Batuffoli di parole
Il mio piccolo blog per batuffolare!Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
- Che gli venga un accidente! Giuro che se lo prendo gli faccio rimpiangere d’esser nato.
- Anche questa volta? – fu il commento unanime degli altri dell’osteria.
- Anche questa volta! Eh sì che sono rimasto di guardia fino a dopo la mezzanotte, ma questa mattina presto quando sono ritornato sul cimitero del bel mazzo di dieci gladioli ne erano rimasti cinque, tale e quale lo scorso anno, e l’altro ancora.
Il Guercio guardò Soldino che, dopo la sfuriata iniziale pareva ora più calmo, anche se visibilmente sconsolato, e gli disse – Ti giuro che il 7 agosto del prossimo anno saremo lì a darti una mano, organizzeremo dei turni di guardia e lo prenderemo questo lurido ladro di fiori.
La vicenda di Soldino, al secolo Carlo Gentilini, ma così chiamato da prima della guerra per la tirchieria che lo connotava, aveva dell’incredibile.
Il 26 aprile del 1945, mentre tutti festeggiavano la fine del conflitto con canti e balli, un aereo americano aveva sorvolato il paese e, invece di lanciare zollette di cioccolato, come facevano quel giorno altri piloti, aveva scodellato una bomba da un quintale che aveva sfracellato la casa del Gentilini, in quel momento al lavoro nei campi, seppellendo le poche suppellettili e, soprattutto, l’Adalgisa, consorte di Soldino.
E’ possibile immaginare il dolore di quest’uomo che, in un attimo, si era ritrovato senza casa e senza moglie, completamente solo, poiché dalla loro unione non erano nati figli.
Per l’Adalgisa, con cui aveva vissuto per quasi quarantanni, nutriva un affetto profondo, frutto di un legame sincero che si era cementato con il tempo.
Si era così ritrovato a quasi settantanni allo sbando sulla strada, con poco denaro per vivere e, soprattutto, senza il conforto della persona amata.
Il Guercio, segretario della locale sezione del Partito Comunista, gli aveva trovato un modestissimo alloggio e ogni tanto gli faceva arrivare qualche piccolo aiuto economico, per integrare l’insufficiente pensione con cui doveva fare i conti per mangiare, poco, il mezzogiorno e la sera.
Nonostante le ristrettezze e privandosi di tutto il superfluo riusciva ogni anno a mettere da parte la somma necessaria per acquistare dieci bei gladioli da portare il 7 agosto sulla tomba della moglie, ricorrendo in quella data l’anniversario delle nozze.
Era quindi più che comprensibile l’animosità che lo coglieva accorgendosi che il giorno dopo il mazzo risultava puntualmente dimezzato; si era arrovellato, pensando a uno sgarbo nei suoi confronti, visto che era l’unico furto che avveniva sul cimitero, ma aveva trovato presto il motivo della preferenza del ladro, guardando le altre tombe, disadorne o al più ornate da modesti fiori di campo. Aveva anche pensato di adeguarsi allo stile comune, ma proprio non gli andava giù di dover rendere omaggio alla defunta con dei papaveri o delle margherite selvatiche, quando lei in vita aveva amato tanto i gladioli.
Anche quel 7 agosto del 1947 la cosa finì lì; in paese ne parlarono tutto il giorno, qualcuno fece trapelare dei sospetti, senza nessun fondamento, ma poi il giorno appresso la vicenda risultò completamente dimenticata.
Tuttavia, a parte Soldino, c’era chi aveva la memoria lunga e infatti il Guercio il 7 agosto del 1948, così come aveva promesso, organizzò le ronde, ognuna composta da due uomini. Era una giornata calda, con un’afa opprimente, quando il vedovo portò i fiori sul cimitero, li aggiustò nel vaso quasi con tenerezza, mormorò a bassa voce alcune parole, quasi si fosse messo a conversare con la defunta, poi recitata una preghiera, ritornò a casa, come gli aveva detto di fare il Guercio. La sua, più che una raccomandazione, fu un ordine – Te ne torni a casa subito e fai le solite cose; non azzardarti a tornare là; vai a letto e domani mattina, quando ti svegli, vai all’osteria, dove ci troverai con il ladro ad aspettarti.
E così fece; dopo una lunga notte insonne, un incubo dietro l’altro, arrivò finalmente l’alba. Attese un po’, nel timore che all’osteria non avrebbe trovato nessuno, poi, quando suonò la campana della prima messa, decise di andare. Si sentiva strano, avvertiva un’ansia corrosiva che lo spingeva a coprir di botte il furfante e, quando gli venne il desiderio di ammazzarlo, si rifugiò in chiesa. Restò poco, in un angolo, a contemplare il crocefisso con quel povero Cristo in legno rosicchiato dai tarli che faceva più pena di lui, vestito sempre allo stesso modo, con la camicia vecchia di dieci anni, come i pantaloni, tutti rattoppati, per non parlare delle scarpe, con i buchi delle suole rattoppati con il cartone che si scioglieva alla prima pioggia.
- Gesù, fa che non commetta un atto più odioso di quello che ha commesso lui. In questo mondo di miserie la sua forse è più grande della mia. Lo denuncerò, questo sì, ma non voglio mettergli le mani addosso.
Si segnò, uscì dalla chiesa e si affrettò verso l’osteria. Appena entrato, vide un crocchio di gente al centro della sala e udì subito la voce forte del Guercio – Oh, Soldino, è da un po’ che ti aspettiamo; proprio questa notte ti è venuto così sonno? L’abbiamo preso, colto, si suol dire, con le mani nel sacco, anzi nei fiori. Già gli abbiamo fatto capire l’errore che ha fatto; se vuoi favorire?
Il crocchio si aprì e poté vedere un uomo legato a una sedia, con il volto tumefatto, gli occhi pesti e un labbro spaccato. Soldino restò come paralizzato: quell’uomo davanti a lui, che non conosceva, era il ritratto della sofferenza in persona.
Si rivolse al Guercio – Ti prego, non toccatelo più; portate qualche benda, un po’ acqua, cerchiamo di rimediare un po’ al danno.
- Se vuoi tu così, provvediamo subito, anche se a malincuore.
Soldino si accostò al prigioniero, gli sciolse i nodi, passo una mano fra i suoi capelli bianchi e gli mormorò – Perché l’hai fatto? Perché mi rubi sempre la metà dei gladioli? E chi sei e dove abiti?
L’uomo, con voce tremante, lo guardò in viso e prese a parlare – Mi chiamo Franco Rigattieri e abito a Pieve, a nemmeno cinque chilometri da questo paese. Ho sessantacinque anni e vivo, se si può dire vita, della mia modestissima pensione, insieme con mia figlia di quarantanni, nata prematura e non a posto con la testa. Mia moglie è morta il 7 agosto 1945, di stenti, di mancanza di medicinali, una vittima della guerra, anche se deceduta pochi mesi dopo che era finita. Lei deperiva ogni giorno e non riuscivo a capire il perché; certo da mangiare non ce n’era quasi, ma mai più potevo sospettare che quando rientravo dai lavori saltuari che facevo in campagna e lei mi diceva di aver già mangiato, non era per niente vero; quel poco che c’era di commestibile lo lasciava per me e per mia figlia. Quando me ne sono accorto era troppo tardi e in pochi giorni mi ha lasciato. Aveva deciso di fare finita così quella vita senza avvenire, con la figlia cresciuta solo per affetto materno, ma senza speranze, se non la certezza che la miseria genera solo miseria. L’amavo tanto e non avevo nemmeno i soldi per un po’ di fiori; così quel giorno ho cercato di procurarmi quei gladioli che tanto le piacevano in un altro modo. Nel cimitero del mio paese non c’erano, ma ho saputo che da voi li avrei trovati; ho avuto vergogna, mi sono quasi scusato con la morta, e ne ho preso la metà, in modo da rendere meno grave l’offesa.
Il Guercio lo squadrò – Ma risparmiare come Soldino, no eh?
- Risparmiare è una parola che ignoro, quando se mangi, poco, a mezzogiorno non ti resta nulla per la sera. Ho pensato perfino di chiedere la carità, ma a chi, se tutti, anche se meno di me, sono poveri?
- E chi mi dice che tu racconti la verità? Adesso verifichiamo.
Il Guercio chiamò uno dei suoi compagni, parlottò brevemente con lui e questi uscì subito.
Soldino, intanto, gli faceva degli impacchi con un po’ d’acqua e piano piano le tumefazioni presero a ridursi.
Il tempo passava e, quando la pendola dell’osteria segno le undici, arrivò il tirapiedi del Guercio.
Entrò, abbassò gli occhi e disse – E’ tutto vero; ho chiesto in paese, sono andato a casa sua, due camere ricavate in una stalla; c’era la figlia che mi ha guardato in modo strano e si è messa a ridere come una pazza. Ho guardato nella credenza, dappertutto, e di mangiabile ho trovato solo un pezzo di formaggio ammuffito e un filone di pane comune.
Il Guercio si mise le mani nei capelli, tirò un calcio a una sedia, cominciò a bestemmiare, contro la guerra, contro il fascismo, contro il governo e contro i preti, poi fece una cosa che in vita sua non aveva mai fatto: chiese perdono e pretese che lo chiedessero anche gli altri.
Si rivolse poi a Soldino – Chi l’avrebbe mai detto? Che facciamo ora?
Rigattieri disse solo – Se mi accompagnate a casa, magari con un carretto, mi fareste un grande piacere, perché ho le gambe che mi fanno male.
- Certo, provvediamo subito. – disse il Guercio, poi parlottò con i suoi uomini.
Trovarono il carretto, ci caricarono il Rigattieri e un sacco con un po’ di pane, del formaggio, un salame e delle albicocche, e lo riportarono a casa.
Da allora, il Guercio inserì nella lista dei suoi assistiti quel poveraccio e ogni tanto, quando gli era possibile, gli faceva avere qualche cosa, in particolare ogni 7 agosto, quando Soldino toglieva cinque gladioli dai dieci che grazie alla sua parsimonia riusciva ad acquistare.
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«Il giorno in cui non ci sarò più, voglio essere bruciato». Già. Frederick disse proprio così.
Sul vecchio tavolo di legno marcio i polli si rincorrevano beccandosi tra i bicchieri e le bottiglie di birra. Frederick guardava il fondo del suo bicchiere con sguardo assorto e le labbra screpolate appena socchiuse. Tutto intorno a lui sembrava irreale, ma l’odore forte e caldo della sua casa-pollaio aveva un che di protettivo, per questo i suoi amici, James e Matt, venivano così spesso a trovarlo. I polli, i cani e i gatti rendevano l’ambiente accogliente e lasciavano il rigido inverno fuori, con i suoi ghiaccioli attaccati alle grondaie e i lastroni di ghiaccio sui marciapiedi.
Le mani arrossate di Matt tremarono a quelle parole e lo sguardo sfuggente di James si fissò per un attimo sul suo e fu un attimo che passò come un lampo di inquietudine tra loro due. All’improvviso l’inverno era entrato nel loro piccolo rifugio, si era insinuato tra gli escrementi degli animali e la luce della candela, tra il pavimento scivoloso e umido e le ragnatele del soffitto.
«Oh Frederick,» disse Matt «amico mio, quando non ci saremo più, non avrà importanza cosa faranno di noi. Il fuoco ci scalda adesso, la fiammella della candela è la speranza di questa serata. Cosa vuoi che sia, l’essere bruciati, quando non si può più sentire né il freddo né
il caldo».
«Hai ragione,» rispose Frederick «allora vorrei morire bruciato vivo, rimpiangerei il freddo e il gelo di questi giorni, sentirei le vostre voci per l’ultima volta, vi udirei gridare, e penserei che non capite che felicità dà il fuoco, la gioia dell’abbandono, il dolore ultimo e assoluto, prima dell’abbraccio liberatorio al nulla o a Dio. Non ne posso più di soffrire. Se i polli non ci accogliessero ogni sera e non ci offrissero questo insonne rincorrersi attorno a noi come segno dell’incomprensibile valore della vita…».
Tacquero. A poco a poco la luce della candela si spense e non si udì più niente. La luna attraversava le imposte socchiuse con raggi spettrali e tra i giornali gettati a terra illuminava i tre corpi pesanti come sacchi di farina.
James e Matt avevano avvolto le loro cose dentro i giornali e poi le avevano messe dentro una busta di plastica. Questa volta Frederick non li aveva seguiti, era rimasto nel pollaio col rischio di essere sorpreso lì da qualcuno. Si trascinavano così lungo le strade della città. L’asfalto aveva lo stesso colore del cielo: un grigio cupo minacciosamente tendente al nero o al verdognolo.
Il suono di un pianoforte li raggiunse cogliendoli di sorpresa e quando alzarono lo sguardo videro che qualcuno aveva trascinato un pianoforte a coda in mezzo allo spiazzo, davanti alla cattedrale. Il giovane musicista si accaniva sui tasti con passione, i capelli svolazzavano davanti agli occhi, sul leggio non c’erano spartiti e la musica era allegra e crudele. La gente aveva circondato il pianoforte e ascoltava stupita e ammirata. Dall’altro lato un materasso era appoggiato alle gambe del piano. Sotto si ammucchiavano buste piene di maglioni e scatole di cartone. Il giovane non osservava il trambusto intorno a sé, gli occhi socchiusi inseguivano il guizzo delle mani. Ogni tanto qualcuno lasciava cadere dei soldi in una lattina.
James e Matt non si fermarono. Continuarono a girare dentro i cestini della spazzatura nel centro della città. Trovarono da mangiare: mezzi panini, briciole, pezzi di torta sbocconcellati e gettati via in fretta, salsine colorate su fette di pane che puzzavano di pesce. Ogni cosa aveva un sapore intenso e gustoso. L’acquolina scorreva dalla bocca e la barba restava impigliata nelle salse e nel pane. Qualcuno aveva fatto loro l’elemosina, quel mattino, così comprarono delle bottiglie di birra e, sazi e contenti, si diressero di nuovo verso il pollaio di Frederick.
L’asfalto si era adombrato e la pioggia lo colpiva appuntita come una lancia. Senza scalfirlo si disintegrava rimbalzando nelle pozze a specchio in cui si riflettevano le vetrate dei negozi. La città era ammutolita e il pianoforte taceva, spinto nell’androne di un palazzo. Il musicista fumava e chiacchierava con un giovane appoggiato al muro.
Anche i rossi cestini della spazzatura si erano riempiti d’acqua e i due, che non avevano proprio bisogno di parlare per comunicare i loro pensieri, avevano la faccia soddisfatta di chi ce l’aveva fatta per un pelo. Siamo stati più furbi e più veloci della pioggia, dicevano, più furbi e più veloci del destino.
Per arrivare dal loro amico bisognava attraversare la periferia nord della città. Le case annerite dai fumi incombevano sui pochi alberi spogli dimenticati qua e là. Quando non ci furono più case
attraversarono un campo, poi raggiunsero il sentiero e da lì la pianura sembrava essere il mondo intero. Arbusti e cespugli grigio topo, disseminati in modo casuale tra i campi marrone scuro, si attaccavano spinosi alle loro vesti logore e ogni tanto strappavano un pezzo di stoffa o un filo. Già si vedeva la casupola di legno inclinata da un lato sotto il peso del tetto spigoloso e irregolare e tutt’intorno non c’era nessuno, non un rumore interrompeva il silenzio del cammino. Solo i corvi si alzavano a volte in un volo improvviso e spaventato, ma la fame sembrava aver indebolito anche i loro slanci neri e veloci.
La porta era aperta.
L’oscurità in un primo momento impedì loro di distinguere gli oggetti nella stanza. Con voce allegra si annunciarono all’amico ma non ricevettero che un lamento di risposta. A poco a poco cominciarono a distinguere le cose avvolte nella penombra. Frederick giaceva tra i suoi giornali e non sembrava intenzionato ad alzarsi. Frederick, non ti abbiamo portato niente da mangiare, pensò Matt. Non c’è mai il tempo di pensare agli altri, quando si ha fame. I sensi di colpa avevano fatto ammutolire i due, si guardarono e continuarono a tacere. Frederick era troppo malato per poter affrontare il freddo e le lunghe camminate verso il centro della città e loro due erano troppo presi da se stessi per poter pensare a lui. Non ce l’avrebbero mai fatta a trovare da mangiare anche per il loro amico.
Frederick aveva bisogno di medicine, di un medico. Non sarebbe servito a nulla rinunciare al mezzo panino e alle salsine colorate e puzzolenti di pesce per farlo sopravvivere. Ad un tratto si sollevò sulle braccia, li guardò con aria interrogativa e loro gli porsero le birre. Bevvero fino a stordirsi, tra le galline tramortite e deboli, così spennacchiate che il rosa della pelle le faceva sembrare quasi di plastica. Matt e James pensavano che se le avessero uccise ad una ad una avrebbero avuto di che mangiare per un po’. Frederick tossiva e il sangue che sputava schizzava via come un grumo pestato a colpi di martello. Si era raggomitolato su se stesso e non la finiva più di lamentarsi e di tenersi il fianco. Il respiro non era che un rantolo affannoso e spietato. Matt uscì.
Tornò dopo due ore con altre bottiglie. Bevvero fino a stordirsi tutti e tre. Quasi incapaci di reggere le bottiglie da soli, se le passavano e se le strappavano cantando. Era davvero una bella festa. Il barbone col pianoforte era ricco, dicevano, sotto il piano crescevano le sue cose e non aveva bisogno di cercare cibo tra la spazzatura. La gente pagava per sentire un artista accattone simulare allegria dall’alto del suo disprezzo. La sua non era emarginazione, no, era alterigia, era orgoglio, era scelta. Il rantolo di Frederick si fece insopportabile.
La notte era scesa sul pollaio e sui campi coprendo tutto con il suo manto di complicità e silenzio.
James si sollevò sui gomiti e senza parlare tramortì Frederick con un bastone. Poi lo coprì di carta e tenne la fiamma della candela lì vicino, dopo averlo cosparso di alcool. Matt osservava inebetito James che ripeteva frasi incomprensibili. Soffre troppo soffri troppo amico lascia che ti liberi dal dolore come tu vuoi ti faremo morire nel fuoco e sarai alleviato da ogni peso da ogni angoscia. Anche Matt cominciò allora a cospargere di alcool tutto il pavimento, spinse fuori dal pollaio James, chiuse la porta lasciando dentro i polli starnazzanti e impazziti e si augurò che non fosse di carne bruciata l’odore che gli otturava le radici.
La notte era come incendiata dal loro dolore, ma le gambe li sorreggevano appena e, lentamente, come due fantasmi sul cui volto si era disegnato l’orrore, rifecero il cammino verso la città raggelata.
Seduti sui gradini della chiesa con la testa abbandonata tra le spalle, simili a due piccioni malati, restarono lì, giorno e notte, a sostenersi, non sapendo più dove andare. Pensavano che non si sarebbero più sentiti in colpa per non aver portato da mangiare al loro Frederick, e che per questo Natale il regalo più bello glielo avevano fatto davvero. Il pianoforte gridava sotto le dita appassionate del giovane musicista senzatetto e loro si sentivano più buoni degli altri, più buoni di quelli che regalavano monetine, più buoni di quanti lasciavano i loro mezzi panini nei cestini, più buoni dell’asfalto che aveva smesso di spezzare punte di lance cadute da chissà dove, più buoni di tutti, in questo Natale in cui avevano regalato il fuoco a chi aveva freddo e la pace a chi era stanco di masticare sangue e respirare dolore. Ancora una volta erano stati più veloci e più furbi del destino, più veloci e più furbi del cielo.
Frederick aveva visto realizzato il suo unico desiderio ed ora sembrava loro che fosse lì, anche lui a cercare tra i cestini, anche lui ad ascoltare il piano e a guardare la gente entrare e uscire dai negozi.
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E se c'avessi vita ti darei un bel cazzotto! Scrivi tu per me, no?
No. E che vi dico, che è sabato sera e fra poco me ne vado a ronfare nelle copertucce. Sono totalmente estranea a quello che è successo al mondo: niente televisione, niente giornale, niente internet, niente cellulare. Di sfuggita ho letto l'ansa e osama bin laden sarebbe morto di tifo? Bhè cari miei, io ora non ci credo. Ho passato tre giorni insieme a i miei amici rifugiati a casa di un amico. Chiaccherato, parlato, litigato, cantato, giocato, bevuto, suonato... dormito? No, al max 3 ore, manco, a notte. 'notte.
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La notte è quieta senza rumore, c'è solo il suono che fa il silenzio
e l' aria calda porta il sapore di stelle e assenzio,
le dita sfiorano le pietre calme calde d' un sole, memoria o mito,
il buio ha preso con se le palme, sembra che il giorno non sia esistito...
Io, la vedetta, l' illuminato, guardiano eterno di non so cosa
cerco, innocente o perchè ho peccato, la luna ombrosa
e aspetto immobile che si spanda l' onda di tuono che seguirà
al lampo secco di una domanda, la voce d' uomo che chiederà: Shomèr ma mi-llailah?
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«Vi sono momenti, nella Vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare
diventa un obbligo. Un dovere civile, una sfida morale, un imperativo
categorico al quale non ci si può sottrarre»
Grazie
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E' fantastico per i contenuti, per la grafica o quel si voglia ma cosa c'ha che non va?
Un bel giorno ho deciso di registrarmi in questo sito! Compilando il form per la registrazione per due volte, perchè ogni nick che sceglievo era gia in uso, ho deciso di non registrarmi più! Avevo perso la pazienza. Ma che è successo? Che da quando ho compilato il form, seppur non registrandomi e quindi non acettando le condizioni d'uso, nella mia casella di libero mi arrivano moltissime mail di news - spam - alla settimana provenienti da software zone.
Sempre un bel giorno ho deciso di scaricarmi un bel programma, ma cosa è successo? Conteneva un Trojan ed ha installato a mia insaputa la Zango Toolbar - Adware - su Internet Explorer. Ci ho messo un bel pò per levarmi i virus e a riportare il sistema stabile. Ma bene!
Ora io mi chiedo come cacchiarola fa il sito McAfee - l'unica pecca che c'ha a parer mio - a considerarlo sicuro? Notare screenshot:
Non si fa così cari miei
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Prima di andare alla festa mio cugino mi ha tagliato la punta di tutti i calzini che ho. Non mi sono incavolata, forse, perchè ora la mia coscienza è un po' più leggera dato il fatto che gl'ho dato da bere non so quanti caffè col sale, gl'ho bucato i palloni per andare a giocare a calcietto, l'ho svegliato a furia di bicchieri d'acqua fredda in faccia and etc...
Io e lui siamo come cane e gatto (io sono il gatto, ovviamente) ma in fondo ci vogliamo un infinità di bene
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Alzarsi la mattina e indossare la prima cosa che si trova nell'armadio perchè non è un problema se ti vesti di rosso o nero, l'importante è che hai un paio di mutande citando la frase del film Donnie Darko.
D. Perchè indossi quello stupido costume da coniglio?
F. Perchè indossi quello stupido vestito da uomo?
O almeno provare a giustificarsi con proverbi del tipo L'abito non fa il monaco o L'apparenza inganna! Perchè ci sarà sempre un fottuto testa di minkia che ti chiederà per quale motivo sei vestito in quel modo. Tu potresti benissimo rispondergli di farsi i ben amati affari suoi ma hai paura di diventare un emarginato, dunque rispondi con garbo. Nel frattempo ti rendi conto che sei un soggiogato della società e che sei pure incazzato nero! Quindi dopo un pò decidi di mandare a quel paese tutto e tutti, di fare quel che più t'aggrada. Si. Quello che più t'aggrada.
Aspettare un semaforo verde e mandare a quel paese con tanto di dito medio chi ti passa vicino con la Limousine, aggiungendo frasi come "la mia bicicletta ha permesso di salvare qualche vita in più perchè mentre, tu, stappi champagne nella tua inutile macchina un bambino in africa sta morendo"
Il semaforo diventa verde e tu orgoglioso-incline-noglobal te ne vai con la tua bicicletta crededendo di aver fatto qualcosa di buono per i neuroni di quel ricco signore, ma la psicologia inversa non funziona per la gente che si pulisce l'orecchio dopo una telefonata nella cabina telefonica.
Fare l'autostop a testaccio e incontrare un pervertito che ti scambia per una puttana o per un gay-marchette e vuole farti salire nella macchina per soddisfarsi un bisogno sessuale pagadoti anche profumatamente. Tu non sei una puttana e nemmeno un gay-marchette perchè non vedi l'ora di tornare a casa e farti una cultura nel buon senso dei tuoi genitori, e magari prenderci qualche bel ceffone perchè hai bucato, non il braccio, la ruota.
Perchè se ti buchi il braccio non esistono le parole, i ceffoni, le carezze ma le comunità o la strada. Mentre vedi la vita che ti scorre velocemente fra le dita e non puoi riafferrarla pensi a quanto eri innocente sui banchi di scuola: nel diario scrivevi frasi del tipo "Chi si buca lo fa perchè ha un buco più grande alle spalle" Frase citata da piccoli, grandi e deficenti. Ma ora devi pensare al tuo polmone che ti fa male, forse è bucato, forse hai un tumore, forse passerà... quindi inizi a risparmiare più di 100 euri al mese sulle sigarette, euri che darai in beneficenza per sentirti più no-global e anche più buono con te stesso.
Andare ai concerti dei tuoi amici che hai assistito per più di un mese alle prove e fare a pogate per sfogare tutta la rabbia che hai dentro. Inizi a vomitare alcool perchè ti è presa a male, perchè sei incazzato col mondo, perchè al posto del tuo amico che cerca di imitare Kurt Cobain potevi starci tu! A gridare la tua verità o a fare politica, a urlare per pretendere da otto signori-vestiti-di-oro la palestina rossa e libera!
Arriva il giorno in cui decidi di aprire un blog perchè ti hanno detto che è un forte mezzo di comunicazione e inizi a girovagare per la rete accorgendoti che 10-100-1000 sono come te. 10-100-1000: numeri che hanno preoccupato i media, la gente, i perbene speculandoci sopra! Ti rendi anche conto che fai a botte con i congiuntivi e che quindi nessuno darà retta a uno che invece di studiare stava per le piazze di roma, genova, a manifestare la libertà o a rivendicare carletto. A manifestare per cercare di fare qualcosa di buono per questa società, per alzare le pensioni ai poveri vecchietti, perchè non possiamo più permetterci il lusso di fare un figlio, perchè se hai il diploma o la laurea rimani fregato lo stesso! Tu sei li, con il sangue che ti schizza dai pori e pensi a resistere, resistere, resistere a quel dannato manganello che cerca di cancellare un tuo ideale, che cerca di strapparti un tuo diritto. Poi pensi anche a tutti gli innocenti morti di fame, alle pellicce delle signore, al Napalm... e inizi a ribellarti pure per chi non può farlo, a dar voce a chi non può parlare. E alla sera, quando torni a casa, sfinito, ti senti una persona migliore.
Ti siedi in terra con gli amici e dall'alto qualcuno ti guarda schifato perchè crede che sei un barbone! Ma tu ridi, ridi, ridi e gli chiedi anche l'elemosina per poi darla a chi un tetto sulla testa non ce l'ha, piccolo-grande-essere.
Fare i pasti quando ti va, fumare marijuana fino a mattina, divorare i libri di storia per la fame tossica, suonare la chitarra e cantare con gli amici canzoni, poesie, racconti di un cantastorie come il grande Guccini e rendersi conto che il mondo non è mai cambiato. Ch'è tutto un Flashback.
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Ringrazio molto lo Staff di Libero Community per avermi fatto blog del giorno
L'argomento ha fatto scalpore e leggendo i commenti si può notare che la maggior parte non sono positivi nei confronti di questo "nuovo" reality.
La tv oggi ci ha un pochino stancato e a parer mio fa anche un po' male alla salute .. ehehe.
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Questa sera ho gente a cena e ne parlavo ieri con il mio amico per farmi consigliare cosa preparare. Ci siamo cervellati insieme per ore (assurdo) e alla fine prendo la pizza e ognuno si sceglie il gusto che vuole. Perchè se faccio il pesce c'è quello che non lo mangia, se faccio la carne c'è quella ch'è vegetariana una cosa e un altra... pizza per tutti.
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Ho visto la prima puntata di questo "nuovo" reality che è andata in onda ieri sera su Italia Uno e non credo che lo continuerò a vedere. Pensando al fatto che questo reality nasce gia preconfezionato in america - Beauty and geek - da un idea di Demi Moore mi da l'impressione di un programma riciclato e fatto male, per intenderci, la solita TV spazzatura.
(ANSA) - Sette coppie composte da una ragazza bella e attratta dall'effimero, e un ragazzo brutto e intelligente dovranno 'cambiarsi a vicenda' per aggiudicarsi 200mila euro. La loro evoluzione sara' giudicata da una giuria in cui spiccano Vittorio Sgarbi e Alessandra Mussolini.
Il programma è condotto da Enrico Papi e Federica Panicucci, fin qui ci siamo, ma quando ho visto personaggi come la Mussolini e Sgarbi ho pensato che per un intero mese avranno le orecchie che gli sanguineranno per le cavolate sparate dalle pupe! Per farla breve una ragazza non ha riconosciuto una foto di Che Guevara e neanche sapeva chi fosse, immaginate il resto.
La TV italiana è proprio alla frutta, non credete? E' un programma per ridere sull'ignoranza altrui! Quanti di voi troveranno divertente l'ignoranza delle pupe? E' un programma per ridere su delle persone che hanno problemi a socializzare! Quanti di voi troveranno divertente la contenuta imbranataggine dei secchioni?
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La provo, apro il blocco note, scrivo ma non fuziona tanto bene. La sto usando adesso per scrivere e ci sto mettendo un eternità. Ho tanto di scontrino, gliela riporto indietro. Uffa.
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1- Dr.Web anti-virus link checker: Questa estensione permette di controllare attraverso una scansione online se il link della pagina web al quale vogliamo accedere contiene Virus.
2- McAfee SiteAdvisor: Quando si esegue una ricerca con Google, Yahoo! o MSN, le classificazioni di protezione di SiteAdvisor vengono visualizzate accanto ai risultati della ricerca. Maggior delucidazioni sul sito.
Buona navigazione! Spero un pochino più sicura
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Peccato però per il poco spazio a disposizione!
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Una famiglia americana parte per una lunga gita attraverso il deserto del Nevada in direzione di San Diego. Durante il viaggio vengono assaliti da un gruppo di ex minatori diventati cannibali in seguito a una serie di esperimenti nucleari avvenuti durante gli anni 50. Nello scontro, la lotta per la sopravvivenza finirà per trasformare la famiglia "buona" annullando le differenze con i cannibali. Con questa operazione Alexandre Aja recupera le tematiche care agli horror di fine anni settanta, con i suoi mostri, le sue paure inconsce che tornano a riemergere in una società americana che anche nel 2005 continua ad avere terrore del diverso, compresi quei figli deformi che ha contribuito a creare per poi dimenticarli, preferendo relegarli in una dimensione d'oblio.
Il remake dell'omonimo film di Wes Craven (prodotto dallo stesso Craven) è un film sostanzialmente politico, fondato proprio sulla volontà di fuga della società americana dalla sua cattiva coscienza. Ambientato nel New Mexico, in realtà è stato girato nel deserto del Marocco, finendo per tracciare una sorta di fil rouge tra il passato e il presente della storia di un popolo, che da sempre non riesce a guardare in faccia la realtà preferendo nascondersi dietro una vita fatta di buone intenzioni.
È quanto accade ai Carter, famiglia rappresentante della parte più reazionaria della società americana, guidata da Big Bob, un ex poliziotto in pensione, repubblicano convinto e talmente religioso da sprofondare quasi nel fanatismo. Gli scontri di Big Bob con il suocero Doug, democratico e pacifista, sono continui, ma gli eventi che accadranno alla famiglia Carter finiranno per annullare le differenze tra le due fazioni. Tra tutti è proprio Doug il personaggio più interessante, quello che in un certo senso si evolve accettando il confronto con il doppio oscuro che rappresenta la comunità di cannibali, il rimosso di quella cultura cui appartiene e che deve riconoscere per poter combattere. Interessante è l'insistere di Aja sul dettaglio degli occhiali che si rompono: strumento di mediazione tra la realtà e l'occhio, finiscono per perdere progressivamente la loro funzione nel momento in cui Doug abbandona i panni del buon democratico per vestire quelli del vendicatore, novello Rambo che, con l'emergere prepotente dell'irrazionale, si trasforma in un eroe moderno mosso unicamente dal desiderio di vendetta.
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Non so come montarmi il gruppo di continuità nel computer che sto usando adesso. Non mi tornano le spine e le istruzioni lasciano a desiderare.
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Si tratta dell'Infidelity kit, estremamente facile da usare e discreto. Dopo aver prelevato campioni di liquidi organici, si invia il tutto a un laboratorio di analisi che in poco tempo dirà se il vostro coniuge vi tradisce. Basta quindi ritagliare una parte di un abito con il liquido sospetto, metterlo in un tubicino e poi spedirlo per l'esame che costa dai 165 ai 700 dollari.
Per non attirare troppo l'attenzione i "reperti" possono essere prelevati anche con i bastoncini cotonati, evitando in questo modo di distruggere i pantaloni del coniuge.
Il laboratorio che fornisce il servizio, il "Dna Testing center", si trova in Texas. L'esame del liquido seminale può costare fino a 225 dollari, la comparazione costa 700 dollari mentre un esame del preservativo può arrivare anche a 580 dollari.
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