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ORGANICO DI POTENZIAMENTO - ANALISI

Post n°991 pubblicato il 24 Ottobre 2016 da emmegisinda
 

Tratto da: Dirigenti News n. 32 - 24.10.2016
L'incompiuta dell'organico funzionale. Ora una nuova circolare?
L’organico dell’autonomia è un oggetto sfuggente che si aggira nel nostro sistema scolastico da molto tempo, un’entità fantasmatica che sembra essere destinata ad una perenne inconsistenza. La declinazione dell’organico funzionale addirittura risale alla Legge n. 662/1996 art.1 c. 72 e alla Legge n. 59/97. Si profilava infatti già allora la possibilità, per le singole istituzioni scolastiche, di definire un organico fondato su progettazioni e pertanto non direttamente vincolato all’insegnamento curricolare ed alle ordinarie attività di istituto. In tal modo, le titolarità dei docenti attribuite alla singola scuola non sarebbero state direttamente coincidenti con il numero di cattedre assegnate per ordinamento curricolare.
L’organico funzionale, introdotto sperimentalmente nella scuola primaria nell’a.s. 1997/98, viene inestricabilmente collegato alla realizzazione dell’autonomia scolastica dal mitico Regolamento 275/99, con l’art. 7. Dopo la sperimentazione in un numero ristretto di istituti nella scuola secondaria sulla base del DM 71/99, nonostante i buoni risultati rilevati dai monitoraggi, l’attuazione dell’organico funzionale è stata per lo più vanificata dalle urgenze della finanza pubblica e dalle necessità di contenimento della spesa.
Dato per spacciato, il concetto di organico funzionale è nuovamente sulla scena con l’art. 50 del D.L. n.5 del 9 febbraio 2012: doveva consentire una risposta “all’ordinaria attività didattica, educativa, amministrativa, tecnica e ausiliaria, alle esigenze di sviluppo delle eccellenze, di recupero, di integrazione e sostegno ai diversamente abili e di programmazione dei fabbisogni di personale scolastico”. Ma anche questo tentativo è caduto nel nulla.
È pertanto comprensibile che all’emanazione della legge 107/2015 si siano riaccesi gli entusiasmi, con un clima di positiva attesa per la nuova definizione del concetto. Non più gli obsoleti e rigidi organici di diritto e di fatto, ma finalmente un organico triennale dell’autonomia, con un contingente di posti non direttamente legato al numero delle cattedre, costituito in base al numero degli alunni e, soprattutto, in relazione al piano dell’offerta formativa.
Il Governo sembrava avviato a prendere due piccioni con una fava: da un lato fornendo una risposta alla procedura d’infrazione avviata dalla Commissione europea per la non corretta applicazione della direttiva 1990/70/CE, relativa al lavoro tempo determinato; dall’altro dando finalmente corso alla realizzazione di un organico veramente rispondente alle esigenze degli istituti scolastici. Insomma, un’operazione da manuale, la dimostrazione concreta che da una situazione che avrebbe potuto mettere in crisi il sistema, quale quella generata dalla sentenza della Corte di giustizia europea sull’abuso dei contratti a termine, poteva scaturire una soluzione estremamente rilevante per la qualità dell’offerta formativa.
Il clima di attesa e di soddisfazione era soprattutto alimentato dal fatto che, contrariamente a quanto era avvenuto negli anni precedenti, l’operazione era opportunamente finanziata. A un anno dall’emanazione della legge 107/2015, il Ministro Giannini ha infatti comunicato l’assunzione di 90.000 insegnanti, con una media di 7 docenti in organico potenziato per ogni scuola.
Tuttavia, alla prova dei fatti, i risultati non sono oggi così positivi come ci si sarebbe ragionevolmente potuto attendere. I nodi, questa volta, sono derivati dall’intreccio di una serie di variabili. La scelta di esaurire a tutti i costi (come poi non è avvenuto) le graduatorie a esaurimento non ha consentito di rispondere alle richieste manifestate dalle scuole. Gli istituti avevano programmato azioni con docenti di lettere e matematica; hanno ottenuto invece insegnanti di arte, musica, diritto, scenografia, trattamento testi. Gli insegnanti sono stati assegnati casualmente e non in relazione al piano dell’offerta formativa.
Questo fenomeno si è poi intrecciato con aspetti gestionali di rilevante impatto. I dirigenti scolastici non solo hanno ricevuto risorse professionali differenti da quelle indicate dal Collegio nella progettazione triennale, ma si confrontano anche con vincoli gestionali derivanti dall’impossibilità di sostituire i docenti del potenziamento - tranne che per le ore curricolari - e nello stesso tempo sono invitati a utilizzare l’organico dell’autonomia per le sostituzioni sino a 10 giorni. A questo si sono aggiunti fraintendimenti, alimentati anche dalla mancanza di chiari orientamenti interpretativi, mancanza che ha portato gli USR ad adottare comportamenti differenziati. Occorre ad esempio occorre sottolineare che a nostro parere i posti di potenziamento e gli spezzoni orari sono cose diverse e che gli uni non assorbono gli altri. Il medesimo problema si è posto per le ore alternative all’insegnamento della religione cattolica.
Se per i dirigenti le difficoltà sono innumerevoli, anche per i docenti neo immessi la situazione non è rosea. Tralasciando la questione della mobilità dal Sud al Nord e poi nuovamente al Sud, in molti casi i docenti sono comunque stati impegnati efficacemente; in altri casi però si è lasciato loro - solo o prevalentemente - l’impegno della sostituzione dei colleghi assenti. Così le aspettative di superare la precarietà professionale sono rimaste deluse. Alcuni insegnanti rimangono a disposizione per l’intero arco di svolgimento delle lezioni, una sorta di pronto soccorso per le supplenze, non hanno un orario definito e, in applicazione esasperata della flessibilità, intervengono nelle varie classi solo se è assente un collega. Altri sono chiamati ad insegnare discipline differenti da quelle per le quali sono abilitati o in gradi di istruzione diversi. Che dire, ad esempio, dei docenti della scuola secondaria assegnati a insegnamenti nella scuola primaria, in assenza della prevista specifica formazione, della quale peraltro non c’è traccia neppure nel Piano nazionale triennale sullo sviluppo professionale continuo dei docenti?
In questo modo, deluse le aspettative non solo del personale tutto ma anche delle stesse famiglie, è difficile immaginare che i docenti del potenziamento si sentano coinvolti e che vi sia senso di appartenenza. È più probabile che si generino sentimenti di scarsa efficacia e di disaffezione, di marginalità professionale, con ciò determinando uno spreco di risorse e un’occasione mancata.
Il problema è che ancora una volta, sebbene in modo diverso, le ragioni dell’economia e della finanza hanno sostanzialmente reso assai complessa la ricaduta in termini operativi dell’organico funzionale sul miglioramento dell’offerta formativa. La cosa peggiore è che non solo i risultati pedagogici e formativi non sono stati raggiunti ma paradossalmente neppure si è ottenuto l’esaurimento delle Gae che invece costituiva uno degli obiettivi dichiarati dal Governo.
Ancora una volta i dirigenti scolastici sono costretti ad adeguare la loro progettazione e a modificare gli impianti che avevano immaginato, a ridefinire gli scenari e a contrastare lo scoramento e l’irritazione per aver visto ancora deluse le aspettative di miglioramento del servizio. Ma nello stesso tempo è affidata a loro – più di prima - la necessità e l’urgenza di individuare ogni possibile soluzione che armonizzi le disposizioni finanziarie con la funzione istituzionale della scuola e la considerazione della dignità professionale dei lavoratori, verso i quali i dirigenti assumono responsabilità di coordinamento e di direzione in cui il rispetto delle persone e dei contesti istituzionali e lavorativi devono opportunamente convergere.
Siamo ora in attesa di una nuova circolare, alla quale il MIUR starebbe lavorando, che ci auguriamo possa fornire ai dirigenti scolastici, almeno sulle questioni più scottanti legate alle gestione dell’organico dell’autonomia lasciate di fatto irrisolte da quella del 5 settembre, qualche indicazione e qualche orientamento più utile ed efficace. Vedremo...

 
 
 
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