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"PIU' DEL CLAMORE DEGLI INGIUSTI TEMO IL SILENZIO DEGLI ONESTI"

 

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IL LUPO PERDE IL PELO, MA NON IL MODO DI PENSARE

Post n°505 pubblicato il 23 Maggio 2008 da bargalla

Non so quante volte, fra ieri e oggi, ho sentito e letto un detto popolare ripetuto come un ritornello da alcuni onorevoli pappagalli della volatile e loffia opposizione parlamentare i quali, con estremo ritardo e forse perché sollecitati dai risultati di un sondaggio che attribuisce una crescita al mastino Di Pietro proprio a scapito di quel vuoto a perdere che si chiama partito democratico, si sono risvegliati dal letargo elettorale accorgendosi, finalmente, che “il lupo perde il pelo, ma non il vizio”.
La variante latina rende meglio il concetto: “lupus mutat pilum, non mentem”.
Il lupo perde il pelo, ma non il modo di pensare.
Il lupus in fabula è, naturalmente, l’innominato presidente del consilvio che non ha tardato a mostrare il suo vero volto di predatore ben mascherato, comunque, da vari strati di cerone e fondotinta dalle nuance “falso buonista” sotto il quale la mummia allupata del potere ulula di piacere ad uno Stato asservito e trasformato in riserva di caccia in cui lui, il lupo italiota, da vero furfante immatricolato, si è preso la libertà di spargere tante di quelle trappole mediatiche da avvelenare non solo la democrazia, ma anche la libera concorrenza e quel libero mercato al quale dice di ispirarsi in base ai princìpi di una malaethica più vicina agli interessi di un riccastro sfondato, presuntuoso, privo di scrupoli e arrogante, che per nostra sventura si crede anche statista, lontanissimo per questo anni luce da quell’arte sublime della Politica intesa unicamente come servizio secondo cui quando si rivestono ruoli istituzionali, bisogna spogliarsi dei propri interessi e perseguire unicamente il bene comune.
Nel momento in cui i suoi tirapiedi, in via del tutto “eccezionale” così come disposto da un cavalier servente insediatosi sullo scranno più alto di montecitorio senz’altri secondi…fini se non per quelli riconducibili agli interessi del suo signore e padrone, inseriscono una norma ad hoc per blindare il mercato dell’etere e impedire che altri potenziali editori televisivi (come da sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea) usino quelle frequenze, abusivamente occupate in regime di prorogatio da una di quelle “trappole” a…rete disseminate nell’etere da sua emittenza, allora non si può far altro che constatare  che il lupo perde il pelo (ancorché trapiantato!) ma non il vizio di servirsi dello Stato e del potere per consolidare il suo monopolio.
Il tentativo di eludere i giusti rilievi anti trust della Corte di Giustizia approntando nottetempo e in tutta fretta un emendamento che si rivela essere l’ennesima “norma ad aziendam”, per qualcuno risponde ad “una logica del tutto estranea al confronto parlamentare”.
Non poteva essere diversamente specie se si considerano i riflessi che questo colpo di mano può avere sul mercato azionario poiché da quando si è aperta la procedura di infrazione europea, il titolo mediaset, come ha fatto notare Roberto Zaccaria, perde vistosamente.
Ieri mattina “il titolo perdeva lo 0,69% nell’ultimo mese ha perso il 10,24% negli ultimi seri mesi il 19,65 nell’ultimo anno il 35,45%”. Non bisogna essere dei maghi della finanza per prevedere che il ritorno di silvio coinciderà con un aumento della quotazione del titolo della sua ammiraglia. 
Si ripropone quindi in tutta la sua gravità l’anomalia tutta italiota del conflitto d’interessi inteso, in senso sia economico-affaristico che politico, una pericolosissima ipoteca sulla nostra vita democratica, una venefica e mortale convergenza di cointeressenze che ogni giorno confliggono apertamente con l’idea stessa di Democrazia, un’oggettiva collusione tra funzioni pubbliche e affari privati, considerato che l’innominato licantropo vorrebbe avere non solo il monopolio dell’etere, come già avviene, ma anche quello dei partiti: un solo partito e un uomo solo al comando, lui naturalmente!  
Non è detto che non ci riesca, anche grazie ad una opposizione blanda e collaborazionista che ha abiurato non solo gli ideali che un tempo la resero grande, ma anche quel minimo di  antiberlusconismo che ora si rivela essere il vero “vaccino” senza il quale l’organismo-Italia, già defedato, difficilmente riuscirà a riaversi dallo stato semicomatoso in cui l’ha ridotto quella stessa compagine governativa che ora vorrebbe curarlo, specie se si considera quanto ieri ha affermato l’immarcegagliato silvio il quale, con la spocchia che lo contraddistingue, si è vantato di aver fatto sparire i marxisti, dicendosi disponibile a dialogare con un’opposizione che per il momento riesce soltanto a balbettare. Ma silvio quando parla di dialogo pensa al monologo e dimentica, da vero padrone, che c’è un profondo rapporto fra capitale, reddito e salari.
Disconoscere questo elementare principio è indice non solo di ignoranza o di sciatta cupidia, ma di inadeguatezza ad affrontare quelle che sono le vere priorità: la redistribuzione del reddito, l’aumento dei salari, la lotta all’evasione fiscale, alla precarietà e alla povertà.
Altro che “guerra all’oppressione fiscale, burocratica e giudiziaria”! Che s’inventi qualcos’altro, e la smetta di soffiare sul fuoco del malcontento sociale perché in giro c’è puzza di bruciato. 
Il pensiero va ai primi provvedimenti presentati a Napoli con un trionfalismo fuori luogo: il pacchetto-sicurezza, un “pacco” confezionato al limite della civiltà giuridica, e il contropacco sui rifiuti, un “contropaccotto” nel quale anche il diritto alla salute dei cittadini è diventato un fiocco da smaltire manu militari e al riparo da occhi indiscreti in qualche discarica considerata off limits per il buon senso.

 
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