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« Messaggio #1simboli che  lasciano su... »

Quando la Morte arriva cantando: "BANDIERA ROSSA".

Post n°2 pubblicato il 25 Settembre 2007 da arca_1974
Foto di arca_1974

NORMA COSSETTO

(una storia di ordinaria follia
partigiana)



Quando la Morte arriva
cantando: "BANDIERA ROSSA".





 



Prego i visitatori di questa Pagina a soffermarsi e a riflettere su questa triste e orrenda storia immaginando che di
storie come questa, negli anni della "gloriosa resistenza partigiana", ce sono
state migliaia, delle altre ne sono sparite le testimonianze... insieme ai testimoni. Se
è stata fatta giustizia per questa ragazza, lo dobbiamo alle tanto odiate truppe
tedesche!

... Norma Cossetto era una splendida ragazza di 24 anni di S.Domenico di Visinada, laureanda in lettere e filosofia presso l'università di Padova. In
quel periodo girava in bicicletta per i comuni dell'Istria per preparare il materiale per
la sua tesi di laurea, che aveva per titolo "L'Istria Rossa" (Terra rossa per la bauxite). Il 25 settembre 1943 un gruppo di partigiani irruppe in casa Cossetto razziando
ogni cosa (espropriazione proletaria). Entrarono perfino nelle camere, sparando sopra i
letti per spaventare le persone.Il giorno successivo prelevarono Norma. Venne condotta
prima nella ex caserma dei Carabinieri di Visignano dove i capibanda si divertirono a
tormentarla, promettendole libertà e mansioni direttive, se avesse accettato di collaborare e di aggregarsi alle loro imprese. Al netto rifiuto, la rinchiusero nella ex
caserma della Guardia di Finanza a Parenzo assieme ad altri parenti, conoscenti ed amici
tra i quali Eugenio Cossetto, Antonio Posar, Antonio Ferrarin, Ada Riosa vedova Mechis in
Sciortino, Maria Valenti, Urnberto Zotter ed altri, tutti di San Domenico, Castellier,
Ghedda, Villanova e Parenzo. Dopo una sosta di un paio di giorni, vennero tutti trasferiti
durante la notte e trasportati con un carnion nella scuola di Antignana, dove Norma iniziò il suo vero martirio. Fissata ad un tavolo con alcune corde, venne violentata da
diciassette aguzzini, ubriachi e esaltati, quindi gettata nuda nella Foiba poco distante,
sulla catasta degli altri cadaveri degli istriani. Una signora di Antignana che abitava di fronte, sentendo dal primo pomeriggio gemiti e lamenti, verso sera, appena buio, osò
avvicinarsi alle imposte socchiuse. Vide la ragazza legata al tavolo e la udí,
distintamente, invocare la mamma e chiedere da bere per pietà...

 

... Il 13 ottobre 1943 a S. Domenico ritornarono i tedeschi i
quali, su richiesta di Licia, sorella di Norma, catturarono alcuni partigiani he
raccontarono la sua tragica fine e quella di suo padre. Il 10 dicembre 1943 i Vigili del
fuoco di Pola, al comando del maresciallo Harzarich, recuperarono la sua salma: era caduta
supina, nuda, con le braccia legate con il filo di ferro, su un cumulo di altri cadaveri
aggrovigliati; aveva ambedue i seni pugnalati ed altre parti del corpo sfregiate. Emanuele
Cossetto, che identificò la nipote Norma, riconobbe sul suo corpo varie ferite d'arma da taglio; altrettanto riscontrò sui cadaveri degli altri". Norma aveva le mani legate
in avanti, mentre le altre vittime erano state legate dietro. Da prigionieri partigiani,
presi in seguito da militari italiani istriani, si seppe che Norma, durante la prigionia
venne violentata da molti. Un'altra deposizione aggiunge i seguenti particolari: "Cossetto Norma, rinchiusa da partigiani nella ex caserma dei Carabinieri di
Antignana, fu fissata ad un tavolo con legature alle mani e ai piedi e violentata per
tutta la notte da diciassette aguzzini. Venne poi gettata nella Foiba.

 

... La salma di Norma fu composta nella piccola cappella
mortuaria del cimitero di Castellerier. Dei suoi diciassette torturatori, sei furono
arrestati e obbligati a passare l'ultima notte della loro vita nella cappella mortuaria
del locale cimitero per vegliare la salma, composta al centro, alla luce tremolante di due
ceri, nel fetore acre della decomposizione di quel corpo che essi avevano seviziato sessantasette giorni prima, nell'attesa angosciosa della morte certa. Soli, con la loro
vittima, con il peso enorme dei loro rimorsi, tre impazzirono e all'alba caddero con gli
altri, fucilati a colpi di mitra ...."

 
Inviato da: LUPO_NERO_MTrackback: 0 - Commenti: 22
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Messaggio N°13
Tags: assassini, atrocità, comunismo, comunisti, partigiani
13-08-2007 - 00:18
NESSUNA PIETA'

Questa agghiacciante testimonianza è stata tratta da
"Carità e Tormento" - memorie di una Crocerossina -
di Antonia Setti Carraro - Mursia editore 1982 -


Torino - primi di maggio 1945.
"Accanto al reparto dei feriti e congelati della divisione, vi era una stanzetta dove un Tenente della X Mas, ferito alla colonna vertebrale e completamente paralizzato dalla vita in giù, se ne stava isolato assieme alla madre. Era di Trieste e la madre lo curava già da parecchio tempo. Non aveva che quel figliolo. Un pomeriggio che ricorderò sempre come un incubo,quattro partigiani armati irruppero in quella stanzetta, afferrarono quel povero corpo martoriato, lo presero due per le ascelle e due per i piedi e cercarono di portarlo fuori dal locale.


Nessun medico, nessun infermiere, nessuna sorella cercò di fermarli. La madre intuì ogni cosa e si gettò, urlando sul figlio e con la forza della disperazione lottò per stapparlo a quei violenti. Dritta sulla soglia della stanzetta, a braccia aperte, tentava di impedire il passaggio del corpo del figlio picchiando a pugni chiusi chi lo trasportava, difendendo disperata la sua creatura. Era tremendamente sola. La colpirono con un pugno tra gli occhi ed egualmente la donna, perdendo sangue dal naso, si batteva con la forza di un leone; a quel punto si gettò a terra tra le gambe di quegli uomini e allora uno di questi la prese per i capelli e la trascinò per la corsia. La donna perdeva ciocche di capelli, ma continuava a dibattersi non cessando mai di invocare aiuto. Poi rialzatasi di colpo, si getto nuovamente sul corpo del figlio che veniva continuamente strattonato qua e là ed era ormai seminudo, con le medicazioni pendenti dalla ferita riaperta. Il tenente non aprì mai la bocca, solo allungò una mano e strinse quella della madre ricoperta di sangue. Sempre silenziosamente prese ad accarezzare quella povera mano e poi se la portò alle labbra. Trovava ancora la forza di tacere. Fu trascinato davanti ai letti dei soldati (...).

Ora gli urli della donna non avevano più nulla di umano. Il triste corteo passò il cortile seguito dagli occhi di decine di persone senza che nessuno intervenisse o sbarrasse il passo a chi trasportava quel ferito. All'uscita dell'ospedale un gruppo di persone fece cerchio attorno a quei quattro che ora cercavano invano di far entrare il ferito in un camioncino sporco ed ingombro di oggetti. Ma non vi riuscivano. ...PIETA', PIETA' PER MIO FIGLIO!

Allora con un moto di stizza e di rabbia buttarono a terra quel corpo martoriato e scaricarono su di lui i loro mitra. Spararono tutti e quattro assieme. Per ore nelle nostre orecchie risuonò martellante l'urlo della povera madre:

"MALEDETTI, MALEDETTI ASSASSINI"

 
Inviato da: LUPO_NERO_M

 
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