Creato da babybull il 08/05/2007

Che ore sono ????

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Post n°30 pubblicato il 10 Settembre 2009 da babybull
 

.....se avete tempo e voglia di farvi male.. leggetelo

Il mondo è di chi non sente.
La condizione essenziale per essere un uomo pratico è la mancanza di sensibilità.
La qualità principale nella pratica della vita è quella qualità che conduce all’azione, cioè la volontà. Or dunque ci sono due cose che disturbano l’azione: la sensibilità e il pensiero analitico, il quale ultimo non è altro, in fin dei conti, che il pensiero dotato di sensibilità. Ogni azione è, per sua natura, la proiezione della personalità sul mondo esterno. E siccome il mondo esterno è in gran parte composto da esseri umani, finisce che la proiezione della personalità consiste essenzialmente nel mettersi di traverso sulla strada altrui, nell’ostacolare, nel ferire e nello schiacciare gli altri, a seconda del nostro modo di agire.
Per agire, dunque, è necessario che non immaginiamo con facilità la personalità degli altri, i loro dolori e le loro allegrie. Chi ha della simpatia non agisce. L’uomo d’azione considera il mondo esterno come se fosse composto esclusivamente di materia inerte; inerte in se stessa, come un sasso che calpesta o che allontana dalla strada, o inerte come un essere umano che, non avendo potuto offrirgli resistenza, tanto fa che sia uomo o sasso – perché come il sasso è stato preso a calci o calpestato.
L’esempio più perfetto dell’uomo pratico è costituito dallo stratega, perché costui unisce l’estrema concentrazione dell’azione alla sua estrema importanza. Tutta la vita è guerra, e la battaglia è dunque la sintesi della vita. Ora lo stratega è un uomo che gioca con la vita come il giocatore di scacchi con i pezzi. Che ne sarebbe dello stratega se pensasse che ogni mossa della partita getta la notte in mille focolari, e disperazione in tremila cuori? Che ne sarebbe del mondo se fossimo umani? Se l’uomo avesse veri sentimenti non ci sarebbe civiltà. L’arte serve come fuga per la sensibilità che l’azione ha dovuto dimenticare. L’arte è la Cenerentola che è rimasta a casa perché doveva essere così.
Ogni uomo d’azione è essenzialmente animoso e ottimista, perché chi non ha sentimenti è felice. Un uomo d’azione è riconoscibile perché non è mai di cattivo umore. Chi riesce a lavorare anche quando è di cattivo umore, è un sussidiario dell’azione; nella vita, nella grande generalità della vita, può essere un contabile, come io lo sono nella particolarità della vita. Ma non può governare le cose o gli uomini. Il governo presuppone l’insensibilità. Governa colui che è allegro, perché per essere triste bisogna sentire.
Il principale, il signor Vasques, oggi ha concluso un affare rovinando un individuo malato e la sua famiglia. Mentre portava a termine l’operazione si è completamente dimenticato di quell’individuo, se non in quanto controparte commerciale. Concluso l’affare, gli è venuta la sensibilità. Solo dopo, naturalmente, perché se gli fosse venuta prima l’affare non si sarebbe mai concluso. “Mi dispiace per quel tipo,“ mi ha detto, “si troverà in miseria.“ Poi, accendendo il sigaro, ha aggiunto: “In ogni modo, se avrà bisogno di qualcosa da me,” ( intendeva un’elemosina ) “io non dimenticherò che gli devo un buon affare e qualche migliaio di escudos.”
Il signor Vasques non è un bandito: è un uomo d’azione. Colui che ha perso la sfida in questo gioco può di fatto contare sulla sua elemosina per il futuro, perché il signor Vasques è un uomo generoso.
Come il signor Vasques sono tutti gli uomini d’azione: capitani d’industria e uomini di commercio, politici, militari, idealisti religiosi e sociali, grandi poeti e grandi artisti, belle donne e bambini viziati. Chi è insensibile, comanda. Vince colui che pensa solo a ciò che gli serve per vincere. Il resto, che è l’indistinta umanità amorfa, sensibile, immaginativa e fragile, non è altro che il panno di fondo sul quale risaltano i protagonisti della scena finché il dramma delle marionette non finisce: il piatto fondale a quadri dove stanno i pezzi degli scacchi finché non li ripone il Grande Giocatore, che illudendosi di avere un avversario si balocca e gioca sempre con se stesso.

scritto dal 1913 al 1935 da Bernardo Soares  pseudonimo di Fermando Pessoa

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