sAngue d'aniMa Buia

principessa dell'alba


Nascosto nel buio attende che le orme del ghiaccio gli rendano il suo vivere ignaro di preda.Sente il profumo precedere di poco la figura che fra riflessi scalfiti nel gelo di luna e neve infranta sotto i piedi, si avvicina. Si ferma. Lo guarda. Osserva la lama.- Dimmi, perché vuoi la mia anima? – dichiara lei, ostentando sicurezza.- Non sono io a volerla, sei tu che te ne vuoi disfare – risponde.- E come fai a saperlo? –- Non lo so mai ... ma è così –- E dopo sarà pace per me? –- Sì – le sorride invitante.- E per te? –- Solo un'altra notte di gelo –- Allora affonda i tuoi artigli nel mio petto, e fammi danzare nel tuo buio –- ahiiiiiiish (Che le stelle possano vegliare il tuo sonno) –Affonda la lama nella sua carne. Un colpo secco, deciso, preciso, come il motivo che lo spinge a onorare la sua anima. Il corpo si sgonfia afflosciandosi sulla neve, sul sangue che sgorga ancora caldo e l’odore di morte intasa quel che resta della sua umanità.- La tua lama ha fallito, io sono viva –- No, solo la tua coscienza lo è –- Ma se il mio corpo è morto, io dove sono adesso mentre parlo con te –- Per adesso sei ancora nascosta fra i tuoi neuroni, ma presto sarai raccolta in questo biocontenitore di cellule staminali –- E potrò venire nel tuo mondo? –- Certo verrai con me … –- E del mio corpo? –- Me ne sbarazzerò in seguito, resta in silenzio che adesso devo trasmettere il tuo spirito dentro il recipiente, dopo non avrai più modo di comunicare sino al reinnesto – Apre con uno scatto della serratura, la scatola, estrae due piccole proboscidi plastiche e le appoggia agli occhi, poi inizia a scandagliare con due mani virtuali nella mente di lei.La genesi del tutto inizia da un urlo di ghiaccio, un'anima entra in un involucro che batte, ma non pensi che mischi di coscienza artificiale posseggano il responso che loro attendono e che questo esperimento blasfemo possa esserne la risposta.Pochi passi lo separano dalla piccola aeronave. Il portello si apre.Entra nel ricovero dove il suo corpo aspetta immobile il ritorno dell’anima. Osserva il battito regolare, temporizzato dalla macchina del sonno. La pelle squamosa e verde, con riflessi azzurri poco evidenti assorbe egregiamente la luce bianca della sala criogenica. Le palpebre sigillate su iridi nere, che presto rivedranno la notte del suo mondo. Accarezza col dorso della mano la teca di plastica trasparente, cercando un contatto impossibile, perché diversa la natura d'origine.- Ti ho portato una vita, lo so che rivorresti la mia, ma per adesso accontentati di essere il suo involucro … è una bella anima che potrebbe sembrare una di Noi –Accosta le labbra al metallo del contenitore di cellule, sfiora il freddo alluminio in un bacio d’addio. Lo appoggia in una nicchia predisposta ai lati della vetrina. Estrae nuovamente le proboscidi e le alloggia ai due piccoli ugelli collegati con sottili fili alle due protuberanze ossee, minuscole antenne che fuoriescono dalla fronte di quel fisico addormentato.Adesso deve solo far scattare le valvole pressurizzate e il travaso sarà ultimato.Esita, rimane in piedi osservando il corpo nativo, socchiude le palpebre e schiaccia l’interruttore e poi si allontana dalla navetta.Pochi passi lo separano da quel corpo inanimato disteso nel bianco. Si muove veloce con gesti sicuri, stende un telo, vi adagia il corpo, e con una piccola vanga raccoglie sangue e neve per nascondere le tracce. Richiude il foglio di plastica nera, serrandolo con un nodo. Con gesto deciso carica in spalla il pesante fardello e si allontana evitando di entrare nel bosco, lo costeggia sentendo la loro fame nel buio.Arriva al fuoristrada e il fiatone marca la sua marcia.- E’ inutile che mi seguite, io vi conosco – grida in direzione del bosco. Solo qualche fruscio bisbigliato dal vento, la loro risposta.Parte con l’auto, schiacciando cattivo l’acceleratore mentre imbocca la striscia d’asfalto.La rimessa è ancora aperta, compie una manovra e entra in retromarcia. Accende le luci e richiude il portone lanciando un ultimo sguardo al bosco che circonda la piccola casa. Sorride indicando minaccioso col dito la presenza della luce.Scarica il sacco dal portabagagli, gettandolo direttamente in un tino di brodo gorgogliante.- Un po’ di musica – prende un disco in vinile e lo appoggia sul giradischi, che gracchiando inizia a diffondere le note infernali di Princess of the dawn degli Accept.Cammina scuotendo la testa a ritmo, inscenando un balletto con le anche. Mima l’assolo della chitarra lasciandosi impregnare da quella melodia. Sale alcuni gradini per meglio osservare la bava fiorire di vermiglio liquido.- Principessa dell’alba … Principessa dell’alba … Principessa dell’alba – ripete ossessivo, come il tempo della batteria.Si siede sull’ultimo scalino di quella scala a pioli, di nodose braccia di legno contorto dal peso e dagli anni. L’odore di ragnatele ammuffite, pende dalle volte ammantate da uno strano muco verdastro, piccoli insetti giocano a predarsi la vita, mentre i suoi pensieri annaspano nella tinozza di rovere.- Quanto tempo ti serve per morire – gli urla, alzandosi rabbioso per colpire il contenitore.Osserva il mosto ribollire di rosso sangue. Prende un mestolo e comincia a bastonare il limaccioso liquido, con forza, infilzando la superficie per rancare ciocche di schiuma aggrappate al bordo sudicio.