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« Messaggio #41Messaggio #43 »

Post N° 42

Post n°42 pubblicato il 12 Maggio 2008 da anonimalamente

Ancora giorno

 

Capitolo ventiduesimo

 

Ci accolsero molto ansiosi e il banchetto ebbe inizio. Una mangiata colossale anche perché le ragazze non avevano molto appetito e noi maschi dovemmo dar fondo alle nostre energie per finire il cibo.

Tutti avevano facce sazie. Quasi tutti. Carlo sembrava essere un pozzo senza fondo, anzi fondo due metri, e non è poco. Fu l’unico ad alzarsi dalla sedia per preparare il caffé. Quando Chicco sentì il gorgoglio scattò ed iniziò a rovistare dentro il frigo. Ne uscì con l’ennesima bottiglia di grappa e senza domandare il consenso a nessuno ne verso un dito sulla tazzina di ognuno. A me fece piacere ad altri meno, ma nessuno disse niente, in queste cose Chicco era più intransigente di un integralista islamico.

 

Dopo una decina di minuti di apatia Alberto e la sua fidanzata si alzarono.

-         Dove andate?

-         Andiamo fuori a vedere il paesaggio.

-         Adesso si dice così? Andiamo a vedere il paesaggio? Dio….

Di risposta ebbe solo un occhiolino della fidanzata mentre usciva dalla porta. Chicco si girò, mi guardò e poi alzando le spalle disse:

-         Si vede che si dice proprio “andiamo a vedere il paesaggio”. Io una volta lo chiamavo: andiamo a fare sesso. Sano e buon sesso. Bo’. Come cambiano i tempi.

Finì la frase riempiendo di nuovo la tazzina di grappa e dopo averla ammirata sporcarsi con i residui di caffé portò tutto dentro il suo stomaco.

-         Facciamo a gara di rutti?- Sentii dire alle mie spalle da Carlo. Non feci a tempo a preoccuparmi per le mie orecchie, che lui né mollò uno terrificante.

-         Bé. Direi che ho vinto. Ah ah.

Avremmo potuto provare di tutto per batterlo, ma il suo stomaco possedeva una capacità d’aria assurda. Si percepiva una provenienza molto profonda.

L’Elisa rimasta scioccata, prese Filippo e se lo portò in camera.

-         Ecco, mi hai mandato via le signorine. Dio ….

-         E io Chicco chi sarei?- Disse la Valeria.

-         Ah si è vero.- Rispose lui, si concentrò ed emise un rutto, scadente rispetto a Carlo.

-         Dai. Stupido.

-         Scherzavo. Sai che non posso competere con lui. Però a scoreggie….

Nessuno rise e lui capì che non era il caso. Si era seduto, ma era come se avesse un diavolo per capello. Si aprì una birra e ne bevve mezza a sorsate continue. Carlo si mise di fianco e si finì quello che era rimasto.

Andai fuori nella mia aiuola preferita a fare dei bisognini e quando tornai dentro con i brividi di freddo, trovai Michele davanti al pc intento a mostrare foto alla Valeria. Allora mi sedetti vicino a Chicco e Carlo che parlottavano.

-         E’ che non capiscono un cazzo.

-         Chi non capisce un cazzo?- Domandai incuriosito e allungando un braccio arrivai a prendere la bottiglia di grappa e tre bicchieri già usati da chissà chi.

-         Parlavamo delle carceri.

-         Cos’hanno?

-         Mi domanda cos’hanno questo qui? Ah.- Disse Chicco riempiendo i bicchieri.

-         E cos’hanno? Scusa l’ignoranza.

-         Tranquillo, facevo per scherzare. Gli stavo raccontando che ho letto da qualche parte che le carceri sono di nuovo colme. In barba all’indulto.

-         Ma dai. Già?

-         Bo’. Lo dice lui. Brindiamo?- Domandò Carlo alzando il bicchiere.

-         Ma chi è che non capisce un cazzo?- Domandai dopo la bevuta.

-         Semplice, lo Stato che si fa fregare come un pollo dagli economisti.

-         Spiegaglielo meglio Chicco.- Lo esortò Carlo mentre versava altra grappa.

-         Ti spiego: la gente finisce in galera. Ok?

-         Ok.

-         Tutti dicono che la miglior cosa per recuperare uno è farlo lavorare. Giusto?

-         Si, credo di si. Non sono afferrato in materia. Tu Carlo?

-         Neanche io.- Alzò il bicchiere e bevve imitato da noi.

-         E cosa facciamo? Gli rinchiudiamo dentro delle stanzette in sette otto, sperando poi che si redimano da soli. Uno sta chiuso per dieci anni senza fare un tubo e speriamo che dopo abbia la volontà di lavorare dieci ore di fila ogni giorno. Logico che torna a rubare. In più andiamo a portare le fabbriche in Cina o in Birmania finanziando i regimi. Sempre tenendo a casa nostra migliaia di persone ferme dentro una stanza. Senza contare, oltretutto, che dovete spigarmi che cazzo ci fanno i drogati in galera. Pensavo che i malati finissero in ospedale? E sai chi l’ha deciso?

-         No.

-         Gli economisti. Perché se no non è libero mercato o cazzate varie. Lo Stato non può salvare un’azienda privata, però quando c’è la recessione deve immettere liquidità, senza salvare posti di lavoro, ma dando i soldi direttamente alle banche. Poverine hanno un buco.

-         Si saranno dimenticati che anche gli operai hanno un buco, anzi più di uno.

-         Uno sicuramente lo sanno che ce l’hanno. E non sto a dirti quale.- Disse versando nei tre bicchieri ancora grappa e finendo così la bottiglia.

-         Si. Effettivamente hai ragione.- Dissi bevendo.

Loro due si alzarono per fare la pipì. Io invece non mi sentivo molto bene. Mi guardai in giro spaesato in cerca di aiuto o di compassione, ma gli unici a condividere con me il fumo passivo della stanza erano Michele e la Valeria, ancora davanti al portatile.

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