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Quando dobbiamo dire : “non e’ piu’ necessario” ? (parte terza)

Post n°6 pubblicato il 14 Marzo 2009 da atidee
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(da "atidee",  segue da " parte seconda"- 14/03/2009)

Tornando al principio che “tutto e’ dovuto a tutti e comunque “ ed alla devastazione che genera nella pratica, dopo un periodo illusorio che sembra giustificarlo, ritengo (da diversi anni, ed amici e conoscenti ai quali ho espresso questa opinione lo possono confermare) che la soluzione ai problemi del lavoro non sia piu’ da ricercare nella spasmodica ricerca di dare comunque tutti i beni / servizi a bassissimi costi a tutti, cosi’ da aumentare le vendite.

A mio giudizio occorre innanzi tutto distinguere le cose che veramente sono necessarie per tutti, da quelle che lo sono meno e da quelle che sono superflue o addirittura inutili.

Concettualmente potrebbero essere necessita’ per tutti:  la maggior parte degli alimenti, il vestiario non di lusso, i trasporti per lavoro - acquisti - normali incontri, l’assistenza materna e conseguenti asili, l’istruzione, la salute, la previdenza, l’assistenza sociale / spirituale (quando non alienante), la casa non di lusso ed i servizi tecnologici per il suo funzionamento, le telecomunicazioni, gli spazi cittadini di ricreazione e normale gioco, gli organi di Polizia e di Sicurezza del Territorio.

Se a qualcuno ne venissero in mente altri, li aggiunga, pero’ in questa sede non sto’ stilando la carta costituzionale, ma semplicemente sto’ cercando di esprimere il mio pensiero ,aggiungendo esempi, forse ipotesi di soluzioni, che lo possano chiarire meglio.

In sostanza, definite le vere necessita’ (e non voglio certo restringere il campo alla pura sopravvivenza - questa condizione l’ho vissuta nella mia infanzia e non voglio certo proporla come prossima soluzione; consoli il fatto che vivendola, normalmente non si muore fisicamente), si cerchera’ di impostare le azioni produttive e di servizio  in modo che le persone possano avere almeno le dette cose necessarie a prezzi accessibili, o per spesa diretta o tramite i servizi erogati da vari Enti preposti.

Attenzione: non sto’ proponendo un sistema di stampo comunista che controlla ogni azione degli individui.

Per quanto ho appena espresso bastera’ migliorare cio’ che gia’ esiste di analogo, per evitare gli sprechi .

Pero’,  in questa sede, al di la’ di essermi dilungato per far conoscere almeno in parte il mio pensiero ed accennato a varie situazioni, non voglio esprimermi ulteriormente su argomenti che intenderei trattare in una prossima occasione.

Personalmente ritengo che per ritrovare equilibrio sociale ed economico si cominci innanzi tutto ad abbandonare il concetto generalizzato del “tutto a tutti perche’ altrimenti non saro’ felice”:

per me la felicita’ e’ una condizione spirituale che normalmente deriva da un benessere fisico, da una condizione economica almeno sufficiente alle reali esigenze di una vita attuale e moltissimo dallo stato affettivo che ognuno personalmente vive.

Altri potranno aggiungere o togliere per esprimere il loro concetto di felicita’, ma io qui ho voluto solo parlare di me.

Potra’ sembrare paradossale, ma secondo me la soluzione al lavoro e all’equilibrio (ragionando al di fuori della sfera individuale ed affettiva)  va’ ricercata nella restituzione del valore economico alle “cose” che ci servono.

ORRORE! si dira’. Ma allora le cose dovranno costare di piu’?

Risposta : Si ! perche’ piaccia o no, non si puo’ andare avanti a promuovere un sistema di vita che distrugge continuamente, come un tritatutto, ogni cosa poco tempo prima prodotta a poco prezzo e spesso di scarsa qualita’ ed anche pericolosa;  perche’ cosi’ facendo ormai stiamo esaurendo le nostre forze economiche e comunque la fabbrica si dovra’ fermare.

Ogni persona esterna alla fabbrica e’ diventata come un qualsiasi ingranaggio o operaio della stessa, e quando non compra per mancanza di necessita’ o meno soldi, la fabbrica non si adatta, ma si arrabbia e le inventa tutte per pretendere che le persone esterne alimentino la fornace.

Una visione fantastica! Vi ricordate il Drago medioevale che imponeva agli abitanti del villaggio che sottometteva di portargli continuamente da mangiare, altrimenti li bruciava?

Provate a pensare quanto brucino le tasse eccessivamente pagate per sopperire ad uno stato di cose, che avra’ fine solo quando arrivera’ il San Giorgio di turno ad uccidere il Drago.

Quanta similitudine!

Attenzione: non sono un catastrofista. Faccio il Professionista e per natura cerco di vedere positivo, ma se mi accorgo che una cosa non funziona piu’ come si deve, ci provo a farla rifunzionare, ma se non basta la modifico o la cambio; certo non si puo’ agire d’impeto, ci vuole anche una buona dose di pazienza, ma quando serve, occorre anche cambiare.

In sostanza, cos’e’ che impone alla fabbrica di produrre anche il superfluo o l’inutile?

Risposta: la necessita’ di guadagno sul numero dei pezzi venduti! e questa regola e’ tanto piu’ folle quanto minore e’ il costo del pezzo venduto.

Se noi parliamo del pane quotidiano, facciamo un discorso di necessita’ reale, e la statistica in base al numero degli individui di una zona, puo’ determinare quanti panini in media verranno richiesti e venduti giornalmente in quella zona. Parliamo di un bene indispensabile, che puo’ essere abbastanza pianificato cosi’ da produrre a prezzi accessibili a tutti ed il costo per l’eventuale invenduto puo’ essere facilmente pianificato nella quota spese dei produttori. Parliamo di un bene per il quale la richiesta potra’ spostarsi piu’ su un formato di pane, che su un altro; basta adattare la forma e comunque il prodotto avra’ sempre richiesta finche’ l’umanita’ si alimentera’ di pane.

Diverso e’ il discorso per un abito o un’automobile.

Si tratta di beni che sono pure necessari ormai nella vita attuale, ma che possono essere riparati o manutenzionati e durare piu’ a lungo, anche molti anni.

Sono anche beni voluminosi e complessi che se buttati con la tendenza attuale producono montagne di rifiuti, non sempre ben riciclabili.

Di certo chi li produce tenta statistiche di pianificazione, ma da quel che si puo’ constatare, questi beni sono fabbricati in quantitativi eccessivi rispetto alla reali possibilita’ di vendita; ne consegue che la quota di invenduto pesera’ sui guadagni realizzati con le effettive vendite, annullandoli o rendendoli minori e mettendo in dubbio l’esistenza delle relative fabbriche nelle dimensioni raggiunte.

Risultato: chiusure, licenziamenti, ridimensionamenti o altre delocalizzazioni per ridurre ancora i costi.

Ma sara’ peggio: si dovra’ vendere ancora di piu’ perche’ i guadagni a pezzo si saranno ridotti.

Eccetera, eccetera la storia continua a ripetersi aggravandosi (ed in fondo al tunnel si intravede la delocalizzazione dai pinguini, futuri ed economici operai che si accontenteranno di un’acciuga al giorno!).

Secondo me si potra’ trovare equilibrio se, ad esempio, si cambiera’ il modo di acquisire ed utilizzare i beni necessari durevoli, innanzi tutto restituendo loro valore economico sia all’acquisto, sia durante la loro esistenza con la manutenzione.

Questo comportamento di conseguenza rivalorizzera’ l’artigiano ed il suo intervento diventera’ economicamente conveniente.

Ma saranno anche molte le operazioni di carattere semplice che ognuno di noi impegnandosi potra’ eseguire in proprio nella maggioranza dei casi : bisognera’ riappropriarci di un po’ di quella manualita’ e fantasia lavorativa, che un certo falso benessere ha assopito da un po’ troppi anni.

Il consumismo praticamente brucia il valore economico dei beni acquisiti, salvo che nel frattempo non siano diventati opere d’arte, cioe’ oggetti che non si vorra’ piu’ distruggere, anzi verranno manutenzionati per conservarne il valore nel tempo.  Ma ! ? !  E se trasferissimo questa pratica anche agli altri beni?

Perche’ un’automobile dall’estetica senza tempo o comunque ancora piacevole non puo’ durare anche vent’anni e piu’? Succede gia’ per il mezzi di trasporto di merci e di persone. La manutenzione e l’aggiornamento li mantengono efficienti ed apprezzati per moltissimi anni; appositi periti ne valutano il valore di mercato in base alla loro efficienza ed all’aggiornamento, tanto che possono costituire un capitale importante per chi li possiede. Non succede lo stesso per un’automobile finora: il loro prezzo e’ normalmente determinato dall’eta’, piu’ che dalla manutenzione e cosi’ circolano vetture ai limiti della decenza e della sicurezza, anche a causa di questa metodologia che svaluta l’arricchimento del veicolo.

Questo svalutare l’usato e’ ormai prerogativa di tutti i settori e le sollecitazioni continue a cambiare per avere sempre l’ultimo modello, altrimenti non sei al passo coi tempi, fanno sentire stupidi quelli che vorrebbero conservare l’oggetto ben funzionante: nel tempo si troveranno un oggetto privo di valore commerciale, salvo che non sia diventato opera d’arte.

Si potrebbero costruire meno pezzi finiti, da mettere sul mercato ad un prezzo anche doppio dell’attuale, ma con promessa che il modello verra’ mantenuto ed aggiornato nel tempo, addirittura con la possibilita’ di sostituire il motore con tipi piu’ risparmiosi e meno inquinanti. Si produrranno piu’ pezzi di ricambio e si incentiveranno bravi operai specializzati della fabbrica ad aprire officine di manutenzione ed aggiornamento.

La gente tornera’ ad avere il piacere di possedere gli oggetti che man mano acquisira’, perche’ dureranno e se manutenzionati conserveranno il loro valore.

Cio’ non significa che non si faranno piu’ cose nuove: verranno fatte con piu’ calma nei settori dove non sara’ necessario correre; mentre si lavorera’ con piu’ ritmo in quelli dove sara’ necessario (ad esempio, per le ricerche contro le malattie e le ricerche in campo energetico).

Meno rifiuti, meno inquinamento, rivalorizzazione reale del patrimonio di ogni famiglia o individuo.

Chissa’, forse non e’ un sogno e forse si avverera’.

A questo punto verrebbe da dire che siamo alla Frutta! Ma siccome la frutta mi piace, voglio vedere positivo: siamo all'Antipasto di un pranzo migliore! Le riflessioni aiutano a migliorare.

 
 
 
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Il Mondo e' come un grande Circo .....

e se nel piccolo Circo han gia' capito da tempo che le diversita' sono la chiave del suo successo, non capisco perche' nel grande Circo del Mondo c'e' sempre qualcuno che conta che invece vuole il contrario ......

Ritengo che si crei il diverso come forma per combattere la concorrenza ..... In fondo, giudicando lo schiavismo, attuato nei vari modi (dai piu' violenti ai piu' soft), penso che per questo la creazione dell'utile diverso significhi innanzi tutto "abbattimento dei costi di produzione".....

Un modo disumano per prevalere, affermare un credo, sfruttare l'ignoranza di chi crede cosi' di ottenere piu' spazio per se' .....

Viva la diversita' ..... nell'onesta' !

(Antonio Pellegrini)

 

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