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                                          Musica Nel PACKARDBELL

Post n°55 pubblicato il 14 Dicembre 2006 da miller63


Anno di uscita: 2003
Etichetta: Favored Nation

TRACKLIST:
1. Flames Of Love immagine
2. Same Ol' Way immagine
3. Bittersweet immagine
4. Ain't No Crime
5. Big Red Line
6. Liar's Dice Blues immagine
7. Black Pearls immagine
8. Sorow's Kitchen immagine
9. Four Roses immagine
10. Old Smyrna Road immagine
11. Tenfold Trouble
12. Wicked Ways immagine

           Sardinas, Eric      BLACK PEARLS


rls


Attendevo con ansia questo terzo album di Eric Sardinas, dopo la mezza delusione di “Devil’s Train” ero curioso di capire se il buon Eric era finalmente in grado di camminare con le proprie gambe senza il sostegno del maestro Johnny Winter. Nei due anni che sono passati tra il precedente e questo album il buon Eric ha suonato moltissimo dal vivo aprendo la quasi totalità dei concerti di Steve Vai. E’ probabile che l’aver frequentato per così tanto tempo un chitarrista abbastanza diverso da lui (propietario inoltre della Jive l'etichetta che pubblica il disco), e di conseguenza un pubblico nuovo, abbia insegnato molto a Sardinas. Innanzi tutto in questo suo nuovo lavoro il nostro dimostra una più ampia varietà di influenze e un mutamento generale del suo suono che lo rende , finalmente, più personale. Certo le cose che gli riescono meglio sono ancora i bluesoni tiratissimi e incendiari di winteriana memoria ma Sardinas dimostra anche di sapersela cavare in territori un po’ più soft. Il disco si apre con “Flames of love” un classico brano nel suo solito stile torrenziale e corposo ma gia qui si nota un certo “indurimento” del suono della chitarra rispetto al passato. Il brano è dotato del solito grande tiro e sicuramente renderà alla grande nei suoi incredibili live show (se non lo avete mai visto dal vivo vi siete davvero persi qualcosa di grandioso). La successiva “Saim ol’ Way” vira in territori più sudisti , il dobro di Eric è meno duro che nel precedente brano ma non perde un filo del sua carica anzi dimostra una duttilità finora sconosciuta (i precedenti esperimenti di questo tipo in “Devil’s Train” erano stati una delusione), la tecnica è impeccabile ma il virtuosismo non è fine a se stesso seguendo la lezione del grande Johnny che di brani così ne ha suonati centinaia. A conferma di quanto detto sopra arriva “Bittersweet” altro brano che rimanda alla memoria a “Nothing but the Blues” dell’”albino maledetto” Eric paga il tributo al maestro con grande passione facendo vibrare il suo dobro come pochi sono capaci. L’assolo centrale del brano è splendido per intensità emotiva e per qualità dell’esecuzione Sardinas dimostra di saper sapientemente unire la tradizione al nuovo creando una grande miscela di suoni. Prima di continuare nell’analisi del disco voglio precisare che per godere a pieno di queste canzoni il volume va tenuto rigorosamente alto! Con “Ain’t no Crime” fa capolino un suono più psichedelico e hard sempre nel contesto innovativo di cui parlavamo prima. “Big Red Line” invece si sposta su territori quasi country rock con u coretto femminile a sostenere la sua voce non più roca e tirata come al solito ma di stampo molto più melodico. Visto che comunque il primo amore non si scorda mai ecco arrivare un torrido slow blues come “Liar's Dice Blues”, Sardinas per l’occasione suona anche acustico e lo fa alla grandissima dando inoltre prova di essere uno splendido cantante blues prima di lanciarsi nel infuocato interminabile solo elettrico nella parte conclusiva. Grandissima canzone come raramente se ne sentono di questi tempi. Eric il blues ce l’ha nel sangue e si sente. E’ ora il turno della title track che riporta agli episodi migliori del suo disco d’esordio, possiamo definirla una tipica song alla Sardinas, tutta sangue e sudore. “Sorrow Kichen” è lenta e suona un po’ scontata, le ballad non fanno per lui. Anche la successiva “Four Roses” (un rock blues) suona un pochino di gia sentito mentre “Old Smyrna” riprende il discorso di “Saim Ol’ Way “ spingendosi ancora di più verso il country con ottimi risultati: Sardinas dimostra di trovarsi perfettamente a suo agio con queste nuove sonorità e ciò non può fargli che bene. Segue “Tenfold Trouble”. Questo è puro hard blues sull’insegnamento degli Zeppelin. Break chitarristici continui, voce roca con tanto di urletti (si nulla che vedere con quelli di Page intendiamoci) e grinta da vendere. A chiudere il disco ci pensa “Wicked Ways” splendida song acustica che trauma country blues da tutti i pori.
Con questo suo terzo album Eric Sardinas dimostra di volersi scrollare di dosso la pesante ombra di Johnny Winter cercando un suono personale e vario. Diciamo che ci riesce solo per metà visto che comunque le canzoni migliori risultano ancora quelle che più risentono dall’insegnamento del maestro. C’è però una grossa novità rispetto al passato: anche in questi brani Eric dimostra una personalità propria, paga dazio ma lo fa in modo personale. Se non fosse per un paio di brani al di sotto della media questo album sarebbe uno dei migliori lavori dell’anno. Anche così comunque vale comunque molto e se lo ascoltate a volume altissimo vale anche di più. Ammetto che Black Pearls mi ha tolto molti dubbi sui conti di Eric Sardinas; forse non diventerà mai un gigante del genere ( a livello compositivo ha ancora delle lacune evidenti) ma sicuramente saprà farci divertire parecchio ancora di più. Non so a voi ma a me sinceramente questo basta per promuoverlo a pieni voti.

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     Tom Petty & The Heartbreakers

Tom Petty (1952), si trasferisce dalla natia Florida in California nei primi anni settanta, cerca fortuna da solista, ma è solo quando forma gli Heartbreakers che getta le basi per una carriera piena di riconoscimenti e soddisfazioni. Ad accompagnarlo nel suo rileggere southern rock, Bob Dylan e Byrds, ci sono Mike Campbell (chitarra), Stan Lynch (bat"teria), Ron Blair (basso) e Benmont Tench (tastiere).

 
                                                             Echo - 1999

Il primo album vero per la nuova casa discografica, lo conferma star assoluta del rock americano, e si piazza comodamente nella Top 10 americana e costringe l'artista ad imbarcarsi in un lunghissimo tour. La produzione di Rick Rubin rende l'album più solido del passato e le canzoni suonano con un'energia inconsueta, ma che nulla toglie alla loro spontaneità poetica.

                             
 
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