Creato da aristea.c il 22/03/2008

Notturno sereno

pensieri e parole nella notte

ULTIME VISITE AL BLOG

Blogendalcioccolatofreddoviscotoni1rimorchio26ogynoaquilapollo26giugno56guglielminagiarolocan.you.feel.meulisse.61La.ValigiaRossacol_e_sterolPerturbabileslippery.zonemarck.45
 
 
 

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Maggio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
    1 2 3 4 5
6 7 8 9 10 11 12
13 14 15 16 17 18 19
20 21 22 23 24 25 26
27 28 29 30 31    
 
 

FACEBOOK

 
 

I MIEI BLOG AMICI

Citazioni nei Blog Amici: 1
 

 

« BENVENUTA PRIMAVERA SONO IO »

LA MOGLIE DEL PRETE

Post n°3 pubblicato il 03 Maggio 2008 da aristea.c

Alberto esce di casa, si appoggia allo stipite delle veranda.Ha una tazza di tè tra le mani, le sue mani sono anziane, Alberto ha 68 anni, ancora un uomo interessante, non un vecchio cadente come si immaginava di diventare a quell’età. Da giovani non si riesce ad avere una giusta idea di quello che saremo da vecchi… Alberto sa che da giovani non si riesce neanche ad immaginare cosa la vita ci prepara, Alberto sa che la vita ci porta a camminare strade che non avremmo mai pensato.

Guarda verso il tramonto, tra gli alberi il sole arancione, il silenzio del pomeriggio nella campagna del basso Lazio dove insieme a sua moglie si sono trasferiti da dieci anni. Non trasferiti ma rifugiati.

Il tè si sta raffreddando nelle sue mani, guarda la tazza e comincia a piangere, è un pianto sommesso senza singhiozzi, senza suoni, solo lacrime che scendono sul volto, gli occhi azzurri sono annegati e poi quando non possono più contenerle le lasciano scivolare lungo le guance scavate, fino alla barba bianca, dove si perdono.

Il tè, Alberto l’ha preparato per sua moglie,

ma quando era salito nella sua stanza a portaglielo, Maria era con gli occhi chiusi, lui si era avvicinato al letto per capire se veramente dormiva o se si era solo abbandonata estenuata, sul cuscino. Ma rumore del suo respiro gli fa capire che finalmente è riuscita ad addormentarsi,

Maria non dorme quasi più la notte, la malattia la fa soffrire, la sua possibilità di riposo è così ridotta a brevi periodi di sonno legati alla efficacia dei farmaci antidolorifici. Quando il farmaco agiva, Maria, riusciva a dormire per due o tre ore. Allora Albero era uscito dalla casa per non rischiare di svegliarla, era uscito per respirare l’aria della sera, per sentirsi meglio, in questi mesi della malattia della moglie la sensazione di oppressione nel petto e sulle spalle non lo abbandona mai, e come se lui non si permettesse più di respirare, perché lei non riusciva più a respirare, perché lei ha un tumore ai polmoni, perché lei i polmoni non ce l’ha quasi più…

Alberto si siede sulla sedia a dondolo sotto la veranda, appoggia la tazza sul tavolo, abbandona la testa all’indietro e sospira “ Dio aiutami!!”

Riapre gli occhi e guarda verso la sedia gemella che è vicino alla sua, c’è un uomo seduto, lui lo sapeva, era tanto che non lo vedeva più quell’uomo, ma sapeva che se lo avesse chiamato al suo fianco lui sarebbe arrivato subito.

L’uomo cominciò a parlare:

-       Ricordo il piccolo Alberto a tredici anni quando mi chiamò perché i compagni di scuola avevano preso in giro un suo compagno, “sei un recchione” Gli avevano detto, il compagno aveva reagito si erano picchiati, Alberto aveva assistito alla scena senza fare nulla li aveva guardati, il compagno era dovuto andare all’ospedale per le botte ricevute, e lui si era sentito così inutile e incapace.

-       Ero sconvolto dalla mia impotenza, avrei voluto aiutare il mio compagno, lui era un ragazzo molto solitario, non era un mio amico ma vedere una persona così debole, sopraffatto dalla sua rabbia dalla frustrazione,fu terribile; spesso lo avevano preso in giro, ma lui non aveva mai reagito, aveva sempre avuto paura, era giusto aver paura di quei prepotenti, ma quel giorno i suoi occhi si riempirono di odio, fece un urlo e si avvento sulla testa di uno di loro strillando e piangendo, con i pugni stretti e la lingua tra i denti, picchiò non abbastanza forte però, i tre gli furono addosso in un attimo e cominciarono a picchiarlo, loro si, con molta forza… calci e pugni, sembrava che non aspettavano altro che una sua reazione per massacrarlo..lui non riuscì più a colpire, io credo perché la sua rabbia era scomparsa, lasciando il posto solo al dolore di essere odiato per quello che era, una persona diversa da loro e quindi da distruggere e cancellare. Io rimasi a guardare, immobile, qualcuno andò a chiamare aiuto, e arrivò il parroco, eravamo all’oratorio come tutte le domeniche.

Il parroco era un uomo forte e grosso li afferrò per le camice e li fece letteralmente volare via, loro erano più grandi di me, 15 o 16 anni avevano, anche il ragazzo picchiato.

Noi ragazzini più piccoli ci fermavamo al bordo del campetto a guardare i grandi che giocavano a calcio, da loro imparavamo a diventare grandi.

-       Quel giorno tu hai imparato qualcosa…

-       Si, ho capito cosa non volevo essere, e ho giurato a me stesso che avrei sempre difeso i più deboli, gli emarginati, e che avrei lottato contro le ingiustizie e le prepotenze. Ma rimasi anche impressionato per la mia impotenza temevo che non avrei mai avuto la forza per fare quello che mi proponevo, la violenza mi terrorizzava…

-       Quel giorno cominciasti a prendere la tua decisione…

-       Parlai molto con il parroco da allora, lui mi fece capire che non serve la violenza per combattere la violenza, mi diede libri da leggere storie di eroi e di santi che avevano aiutato gli uomini non perché erano più forti di loro ma perchè riuscivano a vedere nel volto in ciascun uomo il volto di Gesù, anche in quello dei prepotenti e dei violenti. A 16 anni entrai in seminario e studiai con così tanta passione che il tempo passò in  soffio, a stento ricordo di aver vissuto qualcosa di diverso di quello che studiavo e della preghiera.

-       Tua moglie si è svegliata, vai da lei, non lasciarla sola, io sono qui… sempre…

Alberto si riscuote velocemente, salta giù dalla sedia, con le sue lunghe gambe ancora agili e forti e si dirige verso la porta di casa, la tazza di tè ormai freddo rimane sul tavolo verrà levata da lì solo tra qualche giorno quando la vita di Alberto sarà definitivamente e per la seconda volta, cambiata, altre mani raccoglieranno quella tazza per riporla a suo posto. 

Con cautela apre la porta della stanza da letto, la stanza è quasi al buio, il sole è ormai tramontato, si avvicina al letto… no, Maria non si è ancora svegliata ma si lamenta nel sonno, i dolori si sono già svegliati e presto la sveglieranno anche lei.

Silenziosamente accosta la sedia al letto si siede e la guarda il suo viso è magro e pallido solo le guance hanno un’ innaturale rosso, come se si fosse truccata con il fard ma avesse dimenticato di stenderlo bene con il pennello per rendere uniforme il colorito, all’inizio della sua malattia quel colore rosso delle guance lo faceva ben sperare sulle condizioni di salute di sua moglie ma poi da qualche parte aveva letto che la malattia ai polmoni aveva nelle sue caratteristiche questo crudele inganno.

Alberto guarda l’orologio sul comodino, sono le sette – bene, ha dormito per quasi due ore, ora le preparerò la cena, il sonno l’avrà rinfrancata e mangerà, sicuramente mangerà, ora vado giù a cucinarle qualcosa di buono, che  a lei piace più di tutto, la mozzarella di bufala con i pomodori e le olive nere, quanto le piace… è fresca e saporita, l’ho comprata stamattina sulla via del mare, mentre tornavo da Gaeta.-

Maria apre gli occhi

Alberto rimane ancora stupito della profondità del suo sguardo, ancora dopo tanti anni, rimane affascinato davanti a quegli occhi neri, lo mettono sempre a disagio, se poi lei non lo rassicura subito con un sorriso,

Quel sorriso infatti arriva subito, come quasi sempre, a volte quando lei era molto arrabbiata con lui o dispiaciuta, il sorriso non arrivava e lui non era mai riuscito a sostenere quello sguardo, ma ora lei sorride ed è per lui la cosa più bella della sua vita.

Le accarezza i capelli grigi e lei chiude di nuovo gli occhi continuando a sorridere.

-       come stai cara? Hai dormito?

Lei riapre lentamente gli occhi.

-       Si mio caro, ho dormito e sto bene, e tu?

    Che hai fatto? Hai riposato un po’?

-       Si, sulla veranda, ho guardato il tramonto e credo di essermi addormentato, ho sognato una cosa che è successa tanti anni fa, quando ero un bambino..

E lentamente le racconta il fatto, ma non le dice nulla dell’uomo sulla sedia che parlava con lui,

di di certe cose non le ha mai parlato, si vergognava.

Maria è una donna forte e concreta che cosa avrebbe mai pensato di quell’uomo, una fantasia, o peggio il fantasma di un rimpianto?

Mentre racconta, lei si riassopisce, con il sorriso sul viso, lui smette di raccontare e con calma si alza dalla sedia e esce… forse lei dormirà per un’altra ora!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
Vai alla Home Page del blog

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

ULTIMI COMMENTI

CHI PUò SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963