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Un blog creato da Dalu_Biotech il 19/04/2007

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Critica a "I legami tra alcolismo e geni" (di Luca Soattin)Le Scienze n°466

Post n°8 pubblicato il 19 Giugno 2007 da Dalu_Biotech

Alla cortese Attenzione della Redazione di “Le Scienze;

scrivo riguardo all’articolo “I legami tra alcolismo e geni” di John I. Nurnberger, Jr e Laura Jean Bierut presentato nel numero 466 di Giugno.

La biologia molecolare, con l’avvento delle moderne tecniche di analisi, permette sempre più l’acquisizione di informazioni rispetto alla fisiologia cellulare e quindi, per estensione, alla migliore conoscenza dei processi biologici di un intero organismo. Da studente di biotecnologie non posso, però, evitare di notare l’approccio meccanicistico adottato nell’articolo sopraccitato.

       Gli autori introducono il tema della genetica dell’alcolismo descrivendo il normale metabolismo dell’alcool, diretto da specifici enzimi come l’aldeide deidrogenasi (ALDH1), nelle sue varianti alleliche e nelle diverse etnie umane; viene posta pertanto attenzione alla differente attività enzimatica in funzione delle varianti strutturali, senza tener conto della regolazione dell’espressione genica. In più viene associata la variabilità genetica, dei geni implicati, non alla quantità di alcool che può essere metabolizzata, e quindi al grado di saturazione dell’enzima, ma alla quantità di alcool che un individuo è propenso ad assumere. Con abile maestria letteraria si passa da un aspetto fisiologico – biochimico, cioè il metabolismo dell’alcool, al comportamento di un individuo nei confronti dell’alcool.

       In realtà, ciò che sconcerta maggiormente non è questo sofismo così ben mimetizzato, ma l’approccio riduzionista al problema dell’ereditarietà. A leggere questo articolo sembra di rievocare il ciclo di romanzi dei “Rougon-Macquart” di Èmile Zola, dove le teorie biologiche del comportamento trovano l’articolazione più accurata, nella descrizione del ramo depravato, alcolista e criminale dei Macquart. Vengono così definite le possibili cause e controcause per cui i geni citati sono responsabili dell’alcolismo; e cioè di come il prodotto genico alterato induca la propensione ad assumere alcool o altre sostanze. Sono accusate di scatenare l’alcolismo le sequenze codificanti dei geni ADH4, ALDH1, CHRM2… gli autori relazionano l’effetto del dominante negativo nell’epilessia, in riferimento alla sequenza alterata del gene GABRG3 che codifica per una subunità del recettore GABA  (acido g - aminobutirrico), con la predisposizione all’alcolismo. Le malattie genetiche, però, sono tali in quanto sorgono spontaneamente, proprio perché derivano da un genotipo alterato, rispetto alle forme alleliche predominanti nella popolazione; è quindi difficile immaginare una malattia genetica che sia totalmente dipendente dall’assunzione di sostanze non necessarie per lo sviluppo e la sussistenza dell’organismo stesso.

       Pertanto si vengono a delineare sia un approccio concettuale errato che di analisi; e cioè che la presenza di più alcolisti nella stessa famiglia è determinata non dalla situazione materiale, psicologica, economica e sociale, ma da una predisposizione genetica! Queste posizioni non sono altro che l’ideologia positivista della seconda metà dell’‘800, rispolverata e lucidata a nuovo. Non vi è nemesi storica nell’alcolismo, il comportamento degli individui non è cristallizzato nella loro costituzione genetica o nel loro EEG. Come sostiene il naturalista inglese Desmond Morris il modo di agire di un individuo è determinato da cause contingenti e dall’intricata rete di variabili sociali a cui ogni organismo sociale è sottoposto: una fra tutte l’imitazione dei genitori, cuore pulsante del trasferimento della coscienza sociale. È bene quindi evitare di cadere nella trappola dei geni che manifestano comportamenti sociali; nell’articolo viene fatto riferimento alla violenza e alla depressione come caratteristiche genetiche ereditabili; questo è un assurdo scientifico!

       A suffragio di queste teorie meccanicistiche appare evidente l’utilizzo di sistemi che prendono in considerazione solo le famiglie in cui sono presenti alcolisti. Ecco dunque l’errore analitico, che determina una sorta di tautologia scientifica: in questi esperimenti vengono analizzate le sequenze ripetute di DNA all’interno di una famiglia in cui sono presenti degli alcolisti, e la presenza di queste sequenze negli altri individui indicherebbe la predisposizione genetica all’alcolismo. Queste sequenze vengono chiamate microsatelliti ipervariabili o VNTR (variable number of tandem repeat), brevi serie di nucleotidi, come GTGTGT, situate in vari loci del genoma umano. Il numero di ripetizioni varia moltissimo nell’ambito della popolazione, perché può andare da 4 a 40 nei vari individui della popolazione. A causa della variabilità di queste sequenze ogni individuo eredita quasi sempre una variante diversa dalla madre e dal padre a ciascun locus VNTR, per cui due individui non imparentati avranno molto difficilmente la stessa coppia di sequenze. È dunque facile affermare che proprio quelle sequenze lì, che possono essere limitate ad individui con parentela stretta, siano i marker della predisposizione all’alcolismo nei casi in cui siano presenti individui alcolisti nella famiglia. In fine, qual è la correlazione tra i microsatelliti e l’alcolismo? Non viene offerta alcuna spiegazione, anzi viene considerata certa. Data l’estrema variabilità dei VNTR, come è possibile inquadrare il disturbo nelle diverse famiglie di una popolazione? I dati statistici offerti non sono, per terminare, chiarificatori: da un totale di 11000 soggetti analizzati, sono state individuate 262 famiglie “gravemente colpite”; ma non viene dato alcun riferimento al numero medio di componenti di una famiglia, e quindi risulta palesemente complicato individuare l’incidenza percentuale della predisposizione all’alcolismo in riferimento alle 262 famiglie nei 11000 soggetti studiati.

       La trattazione dei dati e l’utilizzo delle strumentazioni in scienza possono dare luogo a spiegazioni distorte della realtà, se utilizzate a partire da concetti scientificamente incoerenti; se è lecito il pensiero meccanicista, è doverosa la critica dialettica.

 

 
 
 

Allergie (di Luca Soattin)

Post n°7 pubblicato il 29 Aprile 2007 da Dalu_Biotech

La Primavera è la stagione delle allergie; prendiamo quindi in esame cosa succede durante una reazione di ipersensibilità di tipo I, conosciuta come atopia.

Per prima cosa è bene identificare l’agente scatenante la reazione allergica: gli allergeni.

L’allergene possiede particolari caratteristiche: deve essere una proteina ad attività enzimatica; solitamente questa classe di molecole è inserita nelle proteasi cisteiniche, cioè proteine che hanno un’attività proteolitica a livello dell’amminoacido cisterna. Questa attività determina la scissione, per esempio, delle occludine, componenti intracellulari delle giunzioni strette presenti negli epiteli, ma soprattutto inattivano il recettore CD25 presente sui linfociti T H linfociti TH2. Gli allergeni più comuni responsabili delle reazioni allergiche sono: DerP1 (dermatophagoides), papaina, chimopapaina, e subtilisina.1 (T helper di tipo 1) promuovendo quindi una risposta dei

L’ipersensibilità immediata è una reazione che interessa la vascolatura e la muscolatura liscia, la sua manifestazione è il risultato di precedenti incontri dell’organismo con l’allergene.

Tornando ai linfociti… la sottoclasse dei T 2 dirige la sintesi di particolari anticorpi; le immunoglobuline ad isotipo e: IgE, mediante il rilascio di IL-4 e IL-3 (interleuchine). Le cellule producenti le IgE sono i linfociti B; nei soggetti atopici (allergici), la loro produzione raggiunge alte concentrazioni plasmatiche. I livelli normali di IgE sono 0,1-0,4 mg/mL, mentre i livelli serici patologici arrivano fino a 1mg/mL.

Linfocita B (figura in coda, plasmacellula)

Quando gli allergeni raggiungono i tessuti connettivi di un soggetto atopico, le IgE legheranno selettivamente il loro antigene, in questo caso l’allergene. Particolari cellule presenti nel connettivo, i mastociti, espongono sulla membrana cellulare recettori proteici che legano una porzione delle IgE, l’Fc (frammento cristallizzabile dell’immunoglobulina): l’FceRI. Il legame di due IgE con il proprio recettore determina il rilascio di diverse sostanze nell’ambiente extracellulare attraverso una complessa trasduzione del segnale.

L’allergene reagisce con due IgE adiacenti legate ai recettori Fc sul mastocita. In conseguenza di questo, dalla serina-proesterasi si forma la serina-esterasi, che converte la fosfatidilserina in fosfatidiletanolammina (PE). La PE viene mutilata a fosfatidilcolina (PC) che facilita il flusso attraverso la membrana di ioni Ca      facilita la degranilazione agendo sugli enzimi che controllano la contrazione dei microfilamenti, sospingendo i granuli verso la membrana e portando, dopo fusione delle due membrane, alla degranulazione.attiva la fosfolipasi A2 che promuove la rottura della fosfatidilcolina in lipofosfatidilcolina e acido arachidonico, metabolizzato in seguito attraverso le due vie della ciclossigenasi e lipossigenasi per formare prostaglandine e leucotrieni. Inoltre il flusso di Canella cellula. L’aumento del Ca

immagine

Le sostanze rilasciate hanno un preciso effetto sui tessuti, tipico delle reazioni di ipersensibilità immediata: le ammine vasoattive determinano vasodilatazione e contrazione della muscolatura liscia, le proteasi danno tissutale, le prostaglandine procurano vasodilatazione, i leucotrieni costrizione della muscolatura liscia, in fine le citochine (TNF, tumor necrosis factor) dirigono una forte infiammazione ed il reclutamento leucocitario. I mastociti rilasciano ancora Il-5 responsabile dell’attivazione degli eosinofili. 

E’ stato ormai provato che le reazioni allergiche trovano riscontro nella mutazione di particolari geni che alterano il funzionamento dei loro prodotti.

Questo argomento verrà preso in esame prossimamente.

Mastocita (figura sopra, sono visibili numerosi granuli) 

immagine

 

 
 
 

Post n°6 pubblicato il 28 Aprile 2007 da Dalu_Biotech
Foto di Dalu_Biotech

Cellule e follia
(di D. Frumento) 

Il cancro, un nemico imprevedibile. Fa parlar di sé sollevando pesanti polveroni ideologico-filosofici e danneggia la società dopo il singolo individuo, spingendo lo scienziato alla domanda limite: perché?

 

Scrive Carl Zimmer su ‘Le Scienze’ di Aprile ’07:  La selezione naturale ha una capacità limitata di prevenire il cancro. Le difese che offre tendono a ritardare la malattia fino a un'età avanzata, invece di eliminarla del tutto. Le forze evolutive sembrano aver favorito alcuni geni che sono in grado di contribuire allo sviluppo del cancro e di renderlo aggressivo.“ Ogni divisione cellulare ha insito il rischio di mutazioni a livello genomico che potrebbero dare origine alla forma neoplastica propria del tessuto a cui appartiene, con relative metastasi, annessi e connessi. Quindi perché la cellula ribelle? Il DNA muta continuamente e la pressione evolutiva fa sì che le variazioni vantaggiose si conservino, mentre quelle dannose vengono eliminate con la bassa fitness del portatore…nonostante tutto il cancro è una mutazione particolare, perché non è conservata nelle sequenze ma si ripete senza preavviso. Alcuni individui hanno predisposizioni ereditarie mentre altri si ammalano per cause esogene (come viene sempre ribadito: chimiche, fisiche o biologiche) e la patologia si manifesta in milioni di pazienti, con una variabilità a dir poco incredibile. Di fatto, ogni tumore è diverso dagli altri, foss’anche nello stesso tessuto ma in soggetti differenti.

 

Osservando questo andamento risulta piuttosto complesso formulare ipotesi razionali, ma guai all’opera di fantasia! Tale Dr. Ryke Deer Hamer sostiene che la neoplasia sia diretta conseguenza di traumi psicologici avvenuti “improvvisamente”; propone addirittura zone del tronco encefalico che se stimolate da stress emotivi provocherebbero tumori nei distretti corporei da esse controllati e rifiuta categoricamente la chemioterapia come cura efficace, sostenendo invece che il decorso della malattia debba fluire senza essere trattato in tal senso, né con la radioterapia. Non c’è da stupirsi del fatto che sia ricercato dalla Polizia di molti paesi e viva da fuggiasco, ma tutto ciò esula dal contesto che ci si propone di analizzare. Sono più di 100 i geni che se mutati provocano la perdita del controllo proliferativo cellulare causando sdifferenziazione e, in fase avanzata, rilascio di sostanze litiche dannose per i tessuti circostanti, con relativo sequestro delle sostanze nutritive dell’organismo “ospite”. La vita della massa tumorale però finisce con la morte del paziente e questo le conferisce uno sconcertante afinalismo…da qui l’incessante spuntare di teorie pseudo-scientifiche (come quella sopra citata) sul motivo dell’insorgere di questa malattia, evidentemente dovuta al caso, alla mutazione genetica imprevedibile.

 

Non resta che studiarla, capirla e curarla, non con la magia ma con la Medicina, frutto della ragione umana. La Ricerca investe incessante impegno su tutto ciò, nonostante coloro i quali non credono nella Scienza e nelle sue potenzialità.

 
 
 

Il Gene irriverente (di Luca Soattin)

Post n°5 pubblicato il 27 Aprile 2007 da Dalu_Biotech
Foto di Dalu_Biotech

immagineAppare palese la conferma di nuove scoperte scientifiche in biologia grazie alle moderne biotecnologie che esplorano sempre più in profondità l'intima costituzione del DNA e del genoma umano (in particolare). Sembra però che esista ancora oggi un insieme di concezioni meccaniciste e deterministe che rimangono ancorate al dispiegarsi delle conoscenze in campo biologico. Se ci si affaccia alla storia della biologia, s'incontreranno due grandi "rivoluzioni": la prima fu l'introduzione della biologia meccanica ad opera di William Harvey che nel 1628 pubblicò la "Exercitatio anatomica de motu cordis et sanguinis in animalibus" e di René Descartes il "Discours" del 1637. I loro manifesti dichiaravano che gli animali erano macchine; questo servì a rompere quell'olismo oscurantista della visione medievale, per cui l'uomo e le creature erano costituite da un'essenza sacra imprescindibile e imperscrutabile. La seconda rivoluzione biologica è ancora in fase di consolidamento, benchè il suo manifesto trovi i natali nel 1859 con "L'Origine della specie" di Charles Darwin. Infatti, solo negli anni '40 del '900 il darwinismo si è affermato con forza egemonica in alcune branche della biologia come la classificazione, la fisiologia, l'anatomia e la genetica; per l'appunto si trova ancora assediato dagli eserciti di restauratori del creazionismo. Gli scienziati sono infatuati dell'idea di rivoluzione; così, le nuove scoperte vengono qualificate come "rivoluzioni" anche quando non fanno altro che confermare semplicemente e allargare il potere di idee già note. Richard Lewontin, genetista di livello internazionale, direttore di ricerca alla Harvard University, scrive nel saggio "It Ain't Necessarily So: The Dream of the Human Genome and Other Illusions": "Così, per esempio, la scoperta della struttura del DNA - la materia dei geni - fatta da J. D. Watson e Francis Crick viene spesso presentata come una rivoluzione scientifica. Ma, come sottolineato dallo stesso Watson, tutti si aspettavano la scoperta di quella struttura; tutti sapevano che una volta che fosse stata elaborata, un'enorme varietà di fenomeni sarebbero stati immediatamente rapportati ad essa. (...) La scoperta della struttura del DNA è stata enormemente fruttuosa, in quanto ha reso possibile tutta la biologia molecolare e la genetica attuale, ma non ci ha fatto vedere il mondo biologico in una maniera diversa. Non ha operato alcun rovesciamento, ma ha rappresentato un compimento." Lo scienziato harvardiano oltre ad avere una posizione scomoda per le sue teorie che non seguono il comune sentiero di opinioni, produce da tempo una profonda critica al riduzionismo scientifico, che imprigiona le variabili naturali e sociali nella struttura del DNA.

Sociobioloci e sociologi hanno sempre tentato, prima attraverso l'antropometria ora con i geni, di spiegare la presenza di caratteri imprescindibili in ogni genere di persona (quasi a voler ricordare l'antropologo Cesare Lombroso...); geni che andrebbero a determinare profondamente le scelte sociali, psicologiche, caratteriali di un uomo. Questa è un'ideologia ottocentesca che trova spazio tra le righe degli scrittori dell'epoca e alberga ancora in alcuni laboratori scientifici e cattedre universitarie.

Nel ciclo di romanzi dei "Rougon - Macquart" di È. Zola, le teorie biologiche sul carattere trovano la loro articolazione più accurata; i Rougon e i Macquart erano le due metà di una famiglia nata da una donna, il cui primo compagno era stato il solido contadino Rougon, mentre il suo secondo compagno era stato il violento, instabile Macquart. Da queste due unioni si erano originati una linea eccitabile, ambiziosa, di successo, e il ramo depravato, alcolista e criminale. Questo è un esempio di come la sociobiologia induca in errore anche grandi scrittori e intellettuali; in modo differente, ma pur sempre meccanicista e riduzionista avviene anche ora questa traslazione delle leggi sociali in biologia.

Il sociologo Sean Peter parla di atavismi racchiusi nel cuore della società, per cui sarebbe spiegato lo scoppio costante di guerre tra popoli che giustamente o ingiustamente possiedono un antico odio innato verso l'altro, a cui non possono sottrarsi. Letta in questi termini, la teoria appare sciocca e inadeguata, ma è costantemente utilizzata da ideologi d'ogni genere! Ogni giorno ci capita di udire iprovvisati oratori del foro che disquisiscono sulla natura belligerante degli Americani, o l'inesauribile rancore viscerale tra Israeliani e l'esercito di Allah. Questa è sociobiologia o meglio "socioideologia"; cioè il nascondere (sotto falso nome) la guerra di mercato in atavici odi e predisposizioni naturali di alcuni popoli.

Se gli atavismi peteriani riguardavano la società, ora il DNA identifica l'individuo sciolto dalla società. Capita di leggere su varie riviste la scoperta di un qualche gene capace di incidere profondamente sulla personalità di un individuo e sui rapporti sociali che questi ha con la comunità. Un esempio è il cosiddetto "gene della violenza"; ma alcuni potrebbero scoprire per esempio il gene della gentilezza, o della simpatia, perchè no quello dell'irriverenza... e per soggetti deficitari di questo o quel carattere, studiare una terapia ad hoc! Se questo non è determinismo e riduzionismo scientifico, allora sono valide anche le strampalate teorie sociologiche sull'atavismo!

La violenza, la gentilezza, la bellezza sono concezioni sociali, cioè sovrastrutture; è difficile quindi immaginarle, anche se in minima parte, dettate dall'acido desossiribonucleico. Esse infatti variano in funzione del tempo e dello spazio; sono particolari di una certa società e della storia di una certa società! La violenza che intendiamo noi oggi, non è quella che s'intende in altre parti del mondo, o in altri periodi storici. La famosa "vis grata puellis" (violenza grata alle fanciulle) dei nostri antenati Latini, sarebbe oggigiorno considerata a ridosso dello stupro!

I giovani Cabrai del Togo prima di passare alla circoncisione e quindi prima di divenire adulti, devono dimostrare un coraggio ed una ferocia incredibili. Durante la loro fanciullezza hanno avuto in affidamento un cucciolo di cane che cresce insieme a loro. Esso diventa il compagno di gioco e di avventura. Se il ragazzo Cabrai vuole passare alla nuova classe di età, deve per forza strangolare il cane, poi squartarlo, prendere il suo sangue e raccoglierlo in una pentola, dove in seguito verrà messa a cuocere la carne che dovrà essere mangiata dai "maturandi" senza alcuna esitazione. Si può definire iniziazione alla violenza oppure maturità, dipende con quale concezione ci si pone innanzi a questi eventi; non interviene dunque nessuna sintesi proteica in questo fatto, esso è coscienza sociale; per l'appunto prodotto di un'interazione tra soggetti che cooperano per lo sviluppo dei mezzi di sussistenza!

E' quindi chiaro come l'ambiente, la situazione storica abbiano un valore fortemente determinante e contingente; per quanto possa il patrimonio genetico di un individuo incidere sul carattere bisogna ricordare che l'essere umano è imprescindibilmente inseparabile dai suoi consimili - similia similibus curerentur -cioè l'uomo non è tale se non cresce insieme ai suoi simili, poichè essere sociale. Lo zoologo inglese Desmond Morris afferma, nel suo saggio "The Naked Ape", che il cucciolo d'uomo fonda i propri caratteri sociali sulla base dell'imitazione dei suoi genitori e del nucleo sociale in cui vive. Il DNA, da solo, non può quindi determinare totalmente un individuo; l'organismo è in rapporto dialettico con l'habitat; è scorretto assolutizzare un fattore determinante come se fosse l'unico. Edoardo Boncinelli, direttore del laboratorio di biologia molecolare del CNR, scrive riguardo al cervello, nel saggio "Genoma: il grande libro dell'uomo": "I dettagli della sua struttura e il suo modo di funzionare sono il prodotto delle istruzioni biologiche contenute nel patrimonio genetico, ma anche degli eventi della vita dell'individuo che lo possiede. Il cervello umano impiega anni per completare il proprio sviluppo e si modella anche sulla base delle nostre esperienze. Se due individui geneticamente identici fossero esposti alle stesse esperienze di vita, è assai probabile che non avrebbero esattamente lo stesso cervello." Lo scienziato spiega anche come non deve esserci unidirezionalità nello studio biologico portando una critica alla psicoanalisi che in un certo senso circoscrive la formazione della personalità ai primi momenti della vita d'un individuo: "La gente si mostra rassegnata e quasi soddisfatta di sentirsi dire che la sua personalità e il suo agire manifesto e profondo sono stati condizionati dagli eventi delle prime fasi della vita familiare infantile e tuttora dominanti da figure mitologiche quali l'Es, l'Io, il Super-Io, l'Edipo, gli Archetipi e via discorrendo."

Ammettere che esista un rapporto diretto tra DNA e personalità sarebbe come assolutizzare un parziale, certamente influente ma non in modo totale. Il fatto che la biologia sperimentale si limiti a manipolare un piccolo numero di cause introducendo forti perturbazioni influisce molto sul tipo di spiegazioni che ci vengono offerte dai biologi. Lewontin nel saggio: "Gene, organismo e ambiente" afferma: "I limiti metodologici degli esperimenti vengono confusi con le spiegazioni corrette dei fenomeni. La tesi sostenuta da molti, secondo la quale sono i geni a determinare le caratteristiche degli organismi, nasce dalla facilità con cui si possono produrre importanti modificazioni genetiche nel corso degli esperimenti e dalle dimensioni degli effetti che queste modificazioni producono negli oggetti di studio. Inoltre vengono presi in considerazione solo quei fenomeni che si prestano a essere studiati con quel metodo."

Il DNA ed il genoma umano offriranno sempre nuove scoperte per la scienza; è però doveroso porre attenzione agli oggetti dell'indagine perchè non diventino strumento ideologico.

 
 
 

Lab's hard workin'

Post n°4 pubblicato il 26 Aprile 2007 da Dalu_Biotech

immagineLa nostra occupazione è quella di partecipare ai progetti di ricerca in Oncologia Sperimentale mediante l'utilizzo di anticorpi mono/policlonali ingegnerizzati attraverso tecniche biotecnologiche.
Il lavoro dei ricercatori in ruolo (che coinvolge noi come "apprendisti stregoni") consiste nel valutare e comprendere l'attività delle sottopopolazioni immunitarie dirette contro varie tipologie neoplastiche, in particolare i linfociti NK (Natural Killer); sul fronte biomolecolare è invece in atto lo studio sulla proteomica delle isoforme tumorali, allo scopo di aggredirle con anticorpi specifici.

Ogni commento è graditissimo, presto appronfondiremo il lavoro svolto da ciascuno di noi in modo più preciso...sciao belli!

 
 
 

Post N° 3

Post n°3 pubblicato il 22 Aprile 2007 da Dalu_Biotech
Foto di Dalu_Biotech

Davide Frumento

 
 
 

Post N° 2

Post n°2 pubblicato il 22 Aprile 2007 da Dalu_Biotech
Foto di Dalu_Biotech

Luca Soattin

 
 
 

Alle prime armi

Post n°1 pubblicato il 22 Aprile 2007 da Dalu_Biotech
Foto di Dalu_Biotech

Bonjour a' tout le monde, siamo due studenti in Biotecnologie entrambi "frequentatori" presso l'IST di Genova ------> S. C. Oncologia Sperimentale (Immunologia).

Riportiamo qui i deliri di una vita tutta studio e lavoro gratuito per ciò che noi chiamiamo una "nobile causa", senza dimenticare però di postare stralci di argomenti scientifici (che noi riteniamo seri).

Hi, buddies!

 
 
 
 

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