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« VISITA DI GESU' ...VISI...CREDERE E' VIVERE DA VE... »

la verita' ci rendera' liberi.

Post n°1179 pubblicato il 24 Agosto 2014 da linaladu

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Il tema viene dall'AT. Nella tradizione sapienziale e in Daniele, l'ultimo dei grandi profeti, la verità designa la dottrina di sapienza, la verità rivelata. Più volte troviamo ravvicinate le nozioni di verità e di sapienza. Così, per es., nei libro dei Proverbi: “Acquista la verità, non venderla: saggezza, disciplina e intelligenza!E l'autore dell'Ecclesiastico rivolge ai suoi discepoli questa magnifica esortazione così attuale oggi: “Fino alla morte lotta per la verità, il Signore Iddio combatterà per te” (testo greco, 4, 28).
Ma in diversi testi passa in primo piano l'idea di rivelazione. La verità designa allora la rivelazione del piano divino della salvezza. In uno degli inni di Qumran si legge, per esempio, questa preghiera: “Voglio lodarti, o Signore, perché tu mi hai dato l'intelligenza della tua verità e mi hai fatto conoscere i tuoi meravigliosi misteri”).

Nel NT i testi dove si parla più frequentemente della verità, sono gli scritti più teologici, cioè le lettere paoline e giovannee, e il quarto vangelo.Per Paolo, l'apostolo delle genti, la verità si identifica col messaggio del vangelo (Gal 2, 5-14); egli ricorda ai cristiani di Efeso: “Voi (avete udito) la parola della verità, il vangelo della vostra salvezza”. Pertanto “giungere alla conoscenza della verità” vuoI dire accogliere la buona novella della salvezza, aderire alla vera fede, farsi cristiano.
La verità predicata dall'apostolo non è una teoria astratta, un sistema dottrinale; al centro del suo messaggio sta la persona di Cristo. Paolo dice agli Efesini: “la verità è in Gesù” (Ef 4, 21). Accogliere la verità del vangelo significa per lui: “imparare il Cristo..., udire di lui, essere ammaestrato in lui”. Nella seconda lettera ai Corinti, Paolo sottolinea con forza che la parola del vangelo è la rivelazione del mistero di Cristo: lo scopo della sua opera apostolica è di “manifestare la verità”, di “far rifulgere lo splendore del vangelo della gloria del Cristo”, di “far risplendere la conoscenza della gloria di Dio che è sul volto di Gesù Cristo”.

Ma l'autore che ha approfondito di più il tema della verità e che ha fortemente messo in risalto la sua relazione col mistero di Cristo è indubbiamente S.Giovanni.
Per l'autore del quarto vangelo, Gesù è innanzitutto il Rivelatore del Padre. L'evangelista descrive la sua missione nei seguenti termini: “Colui che viene dal cielo è superiore a tutti, e attesta ciò che ha veduto e udito; eppure nessuno accetta la sua testimonianza” (3, 31-32). E Gesù stesso dichiara ai Giudei di Gerusalemme: “Io vi ho proclamato la verità, quale io l'ho udita da Dio... Ma a me, che vi dico la verità, non credete”.
Se l'idea di rivelazione è tanto centrale per S.Giovanni, si capisce bene come egli abbia scritto nel prologo: “La legge fu data da Mosè; la grazia e la verità (la pienezza della rivelazione) venne a noi in Gesù Cristo” (1, 17). Ma il testo fondamentale si trova nei discorsi di Gesù all'ultima Cena: “Io sono la via, la verità e la vita. Gesù si chiama la verità, non nel senso della metafisica platonica, come se egli volesse svelare in se stesso l'essere assoluto e divino.

Gesù usa qui il linguaggio della tradizione biblica e giudaica in cui la “verità” è un messaggio di salvezza, la parola di rivelazione: egli è dunque la verità, in quanto egli, l'uomo Gesù, è per noi la pienezza della rivelazione. Approfondire la verità cristiana vuol dire: approfondire il mistero di Cristo, scoprire sempre più, nel processo stesso della nostra fede, che egli, l'uomo Gesù si manifesta a noi come Figlio di Dio; così Cristo è per noi anche la vita, perché, nella comunione con lui, partecipiamo alla vita di Dio. In questo invito sta tutto il senso della vita cristiana. Per attuare e realizzare questa vocazione, viene mandato ai credenti il Paraclito, chiamato nel quarto vangelo lo Spirito di verità. Compito suo non è di portare una nuova rivelazione, un'altra verità, distinta da quella di Gesù, ma di far comprendere, di far interiorizzare e assimilare la verità di Gesù. Cristo stesso diceva nell'ultima Cena: “Lo Spirito Santo, che il Padre vi manderà nel mio nome, egli Vi insegnerà e vi farà ricordare tutto quello che io vi ho detto” “lo Spirito di verità vi condurrà verso tutta intera la verità” (16, 13). La missione dello Spirito sarà dunque di far penetrare nel cuore dei credenti il messaggio di Gesù, di darne loro una comprensione personale ed esistenziale, un'intelligenza di fede.

Così si potrà sviluppare la vita nuova dei discepoli di Cristo; per S.Giovanni questa vita è una vita nella verità, una vita nella luce di Cristo. Più che ogni altro autore del NT egli insiste sul ruolo della verità nella vita dei credenti. La verità non è per lui, come per il pensiero greco, un oggetto di pura contemplazione intellettuale, ma il principio fondamentale della morale cristiana, della trasformazione e del rinnovamento dell'uomo. Perciò s. Giovanni usa molte espressioni per descrivere la funzione della verità nel comportamento e nell'agire del cristiano.La prima cosa che si aspetta da un uomo che viene messo a confronto con Cristo e con la sua verità è che egli “faccia la verità”; questa formula biblica “fare la verità” non significa come si potrebbe pensare: vivere in conformità con la verità. “Fare la verità” comporta nel quarto vangelo tutto il processo di assimilazione della verità, il cammino del progresso nella fede, significa “far propria la verità” di Gesù, ascoltando la sua parola e contemplando la sua persona e le sue azioni. Così l'uomo entra progressivamente nel mistero di Cristo e diventa cristiano.

Ma credere non basta. Il credente deve approfondire la sua fede. E' ciò che Giovanni chiama “conoscere la verità”. Questa conoscenza profonda non si acquista in un giorno; essa si ottiene a poco a poco, col ritmo stesso dello sviluppo della fede.
Gesù diceva ai Giudei: “Se voi restate nella mia parola, sarete veramente miei discepoli; così voi conoscerete la verità” (cioè voi la penetrerete progressivamente. La condizione è chiara: bisogna, nel pieno senso della parola, diventare personalmente discepolo di Gesù. Così si arriva ad “essere dalla verità”, come dice ancora Giovanni (18, 37; 1 Gv 3, 19); il vero cristiano è colui che ha messo la sua vita in armonia con la verità; egli vive in modo abituale nell'irraggiamento della verità, vi si ispira in tutto il suo modo di agire.
Questa esigenza è molto importante. Per essere cristiano, secondo S.Giovanni, non basta quindi accettare intellettualmente alcune verità di fede, senza impegno personale. Il cristiano vive nella verità soltanto quando egli cerca continuamente di assimilarla, per lasciarsi progressivamente trasformare da essa. E' la condanna di ogni formalismo, di ogni superficialità, di ogni cristianesimo indifferente, non autentico. La dottrina giovannea sulla verità richiede che il cristiano diventi un credente disponibile, convinto, impegnato. Il fermento, il segreto di quel rinnovamento sta nella sua conoscenza intima e personale della verità, nel suo incontro esistenziale con Cristo.

IN FEDE LINA LADU.

 
 
 
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