci ci avviammo verso le auto.

Arrivammo al parcheggio. L’auto di Filippo era vuota, ma da distante si vedeva la macchina di Alberto tutta appannata. Io e Carlo ci scambiammo delle espressioni che si mescolavano tra l’imbarazzato, il divertito e lo schifato. Carlo si fermò a tre metri:

-         Tocca a te ora.

-         Va bene. Tu pensa a come farli rientrare a casa senza farci beccare dall’Elisa.

-         Cazzo.

Iniziai a sbattere le nocche delle mani nei finestrini. Nessuna risposta. Guardai i chiavistelli e li vidi con mio stupore alzati. Guardai Carlo in cerca di un aiuto, mi sentivo molto imbarazzato.

-         Apri quella del guidatore- mi disse lui vedendomi indeciso -che non ti ritrovi la farfallina della Valeria davanti agli occhi. Dopo rimani piccolo. Investigatopo.

-         Ma allora tu sei un esperto. Non lo sapevo. Non l’avevo letto nel curriculum. Vuoi procedere tu? Collega.

-         Non ho i guanti, lascerei le impronte. Dai deficiente.

Andai verso la porta del guidatore, presi platealmente il fazzoletto da naso che avevo in tasca, me lo misi in mano e con fare da C.S.I. aprii lentamente la portiera. Infilai la testa dentro. Distesi nei sedili dietro c’erano Filippo e la Valeria. Lui sopra lei. Filippo aveva addosso felpa e mutande mentre la Valeria era in canottiera, ma poiché era scivolata col corpo le si vedeva bene un seno. Quando me ne accorsi tornai fuori con la testa.

-         Oh vecchio, cos’hai visto? La farfallina?- Dovevo avere un’espressione di piacevole sorpresa.

-         Diciamo che non avevano freddo. Diciamo.

-         Mostra.

-         Guarda.

-         Va bè. E’ solo una tetta. Peccato non avere il cellulare che gli facevo una foto. Così lo ricattavo.

-         Perchè devi ricattarlo?

-         Così. Mi piace. Lascia stare, va’. Quando sarai grande ti racconterò una storia.

-         Ma vai a cagare. E io che volevo prestarti il mio cellulare che ho casualmente in tasca. Collega.

-         Fa le foto?

-         Si.

-         Falle, poi ci penso io.- E si mise a ghignare strofinandosi le mani.

Scattammo la foto e una venne fuori abbastanza bene.

-         Ah. La tecnologia.

-         Ma che puzza sanno?

 
 
 
Vai alla Home Page del blog
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963