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Spremerti fino all’esaurimento,
è questo il quotidiano mio cimento,
accoglierti ben umido tra le labbia
a mane e sera, sera e mane
che non s’abbia
a dir che di te ne faccio a meno!
(chè subito si vede: donna che poco sorride…)
E massimamente farlo poi dopo il desinare,
con te appartarmi sussurrando
che mi vado un secondo
…a rinfrescare.
Spremerti, spremerti fino all’esaurimento
per poi con ritmico movimento
terminar con un sorriso, bianco e contento!
Dovreste dirmi però perché ‘sti dispenser non danno mai soddisfazione:
era molto meglio il caro vecchio tubetto da arrotolar fino a consunzione.
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Da un po' di tempo La.Rossa si sentiva sola, triste e lontana dal mondo. Il suo stato le aveva causato una penosa stitichezza, oltre ad una strana contrazione delle corde vocali che era stata cagione di più di qualche figuraccia, durante le lezioni di canto.
L'insegnante la invitava a ripetere il canone K348 di Mozart: "Dai, canta con me!"
di e nteee
V'amo co ree Te ne ee
ram
"V'hhamoo di chhh... chhh... hhh-h!"
Niente da fare! Una morsa d'acciaio le stringeva la gola, impedendole di emettere suono. La.Rossa diventava tutta rossa e i compagni ridacchiavano!
Sedute interminabili sul water con lo spartito in mano avevano l'unico risultato di avvilirla sempre di più, nell'amara constatazione che nulla ancora riusciva ad uscire dalle due estremità del corpo.
L'ultima volta la seduta durò un'ora, tra sforzi inumani e gorgheggi degni di una gallina scannata, si alzò infine gettando un mesto sguardo all'inutile bidet e si buttò sul letto sperando di non rialzarsi mai più.
Non usciva di casa da una settimana quel giorno che il campanello suonò. Sulla porta un bell'uomo baffuto e sorridente, attivista di Lotta Comunista, le propone di comprare l'omonimo giornale che mostrava in una mano. "Sono molto interessata alla lotta anti-imperialista. Venga, che le offro un caffè".
E mentre l'attivista spiegava animatamente la teoria della politica di Lenin, lei in ginocchio sotto il tavolo gli sbottonava la patta dei calzoni.
"Se noi studiamo la concezione leninista del partito, ci troveremo subito di fronte alla teoria rivoluzionaria come scienza marxista... aaaa... Ma no, dai, non si fa cosììì...sììì... sei più crudele del comandante cosacco Liakhov...oofff... ooh!"
Terminato il piacevole indottrinamento, l'attivista ringraziò, la porta si chiuse alle sue spalle e lei in un sospiro sentì finalmente la gola rilassata come non era più da tempo, mentre un improvviso quanto insperato stimolo la costringeva a saltellare verso il bagno. E stavolta la seduta fu proficua!
La sera, alla lezione di canto, le corde vocali corroborate, diede prova della sua rinnovata bravura. "Ripeti: v'amo di core..."
di Nteee!
Vado co rpooo fe li ce e
me
i!
Siii! i
Sii
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Voglio le tue mutande, m’avevi scritto! A morsi te le strappo, m’avevi promesso!
Davanti allo schermo sfarfallante non pareva vero ma le mutande me le sono sentite tirare sul serio, che quando mi sono alzata dalla sedia avevo lasciato un bell’alone umido di emozione sul candido macramé.
E allora ho ficcato la testa nei cassetti cercando le mutande più sbieche, le più pizzute le più merlettate le più volantate, ma niente! Nessuna mutanda mi parve abbastanza bella per te. Come in trance me ne andavo per le strade sbirciando vergognosa le vetrine, persa in un delirio di fiocchi di raso scarlatti, di perline ammiccanti frecce, di codine di pelo fucsia e di buchi col loro perché, ma niente: nessuna mutanda mi pareva abbastanza indecente da offender la mia decenza.
Purtuttavia decisi, mutatis mutandis, il dado è tratto, cartago delenda est.
In quella notte senza luna mi avventurai in quel parcheggio sottoterra, pareva un labirinto e mi sembrò di sentirti muggire come un Minotauro affamato nell’ombra dell’annosa mia mancanza; io, Arianna senza nemmeno il conforto del filino d’un perizoma, chè le mutande le avevo lasciate a casa. Io, che le mutande me le tirai sempre fino al mento, come muraglie di diniego orgoglioso, aperta e sconfitta e scoperta adesso me ne venivo a te!
Tac tac taccano i tacchi, sfrusc sfrusc sfrusciano le autoreggenti, …. ….. ……..quel che non c’è. Da dietro un pilastro sbuchi, ti fai davanti a me, gambe solide di calcestruzzo, torace possente di muratura, denti bianchi di calce nel buio, e all’improvviso vorrei averle le mutande, perché ora so cosa mi aspetta, immagino pneumatici martelli, frenetiche cazzuole, betoniere colanti cemento sulla delicata mia nudità. Come vorrei avere le mutande adesso che.. ma è tardi oramai, e allora abbattimi, allora picconami, allora spalmami, allora coibentami, calafatami o calatafami come accidentaccio si dice, e tu mi acchiappi, mi cincischi, mi sprimacci, mi schiacci al muro e con quella mano callosa cerchi, cerchi..
“Le mutande??” Fai con voce di catrame.
Io già persa nel mio coro di percussioni assordanti non afferro. “mhhh!”
“Le mutande!” e brancichi come si fossero perse dentro a un tombino,… laggiù.
“Mmmmhhhh..utande….?? …mmmmha non le ho!”
“…..”
“…..”
“Ma io….Io volevo le mutande!!!” bramisci.
Apro gli occhi e ancora non ci credo: vedo la tua ombra che si dilegua.
Mi ricompongo immantinente e quatta, ma dignitosa, me la squaglio verso casa, verso i miei cuscini di macramè . Lo sapevo, io, che nella vita servono le mutande. D’ora in poi, due, due me ne metto alla volta, e davanti al piccì, per scaramanzia, magari pure tre.
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Per un pugno di peli...
L' aveva desiderato come mai...
Lo guardava tutti i giorni dalla sua scrivania, immaginando le situazioni e le posizioni più erotiche.
Quell'uomo brillante, bello, fascinoso, così glamour...
Inutile dire che era il più corteggiato da tutte le colleghe...
Arrivava sempre prima dell'orario di lavoro, sperando di poter scambiare due parole da sola con lui...
Aveva speso un patrimonio in profumi e in vestitini supersexy...
Questo per mesi...
La notte si svegliava sudata, preda di sogni lussuriosi, sconvolgenti, era diventato la sua ossessione...
Ma oramai dopo mesi di questo martirio, aveva perso ogni speranza, convinta che mai occhio tanto sublime, si sarebbe posato su quella piccola donna insignificante e sfigata...
Era un venerdì, tutti gli impiegati del suo ufficio si apprestavano a concludere il proprio lavoro, per rubare minuti preziosi da dedicare al week end...
Lei sconsolata immaginava il suo, di week end, fatto di lavatrici, maschere di bellezza e televisione spazzatura...
Mentre chiudeva le varie finestre del suo pc, squillò il suo interno, lei rispose senza guardare...
- Si ?...
- Ciao, sono Ludovico, pensavo che se non avevi impegni, potevamo vederci questa sera, per una cena tranquilla, magari da me... E' un po' che ci penso, che ne dici?
Il suo cuore saltò nel suo petto, come un pesce rosso rincretinito, dal troppo girare nella bolla di vetro...
Non poteva credere alle sue orecchie...era stata miracolata, tutte le stelle del firmamento brillarono contemporaneamente davanti ai suoi occhi....
Un pensiero le tolse il respiro...
Cazzo, aveva saltato l'ultima seduta dall'estetista, i suoi peli erano cresciuti rigogliosi ultimamente (forse a causa di un eccessivo sovraccarico ormonale) sulle sue gambe, sotto le sue ascelle, il suo inguine poi...
Questi sono i momenti in cui comprendi che la tua vita è appesa ad un appuntamento saltato...
_ Ehm, sei gentile, ma proprio per questa sera avrei un altro impegno, grazie ugualmente...
Il mondo le crollò addosso inesorabile, mentre i suoi occhi leggevano facendosi strada tra le lacrime...
ARRESTARE IL SISTEMA...
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Inviato da: lottergs
il 25/03/2009 alle 05:34
Inviato da: Primosire
il 08/09/2007 alle 19:56
Inviato da: Pamphlet
il 26/07/2007 alle 09:43
Inviato da: TradireononTradire
il 22/05/2007 alle 07:25
Inviato da: sonouncantastorie
il 07/05/2007 alle 17:18