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Cione Baglioni

Post n°57 pubblicato il 25 Luglio 2013 da livieroamispera
 

Poco o nulla si conosce di questo autore, il cui nome è talvolta riportato come Cione Baglione. Cito da "Gli scrittori d'Italia", di Giammaria Mazzuchelli, Bossini, 1758 -Volume II parte I, Pagina 46 le scarne note biografiche ivi riportate:

Poeta antico volgare, di Patria per avventura Perugino, secondo che ne crede il Crescimbeni (1), fu amico di Dante da Majano, e fioriva verso la fine del Secolo XIII. Un suo Sonetto in risposta ad altro dell' amico Dante è stato più volte pubblicato colla stampa (2) . Egli non è forse diverso da quel Cione Notajo di cui si ha un altro Sonetto nella Raccolta de' Poeti Antichi di Leone Allacci a car. 284; e forse non è nè meno diverso da quel Cionello, di cui, come d' un altro Poeta, si legge altro Sonetto nella detta Raccolta dell' Allacci a car. 285. per quanto almeno può conghietturarsi dalla somiglianza dello stile e del nome.

(1) Storia della Volg. Poes. Vol. III. pag. 103. Note alle Rime del Coppetta e d'altri Poeti Perug. a car. 14. cosi scrive Giacinto Vincioli: questo nome di Cione in Perugia in un ramo da me veduto della famiglia Buglioni si trova più volte , e si trova verso il tempo di cui si parla.

(2) Il mentovato Sonetto fi trova a car. 148. do' Sonettti e Canzoni di diversi antichi Autori raccolti da Bernardo di Giunta. In Firenze per gli eredi di Filippo di Giunta 1527. in 8. e nella Prima Parte della Scelta di Sonetti e Canzoni fatta dal Gobbi a car. 15. Il medesimo Sonetto è stato di nuovo pubblicato per saggio della sua maniera di poetare dal Crescimbeni, e dal Vincioli ne' luoghi citati.

Attribuibile con certezza a Cione è la seguente poesia, riportata in "Dante da Maiano, Rime", a cura di Rosanna Bettarini, Le Monnier, Firenze 1969, riportata da Duecento: la poesia italiana dalle origini a Dante:

Credo [che] nullo saggio a visïone
possa [ben] dire o far vera sentenza,
ché cosa che non ave in sé ragione
suo fine non è bon, né la 'ncomenza.
Se donna fece teve donagione
di verde cosa bella che t'agenza,
e poi di sua camiscia vestigione,
de'ne ad Amore fare riverenza.
Ma s'è viva incarnata quella bella,
[e] io mi credo, amico, che lo sai:
molto ti lodo, che lo vòi celare.
S'è vero o no, mi piace la novella;
se quello che giurasti l'atterrai,
farai com' saggio: tu lo déi pur fare.

 

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