mi queridoviaggio nell'anima di Buenos Aires |
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BENTORNATO TANGO
"L'essenza del tango sta nel suo carattere di musica di quartiere, di marginalità.
Il tango lo canta sempre un poeta impegnato. Anche se i tanghi non hanno un contenuto esplicitamente politico, tutti i tanghi sono impegnati perchè sono politicamente scorretti. E oggi lo sono ancora di più, in questi tempi dove la sconfitta, la povertà e l'emarginazione mostrano il loro essere effetto politico. Il tango è scorretto, trasgressivo, e per questo è tornato. In questi tempi di vigliaccheria davanti alle incertezze, questa musica aiuta ad affrontare l'angoscia, a fare riflettere su noi stessi, sul nostro domani.
Dove suona un tango, si stabilisce una complicità di spazio, tempo ed emotività. E questo è il mistero dell'universale. L'energia del linguaggio al di là della lingua, il rito, la corporeità. E' il mistero che ci unisce e ci separa".
(Adriana Varela, cantante di tango)
TANGUEANDO
“El tango, hijo tristón de la alegre milonga, ha nacido en los corrales suburbanos y en los patios de conventillo.
En las dos orillas del Plata, es música de mala fama. La bailan, sobre piso de tierra, obreros y malevos, hombres de martillo o cuchillo, macho con macho si la mujer no es capaz de seguir el paso muy entrador y quebrado o si le resulta cosa de putas el abrazo tan cuerpo a cuerpo: la pareja se desliza, se hamaca, se despereza y se florea en cortes y filigranas.
El tango viene de las tonadas gauchas de tierra adentro y viene de la mar, de los cantares marineros.
ESIBIRSI AL SALÒN CANNING È UN MUST
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C'ERANO UNA VOLTA..JAVIER Y GERALDINE
LA DANZA DELL'UNIVERSO
"LOS PLANETAS GIRAN, HAY UN SISTEMA EN EL UNIVERSO QUE ES CIRCULAR Y EL GIRO, LOS ATOMOS TAMBIEN ESTAN GIRANDO SOBRE SI MISMOS Y A LA VEZ EN ORBITA CON OTROS, Y TODO ESTA VIBRANDO Y GIRANDO, TODO ES CIRCULAR Y REDONDO. Y PARA MI EL TANGO COMO DANZA ES ESO"
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Bruna Bianchi
Bruna Bianchi Giornalista
« La malinconia rabbiosa | PRESENTO IL MIO GIALLO » |
Post n°717 pubblicato il 19 Novembre 2012 da malenamil
Tutto è cominciato da una storia vera. Una donna di nome Anna Re ricoverata in ospedale a Mantova per la prima volta nella sua vita. Aveva una settantina d'anni e niente di grave: una colica renale. Ma nel computer quel nome non risultava perché se l'era inventato. Alcuni mesi dopo, in una milonga di Milano, mi ha colpito un particolare, come se qualcuno me l'avesse sbattuto sotto gli occhi proprio perché lo vedessi. Era inverno, le giornate corte, il cielo grigio e l'aria fredda. Da molto tempo avevo voglia di scrivere qualcosa che non fosse un articolo di giornale, nè seguire un'indagine di qualche misterioso omicidio. Ho pensato: cosa scrivo? Un racconto? Un romanzo? Ma no. Se l'indagine mi cattura così tanto e da così tanti anni, non posso che scrivere un poliziesco. Si scrive di quello che si conosce e io conoscevo piuttosto bene il delitto. Sono una giornalista vecchio stampo, di quelli che tentano, già il primo giorno, di rispondere alla quinta W del giornalismo anglosassone: perché è stato ucciso? Le cinque W sono regole che si insegnano sempre meno e se si insegnano vengono dimenticate alla svelta. La quinta W, why, nella cronaca nera è una domanda che spesso resta tale anche per le forze dell'ordine o per la magistratura. E' il cosiddetto movente, quello che scatena un odio così feroce da fare superare il limite biblico del non uccidere. Caino ha ucciso Abele per gelosia. Ma cosa ha scatenato in lui la gelosia fino a fargli provare l'impulso di eliminare il fratello? Nei tanti casi di omicidio che ho seguito per lavoro, ho incontrato molti Caino e pochi Abele, nel senso che tra vittima e carnefice c'era sempre un legame particolare, intimo, inconscio, quasi destinato a sfociare in qualcosa di cruento. Ho studiato, in particolare, le dinamiche familiari perché mi sono occupata per diversi anni di omicidi in famiglia. Cè stato un anno, invece, in cui ho seguito cinque casi di omicidio dove le vittime erano tutte donne e gli assassini tutti uomini, o per lo meno, quasi tutti, perché uno di questi è stato assolto e perciò o non è davvero l'assassino o non ci sono prove per ritenerlo tale. Indagare sul male mi ha costretto a fare un percorso che comincia dalle evidenze (le tracce possiamo chiamarle) e termina con il perché l'avrebbe fatto. Nel 2000 ho incontrato il tango argentino e la prima cosa che mi ha colpito sono state appunto le dinamiche relazionali. Per molte persone, il tango è un ballo difficile da apprendere e una musica difficile da interpretare e riconoscere (il familiare un-due-tre). Il suo fascino sta proprio in questa sfida di ritornare con la memoria ancestrale a qualcosa che ci appartiene (così come Caino e Abele) eppure nascosta in qualche meandro del cervello e della pancia (il secondo cervello, quelo emozionale). Ballare tango fa battere il cuore, a volte in modo imbarazzante. E' come se fossimo costretti a denudarci facendo ascoltare all'altro, fisicamente e non con la mediazione delle parole, chi siamo davvero. Mescolare il delitto con il tango è stato un azzardo? Una trovata letteraria? Direi di no. A fine '800, sul Rio della Plata, gli uomini si azzuffavano fisicamente perché non avevano neppure una vera lingua in comune e per di più erano piuttosto ignoranti. Questo crogiuolo di genti immigrate, ospiti di un paese appena nato, non ballava di certo il valzer viennese con dame che si sventagliavano! Anzi, le dame le vedeva, forse, con il binocolo puntato sull'arrivo delle navi dall'Europa, in quella prima classe fatta di sogni irraggiungibili ai più. A loro, neri e bianchi, restavano bricioline da sgranocchiare, conflitti sociali paurosi, ordini cui obbedire, regole da rispettare, fatiche sovrumane da sopportare, vita in comune indesiderata, un po' come nelle carceri sovraffollate di oggi. Nel poco tempo libero perciò bevevano, sognavano, cantavano e si menavano di brutto. Oggi a Caminito, quella bella cartolina turistica dove si mangia guardando ballerini di tango, non c'è un proprietario di ristorante, di chiosco o di qualsivoglia attrazione turistica che non abbia un bel pistolone nel cassetto. A fine '800 c'erano i coltelli. Per difendersi, esattamente come oggi. E perciò il tango, nato tra uomini, non poteva che avere anche quell'aspetto diabolico che ha dato il nome al mio giallo. Così ho deciso di fare una scaletta iniziale, un tardo pomeriggio di novembre, scrivendo su un foglio a quadretti nomi e caratteristiche, fisiche e psicologiche, dei personaggi che avrebbero dovuto rappresentare il bene e il male. Strada facendo le storie si sono intrecciate con la Storia e con la sofferenza universale, sulla quale possiamo chiudere gli occhi, non i conti. Il giallo è rimasto nel cassetto diversi anni, un po' come le pistole di Caminito. L'anno scorso un amico di vecchissima data l'ha letto e mi ha scritto una mail: va assolutamente pubblicato. Ha cominciato a rimetterci le mani perché aveva alcune incongruenze, anche letterarie, alcuni errori, anche linguistici, e io l'ho lasciato fare senza essere però convinta che ilo suo giudizio sarebbe stato anche quello dei potenziali lettori. Pochi mesi dopo son andata, coem ogni anno, a Buenos Aires e stavo uscendo quando sulla porta di casa, a pianterreno, mi trovo davanti un bel ragazzo sorridente che mi chiede un'informazione. Non sapendogli rispondere, l'ho invitato ad entrare e controllare sul mio computer l'indirizzo che cercava. Siamo usciti insieme e abbiamo rinunciato ai rispettivi appuntamenti per chiacchierare, incuriositi l'uno dall'altra. E' così che gli ho raccontato del mio giallo rimasto nel cassetto, tra Milano e Buenos Aires, passando per la ricerca dell'identità e il mistero del dolore universale. Mi ha detto: va assolutamente pubblicato. Mesi dopo, stavo partendo per una breve vacanza e ho deciso di mandare una mail a un editore di gialli. In venti righe ho scritto la sinossi, cioè il contenuto del mio manoscritto. Cinque giorni dopo, in partenza per rientrare a Milano ricevo una mail dall'editore: avevo cento manoscritti da leggere sulla scrivania, ma quando ho letto quella sinossi la curiosità mi ha fatto leggere il file. In cinque ore l'ho finito. Venga che firmiamo il contratto: lei ha scritto un vero giallo. Ps: Diabolico tango è edito da Eclissi. |
SU DI ME
Sono nata e vivo a Milano. Giornalista professionista dal 1989, lavoro come dipendente in Italia per un gruppo di tre quotidiani e sono specialista di crimini familiari, ricerca di scomparsi e indagini di cronaca nera nazionali e internazionali. Ballo tango argentino dal 2000. Il mio primo soggiorno a Buenos Aires è del 2004. Ho condotto ricerche sulla storia dell'immigrazione in Argentina e della nascita del tango. Sono stata intervistata in diretta alla radio di tango 2x4 (2008), alla radio culturale de la Ciudad del Gobierno di Buenos Aires (2009) e alla radio dell'Università de La Plata (2004). I post scritti a Buenos Aires sono frutto originale delle mie ricerche, quelli scritti dalll'Italia attingono da varie fonti, principlamente quotidiani argentini.
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LA DANZA DELL'UNIVERSO
"El tango es una danza poderosa porque es armònica con el movimiento del sistema en el que estamos inmersos. Es la danza de Shiva, la danza che le da forma al mundo y el mundo le da la forma a esa danza. Tiene todos los elementos: el hombre, la mujer, al yin y el yang, lo circular, el abrazo"
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MALENA, LUCIO DE MARE-HOMERO MANZI 1941
Malena canta el tango como ninguna
y en cada verso pone su corazón.
A yuyo del suburbio su voz perfuma,
Malena tiene pena de bandoneón.
Tal vez allá en la infancia su voz de alondra
tomó ese tono oscuro de callejón,
o acaso aquel romance que sólo nombra
cuando se pone triste con el alcohol.
Malena canta el tango con voz de sombra,
Malena tiene pena de bandoneón.
Tu canción
tiene el frío del último encuentro.
Tu canción
se hace amarga en la sal del recuerdo.
Yo no sé
si tu voz es la flor de una pena,
só1o sé que al rumor de tus tangos, Malena,
te siento más buena,
más buena que yo.
Tus ojos son oscuros como el olvido,
tus labios apretados como el rencor,
tus manos dos palomas que sienten frío,
tus venas tienen sangre de bandoneón.
Tus tangos son criaturas abandonadas
que cruzan sobre el barro del callejón,
cuando todas las puertas están cerradas
y ladran los fantasmas de la canción.
Malena canta el tango con voz quebrada,
Malena tiene pena de bandoneón.
canon82
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