Creato da antonio.gambini il 12/02/2007

Morte Di Gambini

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Anonimo il 11/10/08 alle 11:30 via WEB
100 sterline più spese U__U
 
Kemper_Boy.d
Kemper_Boy.d il 05/06/08 alle 11:04 via WEB
si, sono io!
 
antonio.gambini
antonio.gambini il 12/05/08 alle 17:06 via WEB
grazie. anche preferirei non lavorare.
 
maresogno67
maresogno67 il 09/05/08 alle 19:47 via WEB
auguri di buon lavoro,,ms
 
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scrivisulmioblog il 28/04/08 alle 01:05 via WEB
Ciao! Ti invito a visitare il Blog: http://blog.libero.it/scrivisulmioblog
 
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newangel_s il 18/04/08 alle 23:13 via WEB
ciao, siamo oltre ai due milioni di firme, ma servirà a fermare, quest'assassino e i suoi complici? perchè chi và a vederla questa mostra è solo un complice.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 09/04/08 alle 08:54 via WEB
cara befi aggiorna sto' coso più spesso. ciaooooooo
 
antonio.gambini
antonio.gambini il 28/03/08 alle 14:51 via WEB
sììììììì, mi abbuffo a più non posso. mi ingozzo come una papera!
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 28/03/08 alle 13:49 via WEB
reminescenze liceali......bleahahahh baci stai ancora a magnà??????? M.
 
antonio.gambini
antonio.gambini il 24/03/08 alle 17:35 via WEB
sei proprio quel Kemper Boyd?! corrotto e arrivista agente dell’Fbi, consulente della Commissione McEllan per i Kennedy e agente a contratto della Cia?!
 

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SEI DEL GATTO

 

 

Milano, 12 dicembre 1969 h 16.37
Una bomba esplode nella sede della Banca nazionale dell'agricoltura
Piazza Fontana
Strage


 

MALATTIE LETTERARIE

http://www.radio.rai.it/podcast/A42415801.mp3

Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.


 

THE BRIDE OF THE MONSTER - BELA LUGOSI

 

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Inviato da: antonio.gambini
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εικασIα


 

DANGER

 

 

GLASNOST

"Il mondo … questo grosso essere assurdo. Non ci si poteva nemmeno domandare da dove uscisse fuori, tutto questo, né come mai esisteva un mondo invece che niente. Non aveva senso, il mondo era presente dappertutto, davanti, dietro. Non c’era stato niente prima di esso. Niente. Non c’era stato un momento in cui esso avrebbe potuto non esistere. Era appunto questo che m’irritava : senza dubbio non c’era alcuna ragione perché esistesse, questa larva strisciante. Ma non era possibile che non esistesse.

 
Voglio dire che, per definizione, l’esistenza non è la necessità. Esistere è essere lì, semplicemente : gli esistenti appaiono, si lasciano incontrare ma non li si può mai dedurre. C’è qualcuno, credo, che ha compreso questo. Soltanto ha cercato di sormontare questa contingenza inventando un essere necessario e causa di sé. orbene, non c’è alcun essere necessario che può spiegare l’esistenza : la contingenza non è una falsa sembianza, un’apparenza che si può dissipare; è l’assoluto, e per conseguenza la perfetta gratuità. Tutto è gratuito, questo giardino, questa città, io stesso. E quando vi capita di rendervene conto, vi si rivolta lo stomaco e tutto si mette a fluttuare … ecco la Nausea".

"Eravamo un mucchio di esistenti impacciati, imbarazzati da noi stessi, non avevamo la minima ragione d'esser lì, né gli uni né gli altri, ciascun esistente, confuso, vagamente inquieto si sentiva di troppo in rapporto agli altri. Di troppo: era il solo rapporto ch'io potessi stabilire tra quegli alberi, quelle cancellate, quei ciottoli. Invano cercavo di contare i castagni, di situarli in rapporto alla Velleda, di confrontare la loro altezza con quella dei platani: ciascuno di essi sfuggiva dalle relazioni nelle quali io cercavo di rinchiuderli, s'isolava, traboccava. Di queste relazioni (che m'ostinavo a mantenere per ritardare il crollo del mondo umano, il mondo delle misure, delle quantità, delle direzioni) sentivo l'arbitrarietà; non avevano più mordente sulle cose. Di troppo, il castagno, lì davanti a me, un po' a sinistra. Di troppo la Velleda…
 
Ed io - fiacco, illanguidito, osceno, digerente, pieno di cupi pensieri - anch'io ero di troppo. Fortunatamente non lo sentivo, più che altro lo comprendevo, ma ero a disagio perché avevo paura di sentirlo (anche adesso ho paura - ho paura che questo mi prenda dietro la testa e mi sollevi come un'onda). Pensavo vagamente di sopprimermi, per annientare almeno una di queste esistenze superflue.
 
Ma la mia stessa morte sarebbe stata di troppo. Di troppo il mio cadavere, il mio sangue su quei ciottoli, tra quelle piante, in fondo a quel giardino sorridente. E la carne corrosa sarebbe stata di troppo nella terra che l'avrebbe ricevuta, e le mie ossa, infine, ripulite, scorticate, nette e pulite come denti, sarebbero state anch'esse di troppo: io ero di troppo per l'eternità"

(JP Sartre, La nausea)
 

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