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Post N° 72

Post n°72 pubblicato il 01 Giugno 2007 da Antwistle

Matteo Ricci, un gesuita alla corte dei Ming - Michela Fontana (Mondadori)



Si discute ampiamente, oggi più che mai, su come due culture diverse e millenarie possano incontrarsi per attuare un reciproco e pacifico scambio di idee e conoscenze. È un tema questo che chiama a raccolta studiosi e storici, soprattutto se le due culture appartengono a due emisferi diversi, se la discussione riguarda il confronto tra la cultura occidentale europea e quella orientale cinese. Ma può la dedizione, l’impegno e la forza d’animo di un solo uomo ridurre le distanze tra queste due grandi culture?
Questo libro ci dimostra che è possibile e che è già avvenuto più di 400 anni fa. L’uomo di cui parliamo è il gesuita maceratese Matteo Ricci, nato nel 1552 e morto nel 1610 a Pechino. Penetrato nel Paese di Mezzo (traduzione letterale dal cinese del nome Cina, nda) dopo mille peripezie per compiere opera di evangelizzazione, Matteo Ricci si trova di fronte ad una società complessa, caratterizzata da una burocrazia tentacolare e lenta, riscontrando enormi difficoltà nel rapportarsi ad un popolo diffidente, che non tollera la presenza di stranieri nel regno. Il gesuita si accorge presto che non bastano gli insegnamenti ricevuti dalla “Compagnia di Gesù” per entrare nel cuore e nelle anime dei cinesi ed intuisce che il modo migliore per dare un inizio alla missione in Cina è quello di acquistare autorevolezza e credito presso i mandarini, sapienti funzionari dell’Imperatore Wanli, facendo capo al principio machiavellico dell’adattarsi. Con sommo sforzo Ricci incomincia a conoscere e a padroneggiare col tempo il complesso idioma cinese, fa propri i cerimoniali di accoglienza degli ospiti, studia i classici filosofici e religiosi di Confucio e Laozi. Riesce così ad attirare l’attenzione degli shidafu (letterati) e dei guan (funzionari imperiali) mostrandosi profondo conoscitore della cultura cinese e dispensando il sapere filosofico, geografico e astronomico del “Lontano Occidente” pur trovando enormi difficoltà nel diffondere ed inculcare i fondamenti della religione del Tianzhu, Signore del Cielo, termine coniato dallo stesso gesuita per identificare Dio. Grazie ai suoi doni, “campane che suonano da sole” ovvero orologi meccanici e prismi di cristallo, ma soprattutto alla fama di uomo saggio guadagnatosi durante i lunghi anni passati nei precedenti insediamenti, Matteo Ricci riesce ad ottenere la protezione dell’Imperatore in persona e l’autorizzazione a risiedere a Pechino, dove morirà circa nove anni dopo ricevendo l’onore di essere sepolto nella Capitale del Nord (traduzione dal cinese di Pechino, nda). Il gesuita maceratese grazie al suo impegno e alla sue grandi capacità, è diventato il tramite tra i due mondi, quello cinese e quello europeo, separati da un oceano di differenze, infrangendo diversi primati (come quello del primo occidentale ad aver redatto un’opera in lingua cinese, ndr) e consegnandosi alla storia come Li Madou (il nome cinese di M.R.) un uomo straordinario.

 
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