Storie

L'impero tolteca all'epoca della venuta degli aztechi


L’impero tolteca si trovava in uno stato di dissoluzione quando gli aztechi partirono da Aztlan. Proprio la confusione creata dalla caduta dei toltechi fu la causa della partenza. L’impero, il cui apogeo durò dalla metà del secolo X fino alla metà del secolo XII, era la potenza egemone nella regione che stavano attraversando gli aztechi. Esistono molti dubbi circa l’area realmente controllata politicamente dai toltechi. Addirittura la loro cultura si estendeva per tutta l’estensione del Mesoamerica, arrivando fino a Chichen Itzà nella penisola dello Yucatan. In effetti le famose rovine di Chichen riproducono su scala maggiore molti aspetti principali di Tula, la capitale tolteca, come dimostrano le abbondanti rappresentazioni di Quetzalcoatl[2], il serpente piumato, grande divinità dei toltechi. Tula cadde a metà del secolo XII per ragioni probabilmente connesse con le incursioni dei barbari del nord. Il collasso tolteca lasciò un vuoto di potere e il loro impero fu sempre nostalgicamente venerato come l’ultima roccaforte di stabilità e civiltà. Quelli che erano abituati a quell’ordine del mondo rimasero stupiti dalla caduta tolteca. Era in questa situazione d’instabilità, creata dal tracollo della potenza egemone, che gli aztechi si accingevano ad entrare in scena. Gli aztechi sono da annoverare fra i gruppi che già avevano contatti con la civiltà tolteca, dal momento che furono anche mercenari dei toltechi, piuttosto che fra i gruppi nomadi che contribuirono alla rovina dell’impero. Questo non vuole dire che gli aztechi in questo momento erano importanti o prosperi ma si trattava di  un piccolo gruppo errante che aveva sviluppato una propensione a causare problemi ai loro vicini. Conosciamo poco degli avvenimenti del primo calendario ciclico di cinquantadue anni che comprende dall’uscita degli aztechi da Azlan e dal suo luogo di riunione alle Sette Caverne continuando fino all’arrivo nelle vicinanze di Tula a 60 km a nord ovest di Città del Messico. Dopo essersi riuniti alle Sette Caverne gli aztechi si persero, errando tra boschi, montagne e dirupi. Questi avvenimenti sono narrati in un contesto più magico-religioso che politico poiché danno più importanza alle relazioni della tribù con il suo dio Huitzilopochtli che non ad un racconto  delle loro peregrinazioni.Occasionalmente gli aztechi si scontravano con i propri vicini per fare prigionieri che dopo venivano sacrificati; si è conservato anche un codice che rappresenta i quattro portatori degli dei mentre, già nella prima fase della migrazione, sacrificavano donne.[1] G.W.Conrad, Religion y imperio.Dinamica del expancionismo azteca y inca, (Madrid, 1988), pp.15-20[2] L.Sejournè, El Universo de Quetzacoatl, (Mexico, 1956), p.32