Preferirei di no

In fumo


Venerdì non è un giorno come gli altri. Siedo in un esaposto turandomi il naso -macchie scure enormi su tutte le poltrone, ahimé. Davanti, un tale pelato color olivastro rannicchia le gambe; inavvertitamente, con un dito gli sfioro il ginocchio -sapete lo spazio, sui treni pendolari- e il pelato ruota le rotule e le dispone in diagonale, consentendomi, va detto, una comodità inusitata, da principe povero, ma costringendosi a una posa innaturale da ernia discale o stiramento del retto femorale: ma tanto è vita mea, mors tua, eccetera. Questa faccenda degli esaposto va chiarita, m'accorgo. Ogni tanto (sempre più spesso) ci rifilano questi treni strani, composti da carrozze asimmetriche; da un lato  del corridoio hanno, appunto, gli esaposto, che in realtà si trasformano in quadriposto perché sono stretti e più di quattro ci si sta male; dall'altro lato avrebbero dei biposto, che però spesso la gente scambia per quadriposto, anche se più di due ci si sta male. Ergo, è un treno carrozza confuso: capienza teorica dieci (10), capienza reale sei (6), quindi due in meno delle tradizionali carrozze con doppi quadriposto. Valli a capire. Tutto ciò rientra, credo, nel disegno preciso che mira a ridurre numericamente, a fiaccare il popolo dei pendolari, costringendolo presto o tardi all'estinzione. Il posto lasciato vacante verrà immediatamente occupato da una schiera di rapidissimi, pulitissimi, logicissimi Frecciarossa, argomento sul quale ho già dato in passato (link). Un po' come l'arrivo della ferrovia nel selvaggio West, solo che nel nostro caso si tratta di un evidente rimpasto: il vecchio accelerato delle 17.45 per Bergamo, con codazzo maleodorante di pendolari abbruttiti da ogni genere di vessazione, verrà preso da un mostro ipertecnologico e profumato, a bordo del quale si parlerà solo di brand, e-procurement e core business.Oltre al pelato olivastro di cui sopra, di fianco ho un altro pelato (evidente segno del declino scritto nella carne del pendolare), corpulento, in ciabatte e piede nudo, che a un certo punto toglie dalla borsa Superdrive, rivista di motociclette, e un player nero con musica non identificata. Di fronte a costui, una donna, pantaloni rossi, occhiale scuro, immersa nella lettura di City, il quotidiano gratuito.A Pioltello, da sotto la carrozza si alza un fumo acre, fastidioso, c'è puzza di plastica bruciata. Tutti i finestrini si abbassano, con l'effetto di riempire ancora di più lo scompartimeto di fumo. Mentre scrivo ho ancora il lezzo sulla maglietta buona, dannazione.La donna chiude gli occhi e appoggia il giornale sul sedile. Il pelato olivastro si aggiusta nervosamente gli occhiali, mentre l'altro arrotola Superdrive e se lo batte sul palmo della mano, minaccioso. Due tre ferrovieri arrivano trafelati -vabbé- e ruotano manovelle, guardano sotto il treno, scuotono la testa, dicono termini tecnici misteriosi, come camoretta pistricchio salamanna oriputto, roba così, fino a che uno preme il tasto giusto e si alza la voce, è finito è finito capo si può risalire si riparte!Il pelato olivastro, rotti gli indugi, chiede alla donna a fianco se possa dare un'occhiatina a City. Lei fa, certo! e sorride, e forse una nuova coppia s'è formata. Io scendo a Lambrate, come Superdrive, e li lascio discretamente soli.