Storie

Libici figli di un Dio minore


Libici, figli di un Dio minore (Prove di sterminio in Libia) Inizio questo articolo con una domanda che sorge lecita a chi si appresta a leggere, la domanda è la seguente: che cosa si intende per sterminio in Libia? Tutto parte da un contesto storico ben definito, la data è il 1911 e la protagonista è l’Italia che in quel periodo rincorre, come tutti i paesi europei, il desiderio di un posto al sole africano per dimostrare agli altri il proprio peso politico. La scelta ricadde su uno dei paesi nord-africani che si affacciano sul Mediterraneo, la Libia, che all’epoca era un conglomerato di tribù nomadi e seminomadi abbastanza divise ma sotto la giurisdizione dell’impero Ottomano. L’allora Italia liberale fece di tutto per trovare il minimo pretesto per poter attaccare la Libia, finchè lo trovò e nel 1911 iniziò l’invasione prima della costa e poi spingendosi verso l’interno. Ma fin dalle prime battute la marcia di conquista non risultò agevole e la popolazione araba e berbera fece una dura resistenza che culminò con il massacro degli italiani a Sciara – Sciat vicino Tripoli. La reazione degli italiani fu repentina e sanguinaria, iniziò una repressione durissima dove persero la vita non solo i partigiani armati ma anche numerosi civili. Da questa data in poi iniziò la vera e propria conquista della Libia, e tra il 1912 e 1914 ci furono deportazioni di migliaia di libici considerati ostili in prigioni dislocate nelle isole italiane di Favignana, Ustica e delle Tremiti. Purtroppo di queste deportazioni è rimasto ben poco negli archivi italiani e su questi fatti da parte delle autorità c’è sempre stata reticenza nel rilasciareinformazioni. Ma non è su questo fatto, seppur grave, che voglio calamitare l’attenzione. Vorrei concentrarmi sul periodo fascista dell’occupazione e su le ricadute che ha avuto sulla popolazione civile libica, e in special modo vorrei soffermarmi sugli anni del 1930 e 1931 in cui si sono perpetrati i peggiori crimini. In questi anni il generale Graziani che fu nominato governatore della Cirenaica, una regione ad est della Libia, per stroncare definitivamente la resistenza libica, guidata dal carismatico capo Omar al Mukthar, ideò con la complicità dei politici di Roma un vero e proprio genocidio di massa con la deportazione di 80.000 civili in campi di concentramento per fiaccare e togliere appoggi alla resistenza. In tutto questo lo Stato Maggiore con in testa Mussolini decisero di usare contro la popolazione armata o no, armi chimiche come le bombe all’iprite che tanto danno hanno fatto al momento e alle generazioni future.Dalle poche carte rimaste risulta che la priorità di Graziani era di pacificare la regione anche a costo di sterminare tutti gli abitanti, anche perché dall’Italia erano pronti a partire migliaia di coloni capaci di sfruttare al meglio le fertili terre ed i pochi libici rimasti. Per questo furono ideati i campi di concentramento, ipiù grandi e terribili furono i campi di El Ageila e Soluch, dove intere carovane di nomadi venivano convogliate e con la scusa di controllare l’ordine da parte degli italiani, i libici prigionieri venivano ridotti alla fame e alla mercè dei soprusi e delle epidemie. Purtroppo migliaia di persone tra uomini, donne, vecchi e bambini persero la vita in questi campi che furono il preambolo ai lager nazisti, e si conta che un terzo della popolazione della Cirenaica, costituita da 160.000 persone abbia perso la vita tra le deportazioni, i campi di concentramento ed i bombardamenti all’iprite. Di questa strage ovviamente il governo fascista di allora non ne fece menzione, ma la cosa più grave è che anche dopo la caduta del fascismo e l’avvento della Repubblica si minimizzarono i fatti e nessun risarcimento fu concesso alla Libia per i crimini di guerra perpetrati in patria, ma anzi si cercò di sotterrare la faccenda omettendo le prove di ogni nefandezza italiana. Ci fu un moto di orgoglio nazionale quando Gheddafi nel 1970 fece espatriare dalla Libia 25.000 italiani, ultimo residuo del colonialismo, ed allora l’Italia si rese conto che forse le richieste della Libia non erano così infondate, ma si preferì cavalcare l’onda del personaggio esuberante di Gheddafi e distogliendo l’opinione pubblica dalle affermazione di genocidio in Libia. Ancora oggi questa parte di storia non fa parte del patrimonio storico del nostre Paese ed ancora oggi si assiste anche da parte dei politici a sostenere il mito del colonialismo buono da parte degli italiani, portatore di valori e civiltà, ed io aggiungerei anche di morte. Gli storici ed gli intellettuali che cercano di indagare su questi fatti e di cercare di fare un po’ di chiarezza sono emarginati e sono solo voci fuori dal coro, ma che nonostante tutto non smettono di gridare. Il titolo è volutamente provocatorio, perché troppo spesso al livello storico si dimentica della storia dei più deboli in favore dei più forti, lo so la Shoà degli ebrei ha coinvolto 6 milioni di persone ed è stato il genocidio più terribile dello scorso secolo. Però anche quei 60.000 libici morti durante l’occupazione fascista italiana, un terzo della popolazione, hanno al legittimità di essere ricordati come vittime della follia umana ed anche loro insieme alle altre vittime debbano servire alle generazioni future come monito a non perpetrare genocidi e non sopraffare, con la scusa di una maggiore civiltà, i più deboli. Io credo che ogni Storia abbia la sua dignità. Ogni Storia vale la pena di conoscerla e raccontarla.