Creato da babybull il 08/05/2007

Che ore sono ????

Coriandoli sul pavimento.........

 

 

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Demone

Post n°41 pubblicato il 06 Luglio 2010 da babybull

Ormai prossimo alla follia, fui tuttavia capace di allungare una mano per respingere la fetida apparizione che mi incalzava così dappresso, quand'ecco che, in un istante di orrore cosmico e di evento infernale, le mie dita toccarono la putrida zampa del mostro tesa al di sotto dell'arco dorato. Non urlai, ma tutti i demoni malvagi che cavalcano i venti della notte urlarono per me, allorché, in quello stesso istante, fui travolto da un’improvvisa e compatta valanga di ricordi che mi annientarono l’anima. Seppi allora tutto ciò che era stato; il ricordo valicò gli alberi e il castello spaventoso e riconobbi l’edificio, pur trasformato, nel quale mi trovavo. Ma, più terribile di tutto ciò, riconobbi l'empia abominazione che mi ghignava davanti mentre ritraevo dalle sue le mie dita insozzate. Per fortuna nel cosmo, accanto all’amarezza, vi è anche il balsamo per alleviarla, e quel balsamo è il nepente 1. Nell’orrore supremo, l’oblio mi soccorse, e l’esplosione di quegli oscuri ricordi svanì in un caos di immagini degradanti. Come in un sogno, fuggii dal maledetto castello stregato e corsi via in silenzio nella luce della luna. Quando tornai al cimitero marmoreo antistante la chiesa e discesi i gradini, non mi riuscì di smuovere la botola di pietra, ma non ne fui rattristato, sì tanto avevo odiato gli alberi e l’antico castello. Adesso corro con demoni beffardi nel vento della notte, e di giorno mi trastullo tra le catacombe di Nephren-Ka, nella valle cupa e sconosciuta di Ocin presso il Nilo. So che la luce non è per me, eccetto quella della luna sulle tombe rocciose di Neb, e neppure per me è la gaiezza, eccetto quella delle abominevoli feste di Nitokris ai piedi della Grande Piramide; eppure, nella mia nuova e sfrenata libertà, accetto quasi con gioia l'amarezza dell'alienazione. Perché, pur se l’oblio del nepente ha lenito la mia sofferenza, ugualmente so di essere un estraneo, uno straniero in questo secolo e tra coloro che sono ancora uomini. E lo so da quando ho proteso le dita verso quell’obbrobrio entro la grande cornice dorata: da quando ho proteso le dita e ho toccato la fredda e dura superficie di uno specchio.

 
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