Pegaso

sulle ali del vento

 

PAROLE.. DI UN CUORE POETA..GRAZIE

Nemo

Cogliere un lampo
e nel tuo passo
che cambierà in ogni istante..
scenderai tra le parole e gli sguardi
il tuo respiro sarà contro il vento
abbaglianti luci in un momento l'amore

Ecco è arrivato
forse sperato ,forse sognato
forse cercato ,forse improvviso
e mentre cadono i giorni
uno dentro l'altro è arrivato....l'amore

 

 

 

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UN MIO RACCONTO

Post n°6 pubblicato il 14 Marzo 2011 da azzurra.29
 

LA SUA MUSICA

prima parte

*

Lui c’era nato, in quel piccolo paese, stretto fra le sassose colline regno di possenti querce da sughero ed il mare; dove le antiche case facevano da corona alla piazza nella quale si riunivano a riposare gli anziani uomini, al riparo sotto i rami del gigantesco leccio dalla corteccia ruvida e scura; scura come gli abiti delle donne che attendevano il ritorno dei loro uomini.

Restavano immobili sul piccolo molo silenziose e severe strette nei loro neri abiti quasi monacali; senza mai staccare lo sguardo dalla grigia linea dell’orizzonte. Poi, quasi in processione, andavano in chiesa a rendere grazia per il ritorno in porto delle barche a San Pietro, che fu pescatore e conosceva la fatica dell’issare le reti con la speranza di trovarle piene di pesci d’argento.

Poco dopo che le campane della chiesa battevano i dodici rintocchi il portone della scuola s’apriva e gli scolari con i loro grembiulini bianchi o neri uscivano allegri e vocianti, disperdosi lungo le stradine lastricate in liscia pietra grigia di quel paesino dove il tempo sembrava si fosse arrestato; le strade erano quasi tutte troppo anguste per consentire il passaggio delle automobili e così la pace la faceva da padrona. Strade odorose di pane appena sfornato e di cibi preparati con amore da chi sapeva che condividere il cibo non serviva a nutrire solo il corpo

I bambini nelle calde ore pomeridiane si riunivano a giocare nella piazza, sotto lo sguardo vigile ma discreto delle nonne intente nei loro lavori di ricamo mentre ricordavano i tempi lontani quando regna la gioventù e la vita era ancora una strada tutta da percorrere.

Nell’aria si spandeva l’odore del mare, che s’univa a quello del mirto e del rosmarino, il profumo di quel piccolo paese, unico dolce amato ed indimenticabile come quello della mamma; profumo che rimane nel cuore sino all’ultimo battere del cuore.

Era un bambino tranquillo e riflessivo, in cuor suo sentiva che non era destinato a vivere come i suoi fratelli sul peschereccio di famiglia; viveva una occulta inquietudine, sentiva che il suo animo era portato ad un qualcosa che non riusciva a decifrare, un abbozzo di futuro non ancora delineato

Aveva una fervida immaginazione; il suo gioco preferito era quello con una piccolo pianoforte, in quei tasti di legno bianchi e neri c’era tutto il suo piccolo mondo segreto, era pieno di suoni, suoni che diventavano musica. Lui vedeva la musica, e riusciva a infondere tanta passione quando suonava che rendeva visibili i suoi sentimenti; ed allora le bianche lenzuola stese ad asciugare diventavano vele gonfie di vento di un veliero candido che solcava silenzioso l’oceano del cielo, trasportando sulle ali del vento le emozioni.

Spesso i bambini salivano lungo la stradina che si snoda sino al faro; sino alla piazzola a strapiombo sulla scogliera, dove, circondata da ginestre mirti e roseti sorgeva un austera villa in pietra, sormontata da una snella torretta che dominava l’orizzonte; era l’ultima casa del paese da li lo sguardo si perdeva lontano verso ovest sin dove mare e cielo si fondono.

Da lassù si vedevano passare le navi che partivano dal porto della caotica città che sorgeva vicina dal tranquillo paese eppure sembrava distante anni luce; lui sognava di salire su una di quelle navi a girare per il mondo, inseguendo il suo sogno.

La suo migliore amico era in realtà una bambina, con grandi lunghe nere trecce, strette da vezzosi fiocchi di seta rosso fuoco, e dai grandi occhi neri. Trascorrevano tutto il tempo libero assieme, a pescare tra gli scogli o a cacciadi piccoli granghi; ridendo e facendosi teneri dispetti.

Trascorsero gli anni, come le  rondini abbandonano il nido, giunse anche per i bambini il tempo di abbandonare i banchi della scuole per intraprendere il cammino della vita ; il suo sentiero lo portò ad abbandonare il paese natale per trasferirsi in città a studiare pianoforte; interminabili giornate alla tastiera con le dita che facevano male a ripetere lunghi interminabili esercizi, con gli occhi che di nascosto cercavano fuori dalla finestra l’abbagliante luce del mare, ma quella luce era nascosta da alti anonimi palazzi, ribassava gli occhi concentrandosi sui tasti bianchi e neri.

Il suo paese era lontano un ora di macchina, ma quella strada la percorreva raramente, solo per le vacanze e qualche raro fine settimana, preferiva rimanere in compagnia del pianoforte, accarezzando con dita sempre più agili la tastiera a viaggiare con la fantasia.

 Mercoledì la seconda parte di un racconto d'amore

 racconto di Gaia

immagini prelevate dal Web

 
 
 

UN MIO RACCONTO

Post n°5 pubblicato il 11 Marzo 2011 da azzurra.29
 

LA DECISIONE

terza ed ultima parte

*

Si tolse scarpe e calze e la pesante giacca rossa che lo aveva protetto sino a quel momento; rimase con indosso quell’abito comperato in una terra lontanissima, appositamente per questo momento; un ampio pantalone senza tasche con la coulisse in vita ed una camiciola senza bottoni chiusa da una serie di piccolissimi alamari; tutto era di leggero cotone bianco, il solo colore adatto per quell’attimo.

Rabbrividì, non sapeva se per il freddo o l’inquietudine, mentre si sedette nella posizione del loto per l’ultima importantissima parte di quel suo segreto rituale; capì d’essere oramai pronto e sospirò mentre si rialzava.

Ritorno sull’orlo del precipizio, era così simile ad un tuffatore che studia come effettuare quel tuffo perfetto che valeva la medaglia; le dita dei piedi divennero adunche quasi a penetrare in quella roccia che stava perdendo l’ultimo residuo tepore del sole.

Rimase immobile ad occhi chiusi, eterni istanti, respirando lentamente l’aria che profumava di ghiacciai.

Improvvisamente si voltò e s’allontano del baratro, come avesse avuto un ripensamento, ma fu una brevissima illusione; iniziò a correre verso il nulla e con un balzò si lanciò nel vuoto, le braccia aperte come su una croce, le narici dilatate, il cuore che gli pulsava in gola iniziò l’inarrestabile caduta.

Mentre precipitava il tempo sembrava fermarsi; chiuse gli occhi, non per paura, ma per poter pensare; così iniziò a ripercorrere tutta la sua vita a ritroso, osservandola come uno spettatore esterno; si rivide nel posteggio all’imbocco del sentiero, mentre faceva l’ultima colazione, in quell’ufficio mai amato, via via i giorni della sua vita scorrevano a ritroso; facendogli provare sensazioni dimenticate o sconosciute; sempre più lontano nel tempo sino ai primi sconosciuti attimi della vita.

Risentì nella sua carne il terribile dolore della nascita ed iniziò ad urlare con tutto il fiato che aveva in gola, un urlo che sembrava venire dalle viscere del tempo, più antico della stessa terra; ora sapeva quello che solo chi aveva fatto il suo passo prima di lui sapeva, ma non poteva più rivelare quel segreto a nessuno: la nascita come la morte, la morte è lei stessa una nascita.

Continuò a precipitare ad occhi chiusi sempre urlando, un urlo strano antico come l’universo, non un urlo di paura ma di gioia.

La terra era sempre più vicina e la fine inevitabile, tutto era avvenuto, era l’inizio; mentre pensava ad un ultimo addio sbarrò gli occhi e con un potente colpo di ali iniziò a risalire verso il cielo trapuntato di stelle.

Zoccoli che martellavano l’aria e nitriti felici si avvicinavano; con il cuore in gola finalmente vide quello che gli occhi umani non potranno mai percepire, e che lui aspettava da tutta la vita: centinaia di bianchi cavalli alati galoppava verso di lui; spiriti eletti che venivano dai quattro angoli del mondo ad accogliere l’ultimo novello pegaso

 

 Dedicato ad una band che ha posto al centro della l vita quella degli  amici. Che la vita sia per voi sempre un favoloso viaggio senza lacrime se non quelle di gioia

racconto scritto da Gaia

immagini prelevate nel web

 

 
 
 

UN MIO RACCONTO

Post n°4 pubblicato il 09 Marzo 2011 da azzurra.29
 

LA DECISIONE

seconda parte

*

Finalmente vi arrivò, lasciò che lo zaino scivolasse dalle spalle e lo fece cadere sulle rocce, si sedette sotto l’enorme croce di ferro ed iniziò a contemplare; compì quegli antichi rituali ritrovati, che gli avevano fatto scoprire la sua verità.

Esercizi di respirazione per calmare residuo d’ansia che ancora albergava in lui; la decisione che stava per prendere non era semplice, ma era il solo finale possibile dopo tanti anni di sofferenza morale e solitudine

Contemplò e pensò lungamente a cosa lo aveva condotto sulla cima di quella montagna; alla sua verità tenuta celata per tanti anni, quasi fosse una colpa, ma sapeva che nessuno avrebbe capito; anzi questo avrebbe ampliato la fama di tipo strano che si portava dietro sin da bambino, cos’ imparò a tacere a nascondere dietro una parvenza di rassicurante normalità la sua vera indole.

Aveva sempre odiato le maschere, forse perché la società lo aveva obbligato da sempre ad indossarne una, per proteggersi e proteggere quello che sentì nascere in se e che giorno dopo giorno diventava sempre più forte.

Un aquila lanciò il suo richiamo, come una preghiera innalzata verso il cielo; focalizzò la sua mente verso i suoni lontani: i campanacci delle mucche al pascolo, i fischi delle marmotte; si arrampicavano lungo il fianco della montagna a fargli compagnia in quelle ore tormentate.

Come si materializzasse dal nulla, giunse un camoscio; si guardarono a lungo in silenzio ed a lui sembrò d’annegare in quegli occhi neri luminosi che sembravano contenere tutte le stelle dell’infinito; quell’infinito al quale sentiva d’appartenere; poi, con un elegante guizzo sembrò precipitare nel vuoto.

ondate di paura ed inquietudine lo sommergevano, ma si placavano e lui ritrovava la serenità; il momento a lungo atteso e temuto era prossimo; si alzò in piedi e s’avvicinò al baratro che stava iniziando ad imbrunire verso la valle sottostante.

Guardò in basso, laggiù verso due serpenti che sembravano non terminare mai, uno grigio ed uno più largo e sinuoso azzurro; i due serpenti sembravano innamorati, per lunghi tratti correvano appaiati, poi improvvisamente s’allontanavano a cercare nuove emozioni; si riavvicinavano per poi riallontanarsi, rincorrendosi e scavalcandosi, in un  segreto gioco d’amore, mentre andavano verso il lontano e nero profilo della città.

Mentre il buio vinceva la luce sotto di lui un invisibile e gigantesca mano iniziava a spargere diamanti luminosi; alcuni rimanevano ravvicinati a formare diademi, a volte piccoli altri più grandi, mentre altri erano solitari.

La luce stava cedendo il regno al buio che lento ed inesorabile risaliva le montagne vicine dalle cime arrossate dal sangue di un sole morente; quella era il suo ultimo tramonto e voleva viverlo ino in fondo.

Ecco il buio arrivare a lambire i suoi piedi, a dire che il tempo era giunto al termine.

 

Cosa stà per accadere? quale sarà l'epilogo di questa decisione senza appello?

La prossima puntata verrà svelato

racconto scritto da Gaia

immagini prelevate dal web

 
 
 

UN MIO RACCONTO

Post n°3 pubblicato il 07 Marzo 2011 da azzurra.29
 

LA DECISIONE

 

 

*

 

 Si alzò prima del solito e guardò fuori dalla finestra, la città ancora buia, lasciò che lo sguardo si distendesse verso l’orizzonte la guardò a lungo e con desiderio, rosata dai primi raggi del sole, come sempre magnifica ed invitante, a ricordargli il suo impegno.

Come sempre fece colazione, ma questa volta l’assaporò particolarmente a golose ampie sorsate il latte dolce e caldo, avidi morsi al pane imburrato con la marmellata di ciliegie; nella sua bocca i gusti s’impastavano unendosi in un sublimante connubio.

Indossò gli abiti che aveva preparato con cura la sera prima, aprì la porta ed uscì, per la prima volta senza voltarsi a guardare la sua casa, per la prima volta senza preoccuparsi d’inserire l’antifurto.

Scese in strada e salì in auto, s’immerse nel traffico; osservando tutto con attenzione, come volesse imprimerne le immagini nella memoria; non guardò i suoi simili, no loro non gli interessavano, ma le case le strade i rari asfittici alberi da città; tornò nella zona dove era cresciuto, ripercorse le vie d’un tempo; ritornò a quel vecchio palazzo a quel piccolo giardino, quasi segreto, custodito dallo scrigno di antiche case; si fermò ad osservare le mamme sedute sulle panchine ed i bambini immersi nei loro giochi.

Rivide altre madri ed altri bambini, riascoltò le grida festose dell’innocenza, quando il domani è pieno di promesse e futuro è una parola ancora da scoprire. Ripensò ai sogni alle illusioni e delusioni subite, alle scelte fatte e al prezzo pagato; ai lunghi viaggi con il crescente desiderio di ritornare; ed al prepotente impulso di ripartire alla ricerca di un qualcosa impossibile da definire.

Arrivò sul posto dove lavorava; ma non entrò nel posteggio, come tutte le altre mattine, accelerò e sorridendo proseguì verso la periferia. Uscì dalla caotica città ed il traffico iniziò lentamente a diminuire perdendosi nei rivoli delle strade che attraversavano la pianura immensa e silenziosa

Guidò pigramente, assorto nei suoi pensieri per circa un ora, sino a quando non giunse a destinazione; posteggiò, spense il motore e socchiudendo gli occhi si stiracchiò pigramente sprofondando nello schienale di stoffa blu.

Con un sospiro liberatorio scese dalla macchina, alzò lo sguardo ad ammirare quella possente mole di roccia cha aveva imparato ad amare; sorrise fra se e se e s’avviò, a passo spedito, verso il sentiero che si perdeva nel buio tra querce e castagni.

Camminava lentamente, godendosi ogni singolo istante ascoltando i suoni segreti di quel bosco, dove a poco a poco si trovavano solo scuri pini; poi gli alberi divennero radi ed  i cespugli dei mirtilli rivendicarono il loro dominio. Finalmente, lo sguardo si aprì in vasti alpeggi di morbida erba che, mossa dal vento, sembrava increspata dalle onde di un flessuoso mare verde.

Improvvisamente la salita divenne dura, iniziava l’infida pietraia; con difficoltà iniziò ad arrampicarsi cercando appigli tra le rocce calde di sole, ogni tanto si fermava per riprendere fiato ed ammirare lo spettacolo del creato. I muscoli gli facevano male ed il respiro era diventato più affannoso, ma caparbiamente continuò a camminare; sentiva un a pace sconosciuta pervaderlo.

Continuò a camminare a lungo; poi la salita divenne più dolce sino a tramutarsi in una piccola pianura posta alla fine di un largo imbuto ai piedi del ghiacciaio; lo specchio immobile del piccolo lago formato dalle lacrime della montagna rifletteva il cielo d’un abbagliante blu.

Si fermò a contemplare avidamente lo spettacolo imponente offerto dalla vasta lingua del ghiacciano, inizialmente sporca di rocce poi sempre più bianca e splendente sotto il sole ed il suo candore rivaleggiava con quello delle nuvole che solcavano, simili a velieri, l’oceano sconfinato del cielo.

Ma non era ancora giunto a destinazione, riprese il cammino seguendo il sentiero che a sinistra costeggiava il ghiacciaio che diventava passo dopo passo sempre più imponente e solitario; con passo lento e cadenzato s’avvicinava sempre di più alla sua meta.

 

Dove stà andando? Quale decisione deve prendere? Sei incuriosito? La prossima volta lo sapremo...

 

 racconto scritto da Gaia

 immagini prelevate nel web

 
 
 

L'eterna giovinezza del Cuore...

Post n°2 pubblicato il 02 Marzo 2011 da azzurra.29

 

La luce di un sogno

Ho cavalcato la luce di uno sguardo..

 Ho varcato i confini del tempo senza posa..

 Ho gridato il suo nome..

invano, ho atteso..

  Nel buio solo il vento gelido...

ed il sibilo di una porta sbattuta nella sera..

La luce e' accesa, la strada vuota e..

 nei miei occhi...

resta  ancora un sogno d'amore...

 ad incendiar .. l'aurora...

*Azzurra*

 

 
 
 
 
 

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Un blog di: azzurra.29
Data di creazione: 27/02/2011
 

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