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« Messaggio #62Messaggio #64 »

Post N° 63

Post n°63 pubblicato il 12 Maggio 2008 da anonimalamente

Ancora giorno

 

LUNEDI’    Primo capitolo

 

Terminato il quinto giorno di lezioni del primo trimestre giunse la lieta notizia a noi studenti. Le università avevano deciso di scioperare per un’intera settimana, in segno di protesta contro l’ennesima nuova riforma.

Mi ritenevo un fortunato poiché sarei rimasto a casa da solo tutto il tempo, i miei genitori e fratelli lavoravano da mattina a sera. Quindi ero a letto, in dormiveglia, sognante riguardo il mio futuro roseo.

“Dormire fino a tardi poter alla sera passare serate lunghissime con i miei amici magari riuscire ad imbucarsi in qualche festino gordo”

Questo risuonava nella mia testa e soltanto una cosa poteva distogliermi dal mio sogno: il campanello, che naturalmente suonò.

Lanciai una rapida occhiata alle lancette dell’orologio che segnavano le undici quasi esatte e mi catapultai giù dalle scale per andare in cucina.

Guardai attraverso la finestra che dava verso il cancello e con sorpresa vidi Filippo. Risoluto, zaino sulle spalle e sguardo serio. Ero stordito. Aprii la finestra e gli farfugliai un maleficio, poi fui preso dal dubbio.

-         Ma non c’è sciopero?

-         Si ebete. Aprimi.

Mentre giravo le chiavi e spegnevo allarmi vari iniziai a riflettere sul perché di questa visita e mi ricordai che non tutti se la passavano bene quanto me.

Filippo per me era un amico speciale: abitava nel mio stesso quartiere, trenta metri di distanza; stessa età; stesse necessità; idee diverse, ma identica voglia di confrontarsi e superarsi; stessa carriera scolastica, dalle elementari all’università eravamo sempre stati o in classe o in corso assieme. Ci conoscevamo in tutto e per tutto, dalle cose pacco a quelle bellissime e soprattutto non ci tenevamo stupidi segreti a logorarci l’anima.

Lo feci accomodare ed iniziai a preparare un caffé guardandolo in faccia con un’espressione che cercava di essere cattiva.

-         Dai lo sai che i miei di queste cose non capiscono un cazzo. Mia mamma mi ha svegliato alle otto dicendomi che anche se c’era sciopero non mi avrebbe fatto male studiare. Ed io che cazzo studio? Dimmelo? Glielo spieghi tu che abbiamo fatto una settimana di corsi e gli esami sono fra due mesi e mezzo? No dimmi, se vuoi provare?

-         Non ci voglio provare. Quindi?

-         Alle dieci e mezza non ce la facevo più e le ho detto che sarei venuto da te a studiare, tutto il giorno. Tu devi fare qualcosa di particolare oggi?

-         Dormire. Per il resto nient’altro.

La moka iniziò a gorgogliare e sentendo il rumore Filippo scattò come una molla mettendosi a girare una canna.

-         Dai. Mi sono appena svegliato.- Lo implorai.

-         Sono le undici e mezza.- Rispose con tono seccato ed io versai la bevanda calda nelle tazzine.

Quando finì il suo lavoro ci portammo in terrazza a consumare la colazione. Accese il cannone e sentenziò guardandomi pensoso:

-         Dobbiamo organizzare qualcosa in questa settimana.

-         Si. Se no mi uccidi tutte le mattine.

-         Io un’idea ce l’avrei.- Disse sorridendomi lentamente.

Lo guardai negli occhi e compresi tutto al volo. - Si può fare.

-         Si deve fare.

-         E allora si farà.

Rimanemmo in silenzio finendo il cannone, ognuno con i propri desideri che lentamente si materializzavano nella nostra mente.

 

Noi due eravamo dell’idea che quando si ha una settimana di vacanza inaspettata la cosa migliore in assoluto da proporre agli amici è quella di prendere la macchina e andare nella seconda casa di qualcuno.

Forse eravamo convinti di tutto ciò dal fatto che la famiglia di Filippo possedeva una casetta in un paese nel centro degli Appennini e noi l’avevamo più di una volta sfruttata.

Si trovava in un borgo medioevale inalterato da secoli, posizionato sopra una collina e collegato alla pianura da una stradina dimenticata persa fra gli ulivi. Quando ci si arriva bisogna parcheggiare l’auto all’entrata del paesello poiché all’interno le viuzze sono simili alle calli veneziane, se non più strette. Le abitazioni più esterne, rigorosamente in pietra, fungevano anche da mura difensive, ma ora tutte sono abbandonate o seconde case di commercianti di pianura che forse si sono dimenticati di possedere. Un posto da zero abitanti, dove il cellulare non prende praticamente da nessuna parte e la tv è un miraggio.

Eravamo andati lì parecchie volte anche perché i genitori di Filippo erano soddisfatti di tutto ciò. Gli raccontavamo che andavamo, per esempio, soltanto in tre persone, a studiare, in tranquillità, senza distrazioni e loro ne erano felicissimi. Quasi ci ammiravano.

La realtà invece era leggermente diversa.

 

Dovevamo organizzarci velocemente, era lunedì e non valeva la pena andarci per meno di quattro giorni. Tra andata e ritorno, in auto, sarebbero stati più di mille chilometri di viaggio.

Filippo prese il cellulare e iniziò a scorrere la rubrica per vedere chi invitare.

-         Si potrebbe stare via fino a sabato pomeriggio.- Mi disse.

-         Domenica pomeriggio.

-         Ok. Domenica pomeriggio. La macchina?

-         La metti tu che ce l’hai a gas, maledetto.

-         Chiamiamo…

-         Non voglio gente che schizza.

-         Allora amici di università o i soliti? Per me è uguale, tanto sarò occupato.

-         Occupato? Chiama i soliti va’.

Filippo non mi rispose e contattò Alberto, un ragazzo della nostra compagnia, un anno più vecchio di noi, ma finito in classe nostra al tempo delle scuole medie dopo essere stato bocciato un anno.

Nel frattempo andai in bagno a lavarmi la faccia e mi tolsi il pigiama. Guardai l’orologio ed era ormai mezzogiorno e mezzo, anche se mi sembrava fossero le nove del mattino da quanto uggioso era il tempo. Urlando domandai al mio caro amico se rimaneva a mangiare e la risposta fu naturalmente affermativa.

Andai in cucina, misi una pentola d’acqua sul fuoco e quando tornai in terrazza lui aveva già organizzato praticamente tutto.

-         Viene Alberto e la sua fidanzata. Che viene solo se c’è anche un’altra ragazza.

-         Giustamente.- “Una ragazza da sola”, pensai, “con quattro maschi non è che si diverte.”

-         Giustamente si. Anche perché con chi è che ci provo io?- Disse ridendo e continuò. -Allora ho chiamato la Valeria e viene. Cosa ne dici?

-         Che ho capito perché dicevi di essere occupato.

Lei era una nostra vicina di casa che aveva avuto la fortuna di essere stata, sempre per il massimo di due mesi, la fidanzata ufficiale del mio amicone Filippo. Poi, dopo aver assorbito, anche piuttosto bene, il trauma della rottura, aveva continuato a uscire con la nostra compagnia.

Possedeva molti tratti mediterranei specialmente riguardo i capelli, di cui era fiera. Erano nerissimi e non li tagliava da anni per cui arrivavano fino al sedere, ma li attorcigliava sopra la testa a formare un’enorme patata che sembrava un codino.

Il viso era da bambina e aveva dei movimenti e degli atteggiamenti spesso troppo ingenuamente seducenti.

Dopo le nuove notizie ricevute da Filippo, ero titubante e gli feci presente che non volevo fare “il palo” tra Alberto, la sua fidanzata e lui che ci provava con la sua ex.

-         Vedi che ci sei cascato come un pero. Volevo dimostrarti che riguardo al mio rapporto con le donne sei solo mal fidente. L’Elisa non te la ricordi? L’ho già sentita e viene. E visto che conosco quanto sei sospettoso ti mostro l’ora del messaggio che le ho spedito per domandarglielo. Guarda.

-         Alle dieci e cinque. Ma aspetta un attimo…

-         Visto. Devi ammettere che con me sei un po’ prevenuto.

-         Ma tu avevi già deciso tutto prima di venire qui?

-         Ti conosco e poi perché non avresti dovuto accettare?

-         Ok vecchio, era una proposta che non potevo rifiutare, ma non credevo che fossi ancora assieme all’Elisa. Non vi siete ancora lasciati? E’ il nuovo record se non sbaglio? Inizio a non riconoscerti più.

-         Idiota… e poi è passato solo un mese.

 
 
 
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