Post n°347 pubblicato il 01 Dicembre 2012 da fran6319
"Erano decisi ad attendere, a pazientare. Restavano loro ancora sette anni di quella vita; e prima d'allora, quanto intollerabile dolore e quanta felicità! Ma egli era rinato e lo sapeva, lo sentiva con certezza in tutto il suo essere rinnovato; e lei, lei non viveva che della vita di lui! La sera di quello stesso giorno, quando le baracche erano già state chiuse, Raskòlnikov, sdraiato sul tavolaccio, pensava a Sònja. Quel giorno, gli era sembrato perfino che gli altri forzati, prima suoi nemici, lo guardassero in un modo diverso. Era stato lui a rivolger loro per primo la parola, e loro gli avevano risposto affabilmente. Se ne rendeva conto solo adesso; ma non era giusto, del resto, che fosse così? Ogni cosa, ormai, non doveva forse mutare? Pensava a lei. Ricordò come l'aveva sempre tormentata, come aveva straziato il suo cuore; ricordò il suo visino pallido, smunto; ma quei ricordi non lo facevano più soffrire: sapeva con che amore infinito, ormai, avrebbe ripagato tutte le sue sofferenze. E poi, che importanza avevano, ora, tutte le pene passate? Ogni cosa, perfino il suo delitto, perfino la condanna e la deportazione, gli parvero allora, in quel primo impulso, come fatti esteriori, estranei, cose che non erano accadute a lui. Quella sera, tuttavia, non gli era possibile pensare a lungo ad una sola cosa, né concentrarsi in un solo pensiero; non riusciva a ragionare su nessun problema: poteva soltanto sentire... Alla dialettica era subentrata la vita, e nella sua coscienza si preparava ormai qualcosa di completamente, oscuramente diverso. Sotto il suo guanciale c'era il Vangelo. Lo prese macchinalmente. Quel libro apparteneva a lei, era lo stesso dal quale lei gli aveva letto i versetti sulla resurrezione di Lazzaro. Nei primi tempi della sua deportazione, egli pensava che Sònja lo avrebbe tormentato con la religione, che si sarebbe messa a parlargli del Vangelo e a imporgli di leggere dei libri. Invece, con sua grandissima sorpresa, lei non aveva affrontato nemmeno una volta quest'argomento, e nemmeno gli aveva mai offerto il Vangelo. Era stato lui a chiederglielo, poco prima della sua malattia, e lei gli aveva portato il libro senza una sola parola. Fino a quel momento, del resto, lui non l'aveva nemmeno aperto. Nemmeno adesso l'aprì; ma per la mente gli passò, rapido, questo pensiero: «Posso non avere le sue stesse convinzioni, ormai? O almeno, i suoi stessi sentimenti, le sue stesse aspirazioni?...» Anche lei fu molto agitata, tutto quel giorno, e di notte si sentì perfino male di nuovo. Ma era così felice da aver quasi paura della sua stessa felicità. Sette anni, soltanto sette anni! All'inizio della loro felicità, in quei primi momenti, tutt'e due erano pronti a considerare quei sette anni come sette giorni... Egli ignorava perfino che quella nuova vita non gli veniva data così, gratuitamente; che avrebbe dovuto pagarla, e a caro prezzo: pagarla compiendo qualcosa di grande negli anni a venire. Ma qui, ormai, comincia una nuova storia, la storia della rinascita di un uomo, della sua graduale trasformazione, del suo lento passaggio da un mondo a un altro mondo, del suo incontro con una realtà nuova e fino a quel momento completamente ignorata. Potrebbe essere l'argomento di un nuovo racconto; ma il nostro, intanto, è finito." Fonti: Delitto e Castigo
hai scelto parole che comprendo , coinvolgenti , resto qui col piacevole sentimento di piccola felicità che hai scoperto a farti a farmi più sereno ...
buona giornata ...
ciao
il concetto di redenzione come punto continuo di "partenza", nel non dare nessuna idea di finitezza Dostoevskij offre occasione di nuova vita:«Nonostante tutte le perdite e le privazioni che ho subito, io amo ardentemente la vita, amo la vita per la vita e, davvero, è come se tuttora io mi accingessi in ogni istante a dar inizio alla mia vita [...] e non riesco tuttora assolutamente a discernere se io mi stia avvicinando a terminare la mia vita o se sia appena sul punto di cominciarla: ecco il tratto fondamentale del mio carattere; ed anche, forse, della realtà»
Buona giornata a te.:)
ho iniziato un cammino nuovo , cambiato credo , mi ritrovo su sentieri appena accennati nella mia vita passata , che ora sono sorgente ....
acqua che non credevo di trovare , in questo moto universale anche le buone cose accadono , crecherò di rimanere in questo campo di influenza , dove ho trovato , dove c'è felicità vera ....
bye
No, la vita mi viene data una volta sola, e poi non ci sarà mai più: e io non voglio attendere la "felicità universale". Voglio vivere io stesso, altrimenti sarebbe meglio non vivere affatto. E allora? Semplicemente non volevo passare accanto a mia madre affamata serrando in tasca il mio rublo, in attesa della "felicità universale". (F. Dostoevskij - Delitto e castigo). Un capolavoro assoluto della letteratura. -EB-
La felicità universale forse è fatta di ogni felicità individuali. Sono giunta anche io alla conclusione che ci si debba volere piu' bene per partecipare appieno delle occasioni di gioia che la vita offre.Dostoevskij è un genio della psicologia umana e di tutte le sue sfaccettature, esasperate nel bene e nel male. Un sorriso :)