Creato da biangege il 29/12/2009

Bian e Gege

I diari di viaggio di due mototuristi

 

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16 ottobre 2016: vapore a Morbegno

Post n°174 pubblicato il 06 Novembre 2016 da biangege
 

Come molte altre grandi stazioni, e non solo grandi, Milano Centrale è diventata un centro commerciale: dalla metropolitana, per raggiungere i binari occorre seguire un percorso quasi obbligato di tapis roulant e scale mobili che conducono a mille negozi; in alternativa ci sono le scale fisse, non ideali con bagaglio al seguito. Da quando sono diventati Clienti, i viaggiatori devono poter fruire di servizi da consumare, il loro viaggiare è solo una seccatura... non ci sono più nemmeno le sale di attesa, se vuoi aspettare entra in un negozio e compra...

La grande Galleria delle Partenze e le imponenti volte sono tappezzate di pubblicità multicolore e l'ardita architettura del marmo e del ferro ne è sopraffatta... sui binari, ormai anonimi convogli in anonimi colori si alternano a qualche esemplare di treno superveloce vaticinato come l'ultimo ritrovato della tecnica... eppure c'è stato un tempo non lontano in cui i Treni (con la T maiuscola) erano lunghi anche sedici-diciotto carrozze provenienti da tutta Europa, con cartelli di percorrenza che facevano sognare, come i direttissimi da Amburgo per Ventimiglia e oltre che raccoglievano lungo la strada ferrata carrozze tedesche, danesi, belghe, qualche volta l'incredibile russa della relazione diretta Mosca-Roma; tra provenienze e destinazioni c'erano Copenaghen, Bruxelles, Port Bou, Hendaye...  treni che richiedevano l'opera di persone a bordo e in ogni scalo per essere composti e ricomposti...

E prima ancora, sotto le grandi volte non c'erano i pali dell'elettrificazione ma nuvole di fumo eruttate da quei draghi meccanici che erano le locomotive a vapore, divoratrici di carbone acqua e sudore di piccoli grandi uomini vestiti di nero e sporchi di nerofumo, i rapidi per Venezia con le 691, quaranta quintali di carbone a forza di pala, i direttissimi con le 685 e le 746, qualche locale con qualche macchina più piccola...

... come questa 625 costruita a Saronno dalla CEMSA nel 1914: una centenaria caffettiera se confrontata con le prima citate, ma pur sempre una caffettiera a sei tazze. E' una vecchietta, deve essere assistita da una E.646 anch'essa d'epoca ormai con i suoi 53 anni, meglio avere un braccio a cui appoggiarsi se si deve andare fino in Valtellina passando per Monza e Lecco e tirandosi dietro un po' di carrozze... ma l'occasione è ghiotta: un treno speciale per la Sagra del Bitto di Morbegno.

Al treno è riservato l'onore del tabellone e gli altoparlanti annunciano "Treno storico per Morbegno, posti riservati": sì, riservati per quei matti che spendono tre volte tanto per impiegare tre volte tanto seduti su panche di legno. Un po' di giovani ferrovieri osservano la E.646.158 riportata quasi allo stato d'origine e ammirano reverenzialmente la 625.100 mentre uno dei macchinisti fa il giro del biellismo oliando i perni di manovella. La macchina del caffè è in pressione e sbuffa dal fumaiolo e dalle valvole, fumo nero e vapore bianco nel freddo mattino. Molta gente si avvicina, i partecipanti al viaggio e altri "semplici" viaggiatori sfoderano mille telefonini, raffiche di scatti, migliaia di foto tutte uguali ma ognuno deve dire di esserci stato. Anche noi, in fondo...

Alle otto segnale aperto e la caffettiera si muove con i suoi distinti colpi di scappamento, fischia e due binari più in là un Frecciarossa le risponde. Le grandi cabine a portale, ormai inattive, ricevono la carezza del fumo, il sole sorge dietro i palazzi di via Ferrante Aporti, altro fischio di altro Frecciarossa che esce dal parco Martesana e poi via verso Greco, Monza, Carnate, l'Adda al ponte di Calolziocorte, i Luoghi Manzoniani e Lecco: dai paesaggi suburbani alle colline della Brianza, la chiesa di Montevecchia sarebbe un punto privilegiato di osservazione, eterno dubbio se viaggiare sui treni a vapore o seguirli lungo la strada.

Finalmente il Lago e la vecchia SP72, ma stavolta non la percorriamo in moto come mille altre volte, la vediamo dal treno con nuove prospettive. A Mandello del Lario, al di là della staccionata della stazione e di un filare di cipressi, un famoso cancello ci fa l'occhiolino. Dall'altra parte di quel ramo del lago di Como una curiosa nuvola accarezza il fianco delle Prealpi. La giornata è serena, una bellissima giornata autunnale.

Si prosegue sbuffando e incrociando un treno di linea a Varenna, si costeggia il castello di Dervio, tra le gallerie si indovina il laghetto di Piona e si passa per Colico, imboccando finalmente la Valtellina e l'ultimo strappo fino alla nostra destinazione, Morbegno, dove arriviamo alle 11.30: con un po' di fotoritocco otteniamo una bella immagine da falso storico: infatti la linea della Valtellina, da Lecco a Sondrio nonche' la diramazione Colico-Chiavenna, venne elettrificata in trifase nel 1902 (tra l'altro, fu la prime elettrificazione ferroviaria ad alta tensione del mondo) e convertita alla corrente continua nel 1952, e non vide forse mai una 625 in servizio regolare.

Il treno ripartirà poi alla volta di Sondrio per caricare scorte di acqua e noi possiamo addentrarci nella cittadina in festa tra le mille bancarelle gastronomiche e artigianali, ma a onor del vero Morbegno, che viene speso snobbata nelle corse in moto verso lo Stelvio non meritando neanche una sosta, ha poche ma significative esponenze architettoniche che la rivalutano: la centralissima piazza Marconi (e il suo Ristorante del Zep: merita ma non durante la Sagra del Bitto, a detta dei camerieri stessi: la cucina è sempre ottima ma il servizio risente della folla), Palazzo Malacrida dalle fogge veneziane, la Collegiata di San Giovanni Battista e, raggiungibile in venti minuti di passeggiata su sentiero, il tempietto ai caduti delle guerre, dietro una curva della strada per Passo San Marco, che quasi non si vede passando in moto.

Sinceramente non ci sentiamo di rifare tre ore di viaggio a vapore al ritorno, specialmente in questa stagione dove il buio scende presto: avevamo già avvertito il personale di scorta al treno e ripartiamo verso casa su un moderno, asettico ma confortevole Meridian, con tuttavia ancora i sensi appagati da viste suoni e odori di un viaggio d'altri tempi.

In carrozzaaaaa!!!

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